Flos duellatorum in armis, sine armis, equester et pedester: differenze tra le versioni

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[[File:Flos Pisani 17B.jpg|thumb|260px|Il diagramma delle ''sette spade'' dal facsimile Pisani-Dossi (fol. 17A). I quattro animali simboleggiano la [[prudenza]] ([[lince]]), la [[velocità|rapidità]] ([[tigre]]), l'[[coraggio|audacia]] ([[leone]]) e la [[coraggio|fortezza]] ([[elefante]]). Cfr. anche i cinque animali del ''[[Wuxingquan]]'' cinese.]]
 
Il '''Flos duellatorum''' (o '''Fior di battaglia''') è un [[manuale]] di [[lotta]] e scherma scritto da [[Fiore dei Liberischerma]] da Premariacco,scritto a [[Ferrara]], nel [[1409]]-[[1410|10]], ilda cui[[Fiore dei Liberi]] da Premariacco. Il testo del ''Flos'' ci è stato tramandato in tre [[Codice (filologia)|testimoni]].: Duedue di essi appartengono alle collezioni ''[[Getty Museum|Getty]]'' e ''[[Pierpont Morgan Library|Morgan]]''. Il terzo, appartenuto alla collezione ''Pisani-Dossi'', è andato perduto agli inizi del [[XX secolo]], sebbene se ne disponga ancora una riproduzione in [[facsimile]].
 
== L'opera e la situazione redazionale ==
 
Anche se ci si riferisce al ''Flos duellatorum'' come a un unico manuale, occorre notare che la lingua utilizzata nei tre codici presenta notevoli difformità anche se appare comunque riconducibile ada una [[koinè]] quattrocentesca di base veneta. L'opera si presenta in realtà sotto due vesti molto diverse: ossia una redazione poetica (o comunque in versi), rappresentata dal manoscritto della collezione Pisani-Dossi, ede una redazione in prosa, rappresentata dai manoscritti conservati rispettivamente nelle collezioni dei musei [[Getty Museum|Getty]] e [[Pierpont Morgan Library|Morgan]].
Alla luce delle attuali conoscenze è impossibile stabilire gli effettivi rapporti tra le due redazioni ede ogni ipotesi pare pienamente accettabile. Il fatto poi che i tre testimoni risalgano tutti all'inizio del XV secolo non aiuta a stabilire la precedenza cronologica di uno sugli altri.
 
==Ipotesi redazionali==
[[File:FlosDuellatorumClinch.png|thumb|260px|Illustrazione di una presa con le braccia dal ''Flos duellatorum'' (facsimile Pisani-Dossi)]]
 
Si potrà così essere autorizzati a ipotizzare che la redazione poetica, più solenne ed elegante, sia stata eseguita per [[Niccolò III d'Este]]. AdA essa avrebbe fatto seguito una seconda redazione in prosa, più tecnica e meno curata stilisticamente, coerentemente con la destinazione didattica nelle scuole di scherma.
Nulla vieta però di pensare che la redazione in prosa fosse stata eseguita da Fiore per uso pratico e che poi sia servita da modello per una più solenne redazione in poesia da presentare anch'essa alla corte, sebbene le ultime tesi prediligano anteporre il Getty (conosciuto anche come ''Fior di Battaglia'') e il Morgan al Pisani-Dossi.
 
Più ardita ma anch'essa accettabile è infine una terza ipotesi. Secondo questa la redazione poetica sarebbe da attribuire a Fiore, mentre la redazione in prosa sarebbe un approfondimento tecnico della materia eseguito da un allievo di Fiore stesso (con o senza la supervisione del maestro) oppure ricavato da un autore anonimo celatosi sotto il nome del grande maestro friulano.
 
Vero è che il ''Flos'' si presenta nella duplice forma poetico-prosastica, ma il suo contenuto e i suoi caratteri generali fanno di esso un'opera unitaria nella sostanza: entrambe le redazioni si presentano infatti come una serie di [[Glossa|glosse]] ada illustrazioni di figure umane che mostrano tecniche di lotta o di armi, precedute, nell'''[[incipit]]'', da un prologo generale che presenta l'autore, la materia e il contenuto del manuale.
 
Entrambe le redazioni si definiscono poi come opere di committenza, presentando nel prologo una dedica a Niccolò III: questo fa del ''Flos'' un'opera che, nata esplicitamente per la corte e contrassegnata dunque da quei caratteri, ha poi avuto diffusione e successo anche al di fuori delle mura del palazzo.
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Non essendo possibile risalire ad altra fonte per la descrizione fisica del manoscritto, bisogna attenersi alle pochissime informazioni che ne dà il Novati stesso.
Egli afferma, senza mostrare dubbio alcuno, che il codice fu eseguito a Ferrara e siache fosse da datare proprio al 1410. Si può solo aggiungere che la scrittura, una [[Scrittura bastarda|bastarda italiana]], appartiene a mano diversa da quella degli altri due testimoni e che anche le illustrazioni presentano qualche differenza stilistica. Il manuale reca, all'inizio, un [[prologo]] in [[lingua latina|latino]], a cui fa seguito un prologo in [[Lingua volgare|volgare]]. Entrambi sono in doppia versione, sia in prosa che in versi. Le glosse che commentano illustrazioni sottostanti, sono [[Distico|distici]] (o coppie di distici) generalmente [[Rima|rimati]]<ref>Per le questioni testuali e per l'analisi formale dei distici si veda la finpiù troppovolte citata edizione Novati del 1902.</ref>.
 
