Yuánróng sāndì: differenze tra le versioni

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'''Yuánróngsāndì''' (圓融三諦, [[giapponese]]: ''enyuenyū santai'', [[lingua coreana|coreano]] 원융삼제
''wonyung samje'' o ''wŏnyung samj'', [[lingua vietnamita|vietnamita]] ''viên dung tam đế'') si può rendere in italiano come ''Triplice verità'' ed è la dottrina centrale delle scuole buddhiste cinese [[TiantaiTiāntái]] (天台宗) e giapponese [[Tendai]] espressa in particolar modo nel ''[[MoheMóhē ZhiguanZhǐguān]]'' (摩訶止觀, Grande trattato di calma e discernimento, giapp. ''Maka Shikan'', [[T.D.]] 1911,)<ref>È in corso d'opera la traduzione in lingua inglese del ''Mohe Zhiguan'', Wade-Giles: ''Mo-ho chih-kuan'', da parte di Paul L. Swanson. Per informazioni: http://www.nanzan-u.ac.jp/~pswanson/mhck/mhck.html</ref> opera di [[ZhiyiZhìyǐ]] (智顗, 538-597).
 
== Dottrina ==
La dottrina dello ''yuanrongYuánróng sandisāndì'' si fonda su un originale sviluppo della scuola indiana [[MādhyamikaMadhyamaka]] fondata da [[Nāgārjuna]] nel II sec. e.v. Questa dottrina sostiene che dal punto di vista della Verità assoluta (sans. ''paramārtha-satya'' o ''śūnyatā-satya'', cin. 空諦 ''kōngdì'', giapp. ''kūtai'') tutta la Realtà che ci appare è vuota di proprietà inerente: essa è impermanente dal punto di vista temporale e, nel contempo, non c'è un fenomeno che non dipenda dagli altri fenomeni. Questa vacuità (sans. ''[[śūnyatā]]'', cin. 空 ''kōng'', giapp. ''kū'') si poggia tuttavia sulla Verità convenzionale (sans. ''saṃvṛti-satya'', cin. 假諦 '' jiǎdì'', giapp. ''ketai'') dove i singoli fenomeni vengono percepiti nella loro unicità.

La sintesi esperienziale di queste due Verità, apparentemente contraddittorie, porta alla realizzazione della terza veritaverità, la Verità di mezzo (sanscrito ''mādhya-satya'', cin. 中諦 ''zhōngdì'', giapp. ''chūtai'').
 
È evidente l'originalità di questa posizione rispetto allo sviluppo dottrinale contemporaneo della scuola [[MadhyamikaMadhyamaka]] indiana (in particolare con l'opera di [[Candrakīrti]], VI sec.<ref> Così Candrakīrti: «Tutti i fenomeni hanno due nature quella scoperta indagando la loro realtà e quella trovata percependo il loro carattere ingannevole. L'oggetto della percezione corretta è la realtà assoluta, quello della percezione ingannevole è la realtà convenzionale» in ''Mādhyamikavatara'' 6,23.</ref>) dove invece veniva chiaramente indicata la prevalenza della Verità assoluta (''paramārtha-satya'' o ''śūnyatā-satya'') come 'vera' realtà delle cose, rispetto alla Verità convenzionale (''saṃvṛti-satya''), una 'verità' solamente funzionale, strumentale, che non corrisponde alla vera Realtà la quale è sempre e comunque vacuità (''[[śūnyatā]]''). TaleQuesta posizioneinterpretazione dell'opera di Nāgārjuna viene interpretata da [[Zhìyǐ]] come una possibile lettura [[nichilista]] della dottrina del [[Buddha ShakyamuniŚākyamuni]].
L'insegnamento di [[Zhìyǐ]] della Triplice verità legge quindi il mondo fenomemico (la Verità convenzionale) nella Verità ultima per cui anche la mondanità, se ben compresa alla luce della Triplice Verità, non è distinta ed appartiene proprio dalla Verità ultima, in quanto tutte le cose e tutta la Realtà additano l'Illuminazione. Grazie a questo insegnamento vi è una riconciliazione della bellezza, dell’estetica e in generale di tutte le attività umane, con più ascetici insegnamenti buddhisti sulla verità. Così la poesia, ad esempio, può essere considerata come un mezzo che conduce al perfezionamento spirituale. La contemplazione della poesia è semplicemente contemplazione del Dharma. Ciò può essere affermato per ogni altra forma d’arte, di studio e di attività.
La traccia di questo percorso di svelamento della Realtà, secondo la scuola [[Tiantai]], ha inizio con l'opera di [[Huiwen]] (vissuto intorno alla metà del VI sec., di lui non rimane alcuna opera) a cui la tradizione dà il merito di aver, per primo, intuito la 'simultaneità delle tre consapevolezze': consapevolezza della vacuità di ogni fenomeno, consapevolezza della sua unicità provvisoria e quindi consapevolezza unita di vacuità e unicità provvisoria di ogni fenomeno o suoi insiemi. All'opera di [[Huiwen]] segue quella di [[Huisi]] (515-77, si conservano di lui diverse opere), grande cultore del ''[[Sutra del Loto]]'' (sanscrito ''Saddharmapundarikasutra'', cin. ''Fahuajing''). Huisi intuisce nel simbolo del [[Loto]], che non ha fiore che non produca frutti, una metafora della stessa vita. Non c'è vita che non si poggi sulla buddhità, sulla natura di Buddha. Quando la vita si esprime nelle condotte esse stesse non possono che condurre verso la stessa buddhità. Ogni azione è azione della natura di Buddha e conduce alla buddhità stessa, questo anche quando colui che agisce non ne è consapevole. La dottrina delle 'Tre consapevolezze' di [[Huiwen]] unita alle intuizioni di [[Huisi]] sul ''[[Sutra del Loto]]'', con particolare riguardo al II capitolo dove vengono elencate le [[dieci talità]] ((sans. ''[[thathata]]'', cin. ''rushi shixiang'') della Realtà ognuna vista contemporaenamente nella sua vacuità e unicità provvisoria, portano [[Zhiyi]] ad esprimere la prima dottrina compiuta della scuola [[Tiantai]]. La comprensione profonda della 'Triplice verità' può avvenire, secondo le scuole [[Tiantai]] e [[Tendai]], solo mediante la pratica meditativa dello ''[[zhiguan]]'' (sans. ''śamatha-vipaśyanā'', giapp. ''shikan''). Tale comprensione profonda consentirebbe di raggiungere l' ''illuminazione'' (sans. ''bodhi'', cin. ''puti'', giapp. ''bodai'') e quindi di risolvere tutte le ambiguità della propria presenza nel mondo senza dover rinviare tale risposta ad una divinità trascendente (sans. ''deva'', cin. ''tianshen'', giapp. ''tennin''; critica già operata dal Buddhismo [[Hinayana]]), senza dover rifuggire il mondo delle illusioni e della vita ordinaria (sans. ''samsara'', cin. ''lunhui'', giapp. ''shoji rinne''; critica nei confronti del Buddhismo [[Hinayana]]) e senza dover contemplare la vacuità della Verità assoluta rinunciando alla propra soggettività (critica alle dottrine di alcune scuole del [[Buddhismo Mahayana]]).
L'insegnamento di [[Zhìyǐ]] della Triplice verità legge quindi il mondo fenomemico (la Verità convenzionale) nella Verità ultima per cui anche la mondanità (俗 ''sú''), se ben compresa alla luce della Triplice Verità, non è distinta ed appartiene proprio dalla Verità ultima, in quanto tutte le cose e tutta la Realtà additano l'Illuminazione.
 
