Laudatio funebris: differenze tra le versioni

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La '''''laudatio funebris''''' (lett. lode funebre) era l'orazione che veniva pronunciata presso i [[Antica Roma|romani]] in memoria di un defunto, durante la cerimonia funebre. Il rito del funerale prevedeva più fasi, tra cui una processione durante la quale i familiari del defunto esponevano le ''imagines'' dei loro antenati, mentre [[prefica|donne appositamente pagate]] intonavano i lamenti funebri, detti ''neniae''.
 
Al termine della processione, quando il corteo giungeva nel [[Foro Romano|Foro]], un membro della famiglia del defunto saliva sui [[rostri]] e pronunciava la ''laudatio'': raccontava brevemente la vita del defunto mettendone in particolare risalto gli aspetti principali, come le [[magistratura (storia romana)|magistrature]] ricoperte, le vittorie riportate in battaglia, i [[trionfo|trionfi]] festeggiati.
 
Generalmente considerate come il primo esempio di [[oratoria]] [[lingua latina|latina]], le ''laudationes funebres'', tra i primi tentativi di creazione di un archivio storico, erano espressione della cultura [[gens|gentilizia]]: le ''gentes'' glorificavano, attraverso le orazioni funebri, i propri parenti defunti, esaltando le loro gloriose azioni e permettendo così che se ne perpetrasse la memoria. Le orazioni venivano infatti conservate e talvolta riutilizzate in più occasioni.<ref>[[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], ''Brutus'', 62.</ref> Con l'intento di glorificare le propria stirpe, inoltre, si tendeva spesso ad inserire all'interno della ''laudatio'' notizie inventate, come ascendenze e genealogie leggendarie, o ad alterare i dati storici tramite l'inserimento di magistrature che il defunto non aveva esercitato.<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', VIII, 40, 4-5.</ref> Il carattere encomiastico della ''laudatio'', infatti, risulta evidente dal nome stesso del componimento, che si propone di tessere l'elogio del defunto. Simile era il ruolo svolto dalle iscrizioni riportate sulle lapidi tombali, gli ''[[elogio|elogia]]''.