Per quanto riguarda la storia del codice, esso appartenne al cinquecentesco capitano Schier de’ Prevosti da Valbregaglia; nel 1663 passò poi, per ragioni di eredità, nella biblioteca della famiglia Sacchi da Bucinigo e, da una data che Novati non precisa, si trovò nella collezione poi appartenuta ad Alberto Pisani Dossi (1849-1910),<ref>Si tratta del letterato [[Scapigliatura|scapigliato]] [[Carlo Dossi]], il cui vero nome era appunto Carlo Alberto Pisani Dossi. Carlo Dossi affiancò, all'attività letteraria e diplomatica, anche quella di grande collezionista: collaboratore di [[Francesco Crispi]], fu console in Colombia e, nel biennio 1895-96, fu ambasciatore ad Atene. A partire dal 1901, ritiratosi in pensione, si dedicò appunto alla collezione di oggetti artistici ede archeologici, in parte conservati nella ''villa del Dosso'', presso [[Como]].</ref>
 
=== Il manoscritto della collezione Getty ===
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Il manoscritto della [[Pierpont Morgan Library|collezione Morgan]], New York, ''[[Pierpont Morgan Library]]'', M.383, membranaceo, Venezia, inizio sec. XV, 277x195, I + 19 cc., è cartulato con numeri arabi da 1 a 19 apposti sul margine superiore destro del recto di ogni carta; tuttavia il ms. occupava in origine le cc. 241-260 di una raccolta di trattatelli e opuscoli, cosicché la numerazione corrente deve essere stata apposta in un secondo momento.
Il testo risulta scritto in bastarda italiana ed è corredato da illustrazioni a penna. La c. 1r presenta un' ornamentazione consistente in una cornice rettangolare attorno al testo recante ai lati disegni di armi; il capolettera è una ''F'' maiuscola calligrafica di motivo vegetale.
Il ms. reca, a partire dalla c. 2v, illustrazioni su ogni pagina, per un totale di 124 figure. Ogni pagina ospita da un minimo di una ada un massimo di quattro illustrazioni. Come anticipato, le illustrazioni sono realizzate a penna, con tratti in oro (corone e bende) e/o in argento (spade e lance). Con ogni probabilità è possibile ricondurre i disegni a due diversi autori veneziani o veronesi della scuola dell'[[Altichiero]].
I disegni rappresentano tecniche d'armi mediante figure umane armate, isolate o accoppiate, a piedi o a cavallo; in due casi sono affiancate tre figure umane a piedi; in un' unica illustrazione sono rappresentate due figure umane che combattono in armatura.
Fatta eccezione per il prologo (cc. 1r-2r) il testo si presenta come una serie di glosse alle illustrazioni: ogni glossa commenta la figura sottostante e, di norma, ada ogni illustrazione o coppia di illustrazioni corrisponde una sola glossa. In alcuni casi (si prendano, ad esempio, le cc. 12v e 14v) è evidente come le illustrazioni siano state realizzate o abbozzate prima del testo, come è possibile evincere dal fatto che la scrittura incornicia alcuni elementi sporgenti dell'immagine.
Ogni sezione di tecniche d'armi è aperta dall'illustrazione di un ''magistro'' isolato (rappresentato da una figura umana armata e recante una corona dorata sul capo); generalmente il ''magistro'' è seguito dai ''magistri remedy'' (identici nell'iconografia) che mostrano le tecniche contro altre figure umane denominate ''zugadori'' (prive di corona e segni di riconoscimento); le varianti delle tecniche sono illustrate dagli ''scolari'' (figure umane senza corona contrassegnate da una fascia dorata sotto il ginocchio); le contro-tecniche sono mostrate dai ''contrari'' (rappresentati con una corona dorata sul capo e una benda dorata sotto il ginocchio).
Il codice apparteneva ada una miscellanea manoscritta dello storico friulano Bernardo Maria De Rubeis (1687-1775); passò poi nella collezione del senatore veneziano [[Jacopo Soranzo]] (1686-1750) dove recava la segnatura MCCLXI, e, a partire dal 1780, si trovò nella collezione dell'abate veneziano Matteo Luigi Canonici, acquistata nell'1836 dal reverendo londinese Walter Sneyd; nel 1862 il codice venne esposto al South Kensington Museum; nel 1903 fu venduto ad un certo Ellis (del quale Novati e altre fonti non riportano ulteriori notizie); nel 1908 passò innel possesso di [[Tammaro De Marinis]]; nel 1909 fu acquistato da [[John Pierpont Morgan]].
 
==Note==
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== Fonti ==
C.Claudio Lagomarsini, ''Il Flos Duellatorum di [[Fiore dei Liberi]] da Premariacco, studio della tradizione e saggio di edizione''. Tesi di laurea, [[Università di Pisa]], 2006
 
==Voci correlate==