L'insegnamento di [[Zhìyǐ]] della Triplice verità legge quindi il mondo fenomemico (la Verità convenzionale) nella Verità ultima per cui anche la mondanità, se ben compresa alla luce della Triplice Verità, non è distinta ed appartiene proprio dalla Verità ultima, in quanto tutte le cose e tutta la Realtà additano l'Illuminazione. Grazie a questo insegnamento vi è una riconciliazione della bellezza, dell’estetica e in generale di tutte le attività umane, con più ascetici insegnamenti buddhisti sulla verità. Così la poesia, ad esempio, può essere considerata come un mezzo che conduce al perfezionamento spirituale. La contemplazione della poesia è semplicemente contemplazione del Dharma. Ciò può essere affermato per ogni altra forma d’arte, di studio e di attività.
 
La traccia di questo percorso di svelamento della Realtà, secondo la scuola [[Tiāntái]], ha inizio con l'opera di [[Huìwén]] (慧文, V secolo ma di lui non conserviamo oggi alcuna opera) a cui la tradizione dà il merito di aver, per primo, intuito la 'simultaneità delle tre consapevolezze': consapevolezza della vacuità di ogni fenomeno, consapevolezza della sua unicità provvisoria e quindi consapevolezza unita di vacuità e unicità provvisoria di ogni fenomeno o suoi insiemi. All'opera di [[Huìwén]] segue quella di |[[Huìsī]] (南嶽, 515-577, si conservano di lui diverse opere), grande cultore del ''[[Sutra del Loto]]''. Huìsī intuisce nel simbolo del [[Loto]], che non ha fiore che non produca frutti, una metafora della stessa vita. Non c'è vita che non si poggi sulla buddhità, sulla natura di Buddha. Quando la vita si esprime nelle condotte esse stesse non possono che condurre verso la stessa buddhità. Ogni azione è azione della natura di Buddha e conduce alla buddhità stessa, questo anche quando colui che agisce non ne è consapevole.
 
La dottrina delle 'Tre consapevolezze' di [[Huìwén]] unita alle intuizioni di [[Huìsī ]] sul ''[[Sutra del Loto]]'', con particolare riguardo al II capitolo dove vengono elencate le [[dieci talità]] ((sans. ''[[thathata]]'', cin. ''rushi shixiang'') della Realtà ognuna vista contemporaenamente nella sua vacuità e unicità provvisoria, portano [[Zhiyi]] ad esprimere la prima dottrina compiuta della scuola [[Tiantai]]. La comprensione profonda della 'Triplice verità' può avvenire, secondo le scuole [[Tiantai]] e [[Tendai]], solo mediante la pratica meditativa dello ''[[zhiguan]]'' (sans. ''śamatha-vipaśyanā'', giapp. ''shikan'').
 
Tale comprensione profonda consentirebbe di raggiungere l' ''illuminazione'' (sans. ''bodhi'', cin. ''puti'', giapp. ''bodai'') e quindi di risolvere tutte le ambiguità della propria presenza nel mondo senza dover rinviare tale risposta ad una divinità trascendente (sans. ''deva'', cin. ''tianshen'', giapp. ''tennin''; critica già operata dal Buddhismo [[Hinayana]]), senza dover rifuggire il mondo delle illusioni e della vita ordinaria (sans. ''samsara'', cin. ''lunhui'', giapp. ''shoji rinne''; critica nei confronti del Buddhismo [[Hinayana]]) e senza dover contemplare la vacuità della Verità assoluta rinunciando alla propra soggettività (critica alle dottrine di alcune scuole del [[Buddhismo Mahayana]]).
 
== Note ==