Sciti: differenze tra le versioni

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Già nel [[XVIII secolo]] gli Sciti vengono menzionati in alcune opere letterarie. [[Voltaire]], nel suo ''[[Il mondo come va]]'' ([[1748]]), racconta di come Babuc, uno scita, venga incaricato di visitare [[Persepoli]] dal [[genio]] Ituriel, affinché esamini il comportamento dei suoi abitanti e gli riferisca le sue impressioni, onde decidere se, a causa dei loro costumi corrotti, i persiani vadano puniti o se la loro città vada distrutta. Nel [[1767]], il filosofo francese dedicò al popolo scita una [[tragedia]], ''[[Gli Sciti]]''.<ref>Voltaire, ''op. cit.'', p. 97.</ref> Da questa tragedia, nel [[1823]] [[Andrea Leone Tottola]] ricavò il libretto per l'opera in due atti [[Gli sciti]], di [[Saverio Mercadante]], un rifacimento di [[Scipione in Cartagine]].<ref>{{cita web|url=http://www.amadeusonline.net/almanacco.php?Start=0&Giorno=18&Mese=03&Anno=1823&Giornata=&Testo=Saverio+Mercadante&Parola=Stringa|titolo=amadeusonline.net - Gli Sciti, di Saverio Mercadante|lingua=it|data=04-03-2013}}</ref>
 
Il fiorire degli scavi di siti sciti favorì la nascita di un forte sentimento nazionale [[Russia|russo]], capace di estendersi per un intero [[continente]].<ref>V.Schiltz, ''op. cit.'', p. 103.</ref> La pubblicazione nel [[1889]] del testo ''Russkie drevnosti'' (Antichità russe), a cura di N.P. Kondakov e I.I. Tolstoj riunì per la prima volta in un unico studio tutti i ritrovamenti di reperti sciti, dal [[Dnepr]] al [[Caucaso]] all'[[Asia centrale]]. La tesi di fondo della pubblicazione mirava a sostenere una parentela universale tra le popolazioni che occuparono la vastità delle steppe russe, ricongiungendo [[Europa]] ed [[Asia]], senza soluzione di continuità. Nei venti anni che seguirono si affermò nel mondo accademico russo l'idea che il paese fosse stato barbarizzato dai popoli asiatici, visti prima come una minaccia e poi come fieri conquistatori. Si sostituì all'immagine terribile dell'invasore [[Mongolia|mongolo]] l'ideale affascinante di un popolo barbarico giovane e slanciato verso la libertà, presto sovrapposto alla vecchia immagine dell'asiatico.<ref>V.Schiltz, ''op. cit.'', p. 101.</ref> Dopo il [[1917]] l'identità nazionale russa si associò a quella temibile degli asiatici. Nacque nel [[1919]] la [[rivista]] ''Skify'' (Gli Sciti), che in prima pagina cantava epicamente il sibilo della freccia e scorgeva nell'identità barbarica scita la nemesi dei valori [[Borghesia|borghesi]]. Con l'avvento della [[Rivoluzione russa]], [[Aleksandr Blok]] ravvisò con ammirazione il trionfo del fiero barbaro scita dagli occhi a mandorla.;<ref>V.Schiltz, ''op. cit.'', p. 102.</ref> l'intero componimento poetico è pervaso da un forte sentimento antioccidentale, immaginando un ruolo di terzietà della nazione russa rispetto ai conflitti politici tra oriente e occidente.<ref>D.Tschižewiskij, ''op. cit.'', p. 330.</ref> Non mancarono però voci critiche: [[Osip Emil'eivč]] già nel [[1914]] intuiva che, dietro l'ostentazione della fierezza scita si nascondesse il crepuscolo della libertà. Nel [[1917]], nel [[poema]] ''A Cassandra'', metteva in guardia ancora una volta i russi dal pericolo delle fascinazioni scite.<ref>V.Schiltz, ''op. cit.'', pp. 102-103.</ref>
 
Il modello degli Sciti come archetipo dell'identità nazionale russa fu fecondo anche nelle arti: ''[[La sagra della primavera]]'' ([[1913]]) di [[Igor Stravinskij]] e [[Nikolaj Roerich]] trae ispirazione dalla Russia [[Paganesimo|pagana]]; è del [[1914]] la ''Suite scita'' di [[Sergei Prokof'ev]]. Il [[pittore]] [[David Burljuk]] sosteneva l'importanza, per la Russia, di un'arte barbarica autoctona capace di ispirarne gli artisti, svolgendo un ruolo analogo a quello delle arti primitive per il [[Cubismo]]. Lo [[scrittore]] [[Boris Pil'njak]] descrisse nel romanzo ''L'anno nudo'' ([[1922]]) una comune [[Anarchia|anarchica]] nei pressi di un [[kurgan]]. Il [[film]] ''Zvenigora'' ([[1928]]) del [[regista]] [[Aleksander Dovzenko]] raccontava invece il rinvenimento di un tesoro scita effettuato dagli artefici del [[Socialismo]].<ref>V.Schiltz, ''op. cit.'', p. 104.</ref>