Walter Binni: differenze tra le versioni

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Nel [[1964]] venne chiamato alla Facoltà di Lettere di [[Roma]], dove si trasferì. Dal 1963 divenne socio corrispondente dell'[[Accademia dei Lincei]] (socio nazionale dal [[1977]]), dove ritrovò tanti amici del periodo dell'antifascismo e dell'ambiente universitario pisano, genovese e fiorentino. Anche a Roma, come a Genova e a Firenze, l'impegno didattico di Binni fu totale, nelle lezioni, nei seminari, negli esami, e nel lavoro universitario confluirono i risultati del suo lavoro di critico e studioso: i corsi 1964-[[1967]] furono dedicati a Leopardi, di cui Binni pubblicò un'importante edizione di ''Tutte le opere'' nel [[1969]], il cui saggio introduttivo divenne nel [[1973]] il volume ''La protesta di Leopardi''.
 
In questi anni l'[[Sapienza - Università di Roma|Università di Roma]] era terreno di continue incursioni neofasciste, soprattutto dal [[1965]], all'interno della nascente [[strategia della tensione]] contro il primo governo di centrosinistra; nel maggio [[1966]] lo studente socialista [[Uccisione di Paolo Rossi|Paolo Rossi]] morì per le conseguenze di un'aggressione fascista. Binni ne pronunciò una dura commemorazione funebre (violentemente attaccata dalla stampa di destra) che denunciava le responsabilità delle bande fasciste, della polizia e del rettore [[Ugo Papi]], contribuendo alle sue dimissioni, e svolse un ruolo attivo nella formazione di uno schieramento antifascista e democratico di docenti, studenti e organizzazioni della sinistra. A Roma fu l'inizio del [[Il Sessantotto|movimento del '68]], al quale Binni partecipò abbandonando nel [[1967]] il PSI dopo l'unificazione con il PSDI e schierandosi a fianco delle organizzazioni della [[sinistra extraparlamentare]].
 
Nell'[[ottobre]] 1968 morì Aldo Capitini, di cui Binni pronunciò un appassionato discorso funebre in cui ricostruiva l'identità del maestro e amico, sottraendolo alle incomprensioni e rimozioni dei partiti della sinistra e rivendicando la complessa attualità del suo pensiero e dei suoi coraggiosi esperimenti di democrazia diretta, e di cui dettò l'[[epigrafe]] sulla sua tomba nel cimitero di Perugia: "Libero religioso e rivoluzionario nonviolento / pensò e attivamente promosse l'avvento / di una società senza oppressi / e l'apertura di una società liberata e fraterna".