Honda CB 750 Four: differenze tra le versioni

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Forse fu per questo motivo che un certo purismo (forse dovremmo dire snobismo) [[italia]]no e [[Inghilterra|inglese]] in un primo tempo si rifiutò di riconoscere che questa moto avesse, come si dice, un’anima, e le riservò il nomignolo di “astronave” e “auto su due ruote”. I giapponesi avevano infatti accessoriato il mezzo, come se non bastasse la superiorità meccanica, con avviamento elettrico di serie, una strumentazione impeccabile, il [[freno a disco]] anteriore di serie, tutte caratteristiche inedite sulla produzione di allora, e considerate dai più sportivi in contrasto con l’austerità necessaria sui mezzi più veloci.
 
In realtà, era nato un concetto nuovo di moto (o forse, sarebbe meglio dire, dell’industria della moto): numeri da capogiro al banco, raffinatezza tecnica, affidabilità perfetta, produzione in serie, prezzi allineati. L'industria inglese non riuscirà a reggere il confronto, e i modelli nuovi progettati faticheranno fin da subito a “tenere” il mercato (specie in [[USA]], dove la fruibilità e le prestazioni delle Honda prima e delle altre giapponesi poi impose un appiattimento quasi totale del mercato in meno di dieci anni). Le Italiane, storicamente meno rozze delle inglesi, riusciranno ad ammortizzare il colpo ricevuto grazie ad alcuni modelli di gran pregio (soprattutto [[Laverda 750 SF]], [[Moto Guzzi V7 Sport]] e [[Ducati 750 GT]]), espressione della tradizionale qualità italiana, ma dovranno fare i conti da subito con incrementi di [[fatturato]] decrescenti che scoraggieranno investitori e [[banca|banche]].
 
All'alba degli [[anni 1980|anni ’80]] il mercato della moto è, salvo nicchie diligentemente ricercate dal [[marketing]] delle [[case motociclistiche|case]] superstiti, in mano all'industria giapponese.