Preterintenzione: differenze tra le versioni

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Il [[Codice Penale]] all'art. 43, comma 2 definisce la '''preterintenzione''' così: "il delitto: […] è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'[[Azione (diritto)|azione]] od [[omissione]] deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente". Le fattispecie preterintenzionali conosciute dal nostro [[ordinamento]] e nominativamente indicate come tali sono solamente due: il delitto di [[omicidio preterintenzionale]] di cui all'art. [[584 c.p.]] e il [[delitto di aborto preterintenzionale]] di cui all'art. 18, comma 2 della [[s:Legge n.194 del 22 maggio 1978|Legge 22 maggio 1978 n. 194]]. La [[dottrina]], tuttavia, ritiene che ulteriori fattispecie delittuose, pur non rubricate come preterintenzionali, possano ricondursi nel novero della preterintenzionalità. Si tratta, in particolare, di taluni delitti rientranti nella categoria di derivazione dogmatica dei "reati aggravati dall'evento".
== Il criterio tripartito di imputazione ==
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Sotto un punto di vista [[sistematica|sistematico]], sussiste il problema che, la presenza nel nostro [[Codice penale]] di ipotesi di [[responsabilità oggettiva]], è stata tradizionalmente giustificata con la presenza del 4° comma dell'art. 43 c.p., ove si prevede che, oltre alle ipotesi di dolo, preterintenzionalità e colpa (indicate nel precedente comma 2°), sussistano una serie di casi determinati dalla legge in via esclusiva "nei quali l'evento è posto altrimenti a carico dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione". Secondo la lettura tradizionale, tali altre ipotesi, sono appunto le ipotesi di responsabilità oggettiva. Nella sistematica dell'art. 43, queste ipotesi sono altre, anche rispetto alla preterintenzione, posta nel comma precedente come autonomo coefficiente soggettivo, accanto al dolo e alla colpa.
 
Con sentenza del 13 maggio 2004, n.43254, Sez. V, la Suprema Corte, ha specificato che ai fini della sussistenza dell'ipotesi criminosa dell'omicidio preterintenzionale, è necessario e sufficiente che l'autore della aggressione abbia realizzato una condotta dolosa diretta a ledere o percuotere e che sussista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti compiuti e la morte della vittima, prescindendo da ogni indagine sulla prevedibilità dell'evento (morte) più grave cagionato. Per il giudice di legittimità la preterintenzione non si sostanzia in una combinazione di dolo per l'evento minore e di colpa per quello più grave, essendo invero a suo dire un dolo misto alla responsabilità oggettiva. Tale ragionamento logico giuridico, ha condotto il moderno orientamento della Suprema Corte, a riconoscere la responsabilità per omicidoomicidio preterintenzionale anche nell'ipotesi di una semplice spinta. Ad avviso dei giudicanti, è sufficiente che l'autore deldell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra i predetti atti e l'evento morte. Infatti, nell'art. 581 c.p., il termine "percuotere" non è utilizzato solo nel significato di battere, colpire o picchiare, ma anche in un significato più ampio, comprensivo di ogni violenta manomissione della altrui persona fisica. Anche la spinta integra una azione violenta, estrinsecandosi in una energia fisica, più o meno rilevante, esercitata direttamente nei confronti della persona; tale condotta, ove consapevole e volontaria, rivela la sussistenza del dolo di percosse o di lesioni, per cui quando da essa derivi la morte, da luogo a responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale. Cass. Pen. Sez. V, 6 febbraio 2004, nr. 15004
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Con sentenza del 13 maggio 2004, n.43254, Sez. V, la Suprema Corte, ha specificato che ai fini della sussistenza dell'ipotesi criminosa dell'omicidio preterintenzionale, è necessario e sufficiente che l'autore della aggressione abbia realizzato una condotta dolosa diretta a ledere o percuotere e che sussista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti compiuti e la morte della vittima, prescindendo da ogni indagine sulla prevedibilità dell'evento (morte) più grave cagionato. Per il giudice di legittimità la preterintenzione non si sostanzia in una combinazione di dolo per l'evento minore e di colpa per quello più grave, essendo invero a suo dire un dolo misto alla responsabilità oggettiva. Tale ragionamento logico giuridico, ha condotto il moderno orientamento della Suprema Corte, a riconoscere la responsabilità per omicido preterintenzionale anche nell'ipotesi di una semplice spinta. Ad avviso dei giudicanti, è sufficiente che l'autore del'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra i predetti atti e l'evento morte. Infatti, nell'art. 581 c.p., il termine "percuotere" non è utilizzato solo nel significato di battere, colpire o picchiare, ma anche in un significato più ampio, comprensivo di ogni violenta manomissione della altrui persona fisica. Anche la spinta integra una azione violenta, estrinsecandosi in una energia fisica, più o meno rilevante, esercitata direttamente nei confronti della persona; tale condotta, ove consapevole e volontaria, rivela la sussistenza del dolo di percosse o di lesioni, per cui quando da essa derivi la morte, da luogo a responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale. Cass. Pen. Sez. V, 6 febbraio 2004, nr. 15004
 
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[[Categoria:Reato|preterintenzionale Preterintenzionale]]
 
[[pt:Crime preterdoloso]]