Assedio di Famagosta: differenze tra le versioni

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== L'assedio ==
Il [[22 agosto]] [[1570]] la città di [[Famagosta]] venne [[assedio|assediata]] dall'imponente flotta turca [[Ottomani|ottomana]] capitanata da [[Lala Kara Mustafa Pascià]]. I [[Venezia|venezianivenezia]]ni erano guidati da [[Marcantonio Bragadin]] e da [[Astorre Baglioni]].
 
Appena iniziato l'assedio, verso metà ottobre, il comandante ottomano Lala Mustafà invitò gentilmente il governatore della città Bragadin ad arrendersi, donandogli anche un carniere di pernici, ma questi rifiutò sia l' "invito" che il carniere. Vedendosi rifiutato il proprio invito, il generale turco s'irritò passando quindi a modi "meno cortesi": inviò l'ordine di resa immediata insieme alla testa mozzata e in fase di putrefazione di Niccolò Dandolo, governatore di Nicosia. Questo non spaventò né Bragadin né Baglioni, i quali, dopo aver fatto seppellire con le dovute onoranze funebri la testa del malcapitato, decisero di non arrendersi.
 
Famagosta aveva un ottimo sistema difensivo: si affacciava al mare ed era protetta da un muro di cinta dotato di quattro bastioni e a sua volta la cinta muraria era protetta da un ampio e profondo fossato. Questo però non poteva resistere all'enorme esercito ottomano, e per giunta in continuo incremento d'unità, che stringeva sotto assedio la piccola città veneziana. A peggiorare la situazione dei veneziani s'aggiunse pure la scarsità di derrate alimentari in giacenza.
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Ma Mustafa, venendo contro alle sue promesse, fece uccidere Baglioni appena firmata la resa. Il colonnello Martinengo, catturato, fu impiccato tre volte. La città venne lasciata in balia delle milizie ottomane, che seminarono la strage.
 
Marcantonio Bragadin venne catturato e gli furono mozzate ambedue le orecchie. Fatto girare per le vie della città per tredici giorni a cavallo di un mulo<!-- Fonti! Tredici giorni senza cibo, acqua ed evacuazioni?<-->, sottoposto allo scherno dei soldati vincitori, il [[17 agosto]] [[1571]] venne condotto, dopo altre innumerevoli sevizie ed umiliazioni, nella piazza principale e scuoiato vivo. La sua pelle, ancora oggi conservata a Venezia, venne issata sulla nave ammiraglia e portata a [[Istanbul]], da dove venne rocambolescamente trafugata in seguito: custodita nell' Arsenale della città in una botte per vivande, fu presa da uno schiavo veneziano, Gerolamo Polidori, che corrompendo guardiani ed aiutato dalla fortuna, riuscì a trasportarla via mare in patria. Sepolta dapprima nella chiesa di S.Gregorio, si trova attualmente dentro un'urna nella chiesa dei [[Santi Giovanni e Paolo]].
 
L'eroica resistenza di Famagosta servì in ogni caso a far guadagnare tempo alle forze [[Cristianesimo|cristiane]], tenendo impegnata l'immensa flotta ottomana: a [[Battaglia di Lepanto (1571)|Lepanto]], appena un mese e mezzo dopo, l'armata della Lega Santa ottenne una schiacciante vittoria sulle forze turche.
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== Bibliografia ==
 
* Gigi Monello, ''Accadde a Famagosta, l'assedio turco ad una fortezza veneziana ed il suo sconvolgente finale'', pp.&nbsp;192, tav. 10, Scepsi & Mattana Editori, Cagliari, 2006.
 
* Nestore Martinengo, ''Relazione di tutto il successo di Famagosta'', a cura di Gigi Monello, pp.&nbsp;32, Scepsi & Mattana Editori, Cagliari, 2007.
 
[[Categoria:Guerre turco-veneziane]]