Tragicommedia: differenze tra le versioni

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cinzio e guarini
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La '''tragicommèdiatragicommedia''' ([[XVII secolo]], dal [[latino]] ''tragicomoedĭa'', da ''tragĭcus'', tragico+ ''comoedia'', commedia) è un opera drammatica che fonde il tragico e il [[comico]], come la parola stessa definisce. Molte sono le opere teatrali e le letterali in cui la [[tragedia]] e la [[commedia]] si uniscono per ottenere un linguaggio proprio.
 
In realtà, la suddivisione in tragedia e commedia, teorizzata da [[Aristotele]] nella [[Poetica (Aristotele)|Poetica]], è una distinzione teorica che ha assunto un carattere di rigida separazione solo nell'interpretazione [[cinquecento|cinquecentesca]]. Tale regola non è stata spesso seguita nella [[drammaturgia]], a partire dall' [[Orestea]], prima grande trilogia tragica, che (pur essendo classificata come tragedia) si conclude però con un lieto fine.
 
Alcuni drammi greci e romani (ad esempio [[Alcesti]]) possono essere chiamati a pieno titolo tragicommedie. Il termine fu per primo utilizzato da [[Plauto]] nell'[[Anfitrione]], per giustificare le apparizioni divine (tipiche di una tragedia più che di una commedia) in un contesto farsesco.
 
A dare piena dignità al genere tragicomico furono, in epoca tardo-[[rinascimento|rinascimentale]], [[Giambattista Giraldi Cinzio]] e [[Giovanni Battista Guarini]].
 
In realtà, la suddivisione in tragedia e commedia, teorizzata da [[Aristotele]] nella [[Poetica (Aristotele)|Poetica]], è una distinzione teorica che non è stata spesso seguita nella [[drammaturgia]], a partire dall' [[Orestea]], prima grande trilogia tragica, che si conclude però con un lieto fine.
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