Ci ragiono e canto: differenze tra le versioni

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'''''Ci ragiono e canto'''''<ref>Il titolo era originariamente ''Nasco, piango, grido, ammazzo, mi faccio ammazzare, faccio all'amore, rido, mi affatico, credo, prego, non credo, crepo, ci ragiono e canto''. Cfr. Piero Perona, ''[http://www.archivio.francarame.it/scheda.asp?id=006443&from=1&descrizione=CIRA Fo ha ambientato sulla scena il nuovo canzoniere italiano]'', articolo del 13 aprile 1966 da ''[[Stampa Sera]]'', in archivio.francarame.it.</ref> è uno spettacolo di [[canti popolari]] diretto da [[Dario Fo]] e allestito dal collettivo teatrale [[Nuova Scena]] nel [[1966]] e successivamente, in una seconda e in una terza edizione.
 
Il lavoro nasce in seno all'[[Istituto Ernesto de Martino]], grazie alle ricerche di [[Cesare Bermani]] e [[Franco Coggiola]], mirando a rappresentare, attraverso le canzoni popolari di tutte le regioni italiane, la condizione del mondo popolare e proletario in Italia, e sviluppando quindi il lavoro di riscoperta cosciente dei repertori tradizionali della Penisola, già alla base, per quel che rigurdariguarda l'attività del [[Nuovo Canzoniere Italiano]], del precedente spettacolo ''Bella Ciao'' ([[1964]]), sottraendoli ai rischi di oblio e di mistificazione. Lo stesso Istituto Ernesto de Martino nasce, contestualmente, in quel periodo, all'indomani della scomparsa del noto studioso.
 
La prima di ''Ci ragiono e canto'' avviene il 16 aprile 1966 al [[Teatro Carignano]] di Torino, con la partecipazione di [[Giovanna Marini]], [[Caterina Bueno]], Silvia Malagugini, Cati Mattea e Franco Coggiola, con i chitarristi [[Ivan Della Mea]] e [[Paolo Ciarchi]]. Questi partecipanti "professionisti" si accompagnano ad interpreti provenienti dal mondo del lavoro, come [[Giovanna Daffini]], l'esordiente [[Rosa Balistreri]], il Gruppo Padano di Piadena e il Coro del Galletto di Gallura guidato da [[Salvatore Stangoni]]<ref>Piero Perona, ''Fo ha ambientato sulla scena il nuovo canzoniere italiano'', cit., in archivio.francarame.it.</ref>. Lo spettacolo, in due tempi, era concepito come raccolta di canti popolari legati al lavoro e tutti i partecipanti erano intesi come "portatori" di culture. Di questa prima edizione scrive Vittorio Serra: