Filosofia cristiana: differenze tra le versioni

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==Rapporti tra filosofia e teologia==
Il problema del rapporto tra filosofia e teologia, e di una loro possibile demarcazione, apparve la prima volta con l'annuncio della rivelazione cristiana.<ref>Cfr. Pierre Hadot ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', Einaudi, Torino 2002.</ref> Il rapportarsi della filosofia con la fede fu infatti vagliata alla luce di una forte coscienza critica da parte di alcuni Padri della Chiesa (ad es. [[Ireneo]], o [[Tertulliano]]), che mettevano in guardia dai pericoli dell'eresia cui essa può indurre nei confronti della fede, sulla scorta della predicazione di [[San Paolo]].<ref>Dice [[San Paolo]]: «Badate a non farvi ingannare con la filosofia» Paolo, in ''Colossesi'', 8, riferendosi però alla sapienza sofistica delle tradizioni umane che lui contrappone più volte alla sapienza divina, la quale egli invita a conoscere con gli "occhi della mente" (cfr. ''Rm'' 1, 20).</ref>
 
Ciò nonostante i primi Padri della Chiesa tennero a confrontare la loro fede con i requisiti della [[ragione]], puntando alla religione come a una forma di conoscenza, e a Dio come ''[[Logos]]''. Ciò trovava fondamento, oltre che nell'appoggio della concretezza storica espressa dalla carnalità del [[Cristo]], anche nella sintesi del [[Vangelo di Giovanni]], dove il ''Lògos'', all'origine dell'ordine razionale del mondo, è sapienza di Dio in ogni realtà, attraverso cui tutto è stato fatto.
 
===Età medioevale===
In seguito la [[teologia cristiana]] assumerà sempre più le vesti della filosofia, ovvero di un tentativo di pensare la divinità anche con gli strumenti della ragione, non tanto per rinforzare la fede, quanto allo scopo di difenderla dalle critiche nei suoi confronti. La filosofia "ancella della [[fede]]" è così la concezione rintracciabile in questi primi costruttivi rapporti tra filosofia e religione, ad es. in Clemente Alessandrino,<ref>Clemente Alessandrino, ''Stromata'', I, 5, che così si esprime: «La dottrina del Salvatore è perfetta in se stessa e non ha bisogno di appoggio, perché essa è la forza e la sapienza di Dio. La filosofia greca, col suo apporto, non rende più forte la verità, ma siccome rende impotente l'attacco della [[sofistica]] e disarma gli attacchi proditori contro la verità, la si è chiamata a ragione siepe e muro di cinta della vigna».(37)</ref> e in tutta la cultura medioevale da [[Alberto Magno]]: «''ad theologiam omnes aliae scientiae ancillantur''»,<ref>Alberto Magno, ''[[Summa Theologiae]]'', I, VI, I, 6</ref> fino a san [[Tommaso d'Aquino]],<ref>«Pensiero e ragione si possono conciliare, anzi, la ragione serve agli esseri umani per interrogarsi anche su alcuni enigmi di fede. Lo scopo della fede e della ragione è lo stesso, se poi la ragione si trova in contrasto con la fede deve cedere a questa» (San Tommaso, ''Summa contra gentiles'')</ref> e [[san Bonaventura]].
 
Tommaso d'Aquino dà una nuova sistemazione organica alla filosofia partendo dall'identificazione aristotelica con la [[metafisica]]: la filosofia viene elevata al rango di una delle più nobili discipline dell'uomo, e le viene assegnato innanzitutto il compito di accogliere e comprendere i ''praeambula'' della fede: secondo Tommaso la filosofia consente di approdare ad alcune verità fondamentali, quali la conoscenza razionale dell'esistenza di Dio, come era accaduto ad esempio ad [[Aristotele]] che pure ignorava la rivelazione cristiana. Queste conoscenze permettono di elevarsi all'intelligenza delle verità rivelate. Esse verranno poi confuse in epoca illumisita con la capacità di «dimostrare» con la ragione i fondamenti della fede.<ref>Cfr. Perone, Ferretti, Ciancio, Storia del pensiero filosofico, vol. III, pag. 563, SEI, Torino 1988 ISBN 88-05-01687-X</ref>.
 
