Kundun: differenze tra le versioni

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Mentre la Cina è scossa dalla [[Guerra civile cinese|guerra civile]] e finisce regione per regione sotto il controllo di [[Mao Zedong|Mao Tse-Tung]], il giovane Kundun scrive una lettera al [[Presidente degli Stati Uniti]], il signor [[Harry Truman|Truman]], nella speranza che un giorno gli [[Stati Uniti]] affiancheranno il [[Tibet]] per garantirne l'indipendenza, ma un improvviso lutto lo segna: la morte del padre, di cui compie i riti funebri su richiesta della madre. Nel [[1949]] Mao e i suoi comunisti prendono il controllo totale della Cina che, sotto di lui, dopo un periodo di guerre e frammentazioni, si riunisce nella nuova e potente [[Repubblica Popolare Cinese]] e il suo primo decreto è l'annessione del [[Tibet]]: il [[Dalai Lama]] dovrà accettare di essere un funzionario della "madrepatria" cinese, cedendo in tal modo la questione della difesa e dei rapporti internazionali all'attenta supervisione del governo di [[Pechino]]. Kundun è però di parere contrario: secondo lui, il Tibet non è in nessun caso parte della [[Cina]].
 
Nel momento in cui interpella le divinità tutelari, secondo le consolidate usanze tibetane, Taktra informa il quattordicesimo Dalai Lama dell'avanzata delle truppe cinesi a [[Chamdo]], ma subito dopo giunge una notizia ancora più drammatica: alcuni funzionari locali e alti dignitari del governo avrebbero firmato un accordo in diciassette punti a nome e per conto del Dalai Lama, che in realtà non era stato interpellato. Kundun incontra il generale cinese [[Chang Jing Wu]], ma rifiuta di firmare l'accordo, facendo addirittura una tenace e spiazzante scena muta di fronte agli stranieri, che se ne vanno infuriati. L'anno dopo, il [[17 novembre]] [[1950]], accetta di essere incoronato [[Dalai Lama]], assumendo pieni poteri governativi e religiosi, nonostante all'inizio avesse espresso il desiderio di essere investito una volta compiuti i diciotto anni, come avvenuto per tutti i [[Dalai Lama]] prima di lui. Subito dopo l'intronizzazione si trasferisce al [[monastero di Dunkhar]], al confine con l'[[India]].
 
Dopo aver nominato i due primi ministri, il [[Tenzin Gyatso|Prezioso Protettore]] invia delegazioni in [[Cina]], [[Stati Uniti]], [[Nepal]], [[Gran Bretagna]], [[India]] e all'[[Onu]], perché venga riconosciuta al [[Tibet]] la sua legittima indipendenza, ma nessuno degli interpellati accorda il proprio aiuto al [[Tibet]]. Sconfortato, Kundun accetta di andare a [[Pechino]] per incontrare il [[Mao Zedong|presidente Mao]] in persona. Il giovane re-monaco rimane abbagliato dallo sviluppo industriale dei cinesi e confida nelle promesse del governo comunista, sostenendo che l'insegnamento del [[Gautama Buddha|Buddha]] e il [[socialismo]] possono conciliarsi a tutti gli effetti. All'inizio, Mao si dimostra affabile e cordiale, tanto che il Dalai Lama spera di poter mediare con gli occupanti, diminuendo il peso dell'invasione, ma durante l'ultimo incontro, il presidente cinese sostiene che la [[religione]] sia [[veleno]], l'[[oppio]] dei popoli.