Gaio Vettio Aquilino Giovenco: differenze tra le versioni

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L'impostazione dell'opera è strettamente filologica e Giovenco si attiene rigorosamente al testo originale, come racconta Girolamo nel suo ''De Viris Illustribus'' (''De Vir.Ill.,84)'', il quale afferma che la parafrasi del testo sacro è stata compiuta dall'autore ''paene ad verbum''. L'opera è prosodicamente controllata e lo stile è elegante e manieristico. Non sono presenti deviazioni del testo originale se non in alcune descrizioni paesaggistiche e in qualche riflessione personale di natura morale.
L'opera è importante soprattutto a livello documentaristico e si colloca in quel filone letterario sorto fra il IV ed il V secolo i cui autori cristiani partivano dal presupposto che la ''vis doctrinaria'' della Bibbia dovesse essere abbellita poeticamente con intento didattico e pedagogico, come missione evangelica e servizio culturale ai contemporanei e ai posteri; Giovenco ha cercato di vivacizzare il racconto evangelico ricorrendo a una larghissima aggettivazione e cercando di sdrammatizzare, anche visivamente, i fatti raccontati. L'ispirazione giovenchiana, in un certo senso, si può dire abbia preceduto quella di autori maggiori quali [[Sant'Ambrogio|Ambrogio]], [[Prudenzio]], [[Paolino di Nola]], i quali hanno poi sviluppato la poesia latina cristiana come forma d'arte dal valore estetico autonomo.
 
== Note ==