Per tutto il periodo medioevale la filosofia continua così a camminare parallelamente con lo sviluppo del pensiero religioso, pur se alcuni autori, come [[Guglielmo d'Ockham]], marcheranno l'esigenza di un'autonomia del pensiero sperimentale nei confronti della religione, sottolineando l'impossibilità di decifrare con la ragione i misteri della fede.
 
===Età moderna===
Con il [[Rinascimento]] prevalgono due tendenze: da un lato vi è [[Marsilio Ficino]] che estende il concetto di filosofia cristiana anche agli autori pre-cristiani come Platone; egli ritiene che, sebbene religione e filosofia siano inevitabilmente un'espressione storica, laddove però la verità rivelata aspiri a una sua propria legittimazione metastorica (ovvero trascendente) la filosofia è ''philosophia perennis'', una perpetua rimeditazione che rinnova continuamente le sue regole e i suoi concetti. Per cui esiste un'eterna «pia filosofia», antitetica alle correnti di pensiero atee e materialiste, che attraversa i secoli e culmina col cristianesimo. D'altro lato prevale una tendenza maggiormente rivolta all'[[umanesimo|uomo]] e alla [[naturalismo (filosofia)|natura]], iniziando quel processo di allontanamento del pensiero filosofico nei confronti della religione che caratterizzerà l'[[età moderna|era moderna]]. [[Bernardino Telesio|Telesio]] sostenne che la natura va studiata ''secondo i suoi propri princìpi'', riproponendo così però la visione tipicamente aristotelica di una ragione immanente agli organismi. Alcuni, come [[Tommaso Campanella|Campanella]], adattarono la teologia cristiana ad una concezione tipica della filosofia [[naturalismo (filosofia)|naturalistica]], dove tuttavia rimangono forti le influenze neoplatoniche e agostiniane. Ma è con [[Galileo Galilei|Galilei]] che inizia lo sviluppo del [[metodo scientifico]], in cui prevale la rinuncia a studiare le essenze qualitative della natura, in favore di un approccio meramente quantitativo e matematico.<ref>«...e stimo che, tolti via gli orecchi le lingue e i nasi, restino bene le figure i numeri e i moti, ma non già gli odori né i sapori né i suoni, li quali fuor dell'animale vivente non credo che sieno altro che nomi, come a punto altro che nome non è il solletico e la titillazione, rimosse l'ascelle e la pelle intorno al naso» (G. Galilei, ''Il Saggiatore'', cap. XLVIII).</ref>
 
Mentre Galilei sosteneva una separazione tra l'autorità religiosa e quella in ambito scientifico, ma pur sempre nell'ottica di una reciproca autonomia e di una pacifica convivenza, con lo sviluppo del [[deismo]] nacque una nuova forma di religiosità avulsa dal cristianesimo, la quale basandosi sulla [[ragione]] prescindeva completamente da ogni rivelazione positiva e da ogni forma di influenza ecclesiastica. Con l'[[illuminismo]] e in particolare con [[Immanuel Kant|Kant]], questa autonomia della ragione diede luogo a un'impostazione talmente radicale, non solo nella pratica scientifica, ma anche negli aspetti più teoretici oggetto della "pura ragione", da sconfinare poi nella celebre sentenza di [[Nietzsche]], ''Dio è morto'': con questa egli esprimeva non solo il rifiuto della credenza in qualsivoglia ordine cosmico o fisico, ma anche il rifiuto dei valori assoluti stessi.
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==La filosofia cristiana al giorno d'oggi==
Più volte nei secoli esponenti del pensiero cristiano, quali ad esempio [[Tommaso d'Aquino]], o anche documenti ufficiali della sede papale, si sono soffermati sul rapporto fra fede e ragione, per marcare il punto di vista cattolico, sulla risoluzione di questo rapporto; una recente [[enciclica]], promanata da [[papa Giovanni Paolo II]] con il nome appunto di ''[[Fides et Ratio]]'', ha riproposto la dottrina