Panfilo Gentile: differenze tra le versioni

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{{quote| Non esistono 'venti della Storia'. Nessuno sa mai dove ci porta la Storia| Panfilo Gentile, ''Democrazie mafiose''}}
==Biografia==
Dopo essersi laureato in giurisprudenza, divenne libero docente di filosofia del diritto che insegnò nelle [[università di Bologna]] e [[Università di Napoli Federico II|Napoli]]<ref name="Diz_Bio">Fonte: ''Dizionario Biografico degli Italiani'', riferimenti in Bibliografia.</ref>. Collaborò proficuamente con ''[[La Stampa]]'', con il ''[[Corriere della seraSera]]'' e diresse ''[[La Nazione]]'' nel [[1950]] per alcuni mesi. Tentò, con scarsa fortuna, anche la via della politica convergendo nel [[Movimento Liberale Indipendente]], costola sinistra del [[Partito Liberale Italiano (1943-1994)|PLI]]. L'avventura durò circa tre anni, quando i due schieramenti si ricomposero sotto le insegne originarie del [[Partito liberale italiano]], di cui fu segretario insieme a Mario Ferrara e a [[Manlio Lupinacci]], chiamati scherzosamente "la Trimurti". [[Indro Montanelli|Montanelli]] li prendeva amabilmente in giro dicendo che, nella sede di via del Pozzetto, a Roma, accettavano l'iscrizione al partito di chiunque sapesse giocare a [[tressette]], stanchi com'erano di giocare sempre "col morto".
 
==La polemica contro la partitocrazia==
Personalità di stampo [[Laicismo|laico]]-[[Liberalismo|liberale]], Gentile per tutto il [[XX secolo|Novecento]] si eresse a voce libera e critica soprattutto contro i regimi di massa, in particolar modo fu un attento lettore, per certi versi anche anticipatore, della [[partitocrazia]], già da allora paventata. Emblematico al riguardo il suo saggio ''Democrazie mafiose'', del [[1969]], esame più che profetico sulla decomposizione dei partiti a nicchie di potere.
Cercò in quel trattato di dimostrare che tutte le democrazie sono necessariamente mafiose perché tutte, vengono governate da ''[[Élite (sociologia)|elites]]'' demagogiche che ammaliano le masse soltanto per conservare tenacemente il potere a loro profitto. Dove il termine ''mafiose'' verso organismi ed istituzioni era da intendere come la vittoria degli interessi di parte e corporativi sull'interesse generale.
 
Dopo essersi laureato in giurisprudenza, divenne libero docente di filosofia del diritto che insegnò nelle [[università di Bologna]] e [[Università di Napoli Federico II|Napoli]]<ref name="Diz_Bio">Fonte: ''Dizionario Biografico degli Italiani'', riferimenti in Bibliografia.</ref>. Collaborò proficuamente con ''[[La Stampa]]'', con il ''[[Corriere della sera]]'' e diresse ''[[La Nazione]]'' nel [[1950]] per alcuni mesi. Tentò, con scarsa fortuna, anche la via della politica convergendo nel [[Movimento Liberale Indipendente]], costola sinistra del [[Partito Liberale Italiano (1943-1994)|PLI]]. L'avventura durò circa tre anni, quando i due schieramenti si ricomposero sotto le insegne originarie del [[Partito liberale italiano]], di cui fu segretario insieme a Mario Ferrara e a [[Manlio Lupinacci]], chiamati scherzosamente "la Trimurti". [[Indro Montanelli|Montanelli]] li prendeva amabilmente in giro dicendo che, nella sede di via del Pozzetto, a Roma, accettavano l'iscrizione al partito di chiunque sapesse giocare a [[tressette]], stanchi com'erano di giocare sempre "col morto".
 
== Alcune opere ==