Controversia dei riti cinesi: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m wikilinks
Riga 18:
==Le tappe della controversia==
 
Dopo il Trattato di Niccolò Longobardo, che elaborava il problema del nome di Dio con un approccio decisamente differente da quello di Matteo Ricci (testo che peraltro venne pubblicato soltanto nel [[1701]], a cura del Seminario delle Missioni Straniere di Parigi, e quindi non da parte di una qualche struttura della Compagnia di Gesù), il primo passo rilevante "esterno" rispetto alla Compagnia, si ebbe quando il domenicano Morales sottopose, dapprima al Visitatore della Compagnia, quindi al [[Sant'Uffizio]] una serie di critiche verso le pratiche adottate fino a quel momento dai Gesuiti; in seguito a tali osservazioni la Santa Sede emise un primo pronunciamento di condanna sul problema dei "riti cinesi", nel [[1645]].
 
Come risposta della Compagnia a tale decreto fu inviato il gesuita [[Martino Martini (gesuita)|Martino Martini]] a Roma per sostenere le posizioni dei Gesuiti (peraltro senza illustrare il problema della partecipazione dei cristiani ai riti in onore di Confucio, dando egli per scontato che tali riti erano di carattere civile, assumendo cioè per postulato cio'ciò che avrebbe dovuto dimostrare), e [[Papa Alessandro VII]] emise un nuovo decreto più permissivo nel [[1656]] che costituì per molto tempo l'atto ufficiale cui si appellarono i Gesuiti per sostenere la legittimità della loro prassi. A questo atto seguì nel [[1659]], quindi sempre sotto il Pontificato di Alessandro VII, il pronunciamento di Propaganda Fide, sopra citato.
 
Nel [[1668]] si tenne una conferenza di missionari a [[Canton]], con una grande maggioranza di Gesuiti, in cui si concordarono alcune linee guida, ma al termine di essa il domenicano {{chiarire|Navarrete}} manifestò pubblicamente in Europa il suo dissenso e la polemica uscì così dai ristretti ambiti della Chiesa per allargarsi, a livello politico e culturale, a tutta la società europea.
 
Dopo che i missionari di Cina ebbero chiesto dei chiarimenti sui due decreti apparentemente contraddittori, nel [[1669]] la Santa Sede emise un nuovo decreto, che di fatto era equidistante tra le due posizioni, e che demandava ai missionari l'assunzione delle decisioni sul comportamenti da tenere caso per caso.
Riga 29:
 
La situazione si fece molto più tesa tra la fine del secolo e l'inizio di quello successivo.
Nel novembre [[1700]] i Gesuiti fecero un'importante contromossa redigendo un documento sulla identità dei riti controversi, in cui si sosteneva che essi fossero soltanto "civili" e non religiosi, e sottoponendolo all'Imperatore [[Kang Xi (imperatore Qing)|Kangxi]], che lo approvò dapprima soltanto verbalmente, poi, su espressa richiesta dei missionari gesuiti, la sua risposta venne messa per iscritto dai mandarini di corte.
 
Nel frattempo era giunta a conclusione una lunga istruttoria di una apposita commissione del Sant'Uffizio, che nel novembre 1704 produsse la [[Costituzione Apostolica]] "[[Cum Deus Optimus]]", che sostanzialmente assumeva e ufficializzava i contenuti del decreto di Maigrot.
Riga 35:
Nel [[1705]] il [[legato pontificio]], [[cardinale]] [[Carlo Tommaso Maillard de Tournon]], arrivò in Cina con l'obiettivo di pubblicare quel decreto e di costringere tutti i missionari ad obbedire alla autorità papale. Ma il risultato che ottenne fu una reazione molto negativa dell'imperatore [[Kangxi (imperatore Qing)|Kangxi]], che emanò - su espressa richiesta dei Gesuiti di corte - un decreto per regolamentare rigidamente la presenza e la attività dei missionari occidentali in Cina (il [[Decreto sul "Piao"]], dicembre [[1706]]). In conseguenza di ciò il Legato emanò a sua volta un decreto ([[Decreto di Nanchino]], febbraio [[1707]]) con cui ribadiva le proibizioni della Santa Sede e dava indicazioni ai missionari sul comportamento da tenere nei confronti dell'Imperatore. Questo provvedimento venne poi approvato dalla [[Santa Sede]] nel settembre [[1710]], prima che giungesse a [[Roma]] la notizia della morte di Tournon, avvenuta nel Giugno di quell'anno a [[Macao]].
 
Nel Marzomarzo [[1715]] [[Papa Clemente XI]] emanò quella che nelle intenzioni doveva essere l'ultima parola sulla questione: la [[bolla papale|bolla]] "''Ex Illa Die''", che ribadiva e confermava tutte le proibizioni del decreto del 1704, ed esigeva un giuramento dai missionari.
Ma la vicenda fu tutt'altro che conclusa.
 
I Gesuiti di [[Pechino]] si rifiutarono di accettare la Bolla e obbedire alle sue direttive, e si autosospesero dall'[[amministrazione dei sacramenti]], sostenendo che non era possibile fare missione in Cina seguendo quelle proibizioni; mentre altri missionari ([[Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli|propagandisti]], francescani, domenicani, M.E.P.) continuarono tranquillamente a fare [[attività pastorale]] seguendo le direttive della Santa Sede.
 
In seguito al persistere delle divergenze tra i missionari Clemente XI inviò in Cina un nuovo legato, per pubblicare la Bolla con tutta l'autorità della Santa Sede, nella persona di [[Carlo Ambrogio Mezzabarba]], che giunse a Pechino alla fine del [[1720]].
Questa seconda [[legazione]] fu condotta con maggiore diplomazia e giunse quasi ad una positiva conclusione con la famosa udienza del [[14 gennaio]] [[1721]], in cui sembrò che l'Imperatore accogliesse tutte le richieste del [[Papa]]. Ma anche allora la situazione precipitò e il Legato ritornò in Europa senza riportare un significativo successo, neanche concedendo le cosiddette "Otto Permissioni", che tentavano, peraltro invano, di venire incontro alle pretese dei Gesuiti.
 
La '''Questione dei riti cinesi''' proseguì ancora per diversi anni fino a che venne posta la parola fine nel [[1742]] con la bolla ''[[Ex quo singulari]]'' di [[papa Benedetto XIV]], con cui si bandivano definitivamente questi riti, si obbligavano i missionari a un giuramento di fedeltà, e si proibiva anche ogni ulteriore discussione sull'argomento.
 
Nel [[1935]] Propaganda Fide riaprì la questione e chiese ai [[Vicario apostolico|Vicari Apostolici]] in Cina di fornire informazioni sull'identità di quei Riti. I Vicari ottennero dal governo fantoccio del [[Manchukuo]] e poi dal [[Governo Provvisorio della Cina|Governo cinese]], la "garanzia" dell'essenza "civile" dei riti controversi e sulla base di questa garanzia venne emanata nel Dicembre [[1939]] una Istruzione di Propaganda Fide, il "[[Plane Compertum]]", firmata dal Prefetto Fumasoni-Biondi e approvata da Papa Pio XII, che autorizzava i cattolici cinesi a partecipare quei riti e aboliva il giuramento per i missionari, che era rimasto in vigore dal 1742.