Enrico Gras: differenze tra le versioni
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Nel 1976 riceve il Premio Chianciano della critica radiotelevisiva.
Ha lavorato come regista e sceneggiatore di cinema e televisione per più di 40 anni dedicandosi principalmente all’attività di documentarista.
== Biografia ==
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Con Emmer in uno scantinato, realizzò i suddetti documentari d’arte in condizione del tutto avventurose: con una vecchia Pathé degli anni ’10 e una truka ricavata da un tornio appeso al muro nacquero così i loro due primi successi: “''Racconto di un affresco''” e “''Il Paradiso terrestre''”, e non avendo i soldi per recarsi a fare le riprese sul posto, si limitarono a riprendere le immagini dalle fotografie di Alinari, reinventandole in un racconto di natura essenzialmente cinematografica. Emmer ricorda come Gras volesse addirittura rifare gli affreschi di Giotto in animazione, e questo da forse l’idea di quanto il cinema fosse per lui una sorta di reinvenzione privata della realtà.
Enrico Gras non ebbe il tempo di godersi le attenzioni suscitate da quei piccoli film. Venne infatti chiamato al servizio militare e una volta arruolato venne inviato come ufficiale dell’Esercito Italiano a Rodi in Grecia. Nel 1943 l’attività cinematografica venne quindi bruscamente interrotta a causa della seconda Guerra Mondiale. Seguirono le tristi vicende della storia italiana sviluppatesi in seguito all’armistizio del settembre ’43 ed Enrico venne fatto prigioniero dai tedeschi e deportato nel campo di concentramento di Dachau dove rimase fino al maggio del ‘45 quando fu liberato dalle truppe americane. Fu quello un periodo terribile dove fu a diretto contatto con gli orrori del nazismo e questo segnò profondamente il suo già difficile carattere. Gras non parlò mai volentieri dell’esperienza della guerra e tantomeno di quella in campo di concentramento.
Al ritorno dalla guerra nell’agosto del ’45 scoprì che Emmer era riuscito ad evitare il servizio militare emigrando in Svizzera e che si era prodigato per far conoscere quei due film. Emmer aveva infatti stretto amicizia con Henri Langlois, già conosciuto alla Cineteca milanese, e nell’immediato dopoguerra si recava spesso a Parigi, dove i loro documentari d’arte suscitarono gli entusiasmi di molti intellettuali. Secondo [[André Bazin]], i film di Gras ed Emmer compiono quella che definirà la “prima rivoluzione dei film sull’arte (…) così splendidamente sviluppata nelle sue conseguenze da Alanis Resnais”. “il quadro è centripeto, lo schermo è centrifugo – scriverà nel saggio ''Peinture et cinéma'' – ne consegue che se , rovesciando il processo pittorico, si inserisce lo schermo nel quadro, lo spazio del dipinto perde il suo orientamento e i suoi limiti per imporsi alla nostra immaginazione come indefinito. Senza perdere gli altri caratteri plastici dell’arte, il dipinto si trova contaminato dalle proprietà spaziali del cinema, partecipa di un universo pittorico virtuale che deborda da tutti i lati.
Non si trattava di un entusiasmo isolato, infatti il primo numero della rivista ''Revue du Cinéma'' del febbraio ’46, viene ampiamente dedicato proprio al “caso” parigino del momento: il rapporto “teorico” tra pittura e cinema, sviluppatosi dalla proiezione dei documentari di Gras ed Emmer. Vi intervengono ampiamente [[Jean Gorge Auriol, Piero Bargellini]] e successivamente anche [[Pierre Kast]] (''Ecrain Francais'', agosto ’46), [[Herbert Margolis]] (''Sight&Sound'' del ’47) e poi [[Kracauer, Raggianti Carné e Prévert]]. Gli intellettuali del cinema si eccitano davanti alle prospettive teoriche che vengono aperte da quei piccoli film. All’origine di tutto c’è proprio la gran voglia di far cinema di Emmer e Gras, il desiderio istintivo di creare un film dotato di una vita autonoma là dove si era solito attribuirgli un ruolo secondario e subordinato.
Sostenuti dall’entusiasmo internazionale i due riprendono quindi nel dopoguerra la loro attività documentaristica, e per un paio di questi film ("''La leggenda di Sant’Orsola''" e "''Romantici a Venezia''") lo stesso [[Jean Cocteau]] chiede di poter scrivere il testo da accompagnare alle immagini. In questi anni la sorella minore di Gras, Laura, dimostrò grande interesse per il cinema e per il lavoro del fratello e collabora con lui nella lavorazione di alcuni film tra cui “''Inquietudine''” diretto da Carpignano (cognato di Emmer), girato un po' a Milano e un po’ a Merate e di cui Enrico aveva scritto al sceneggiatura.
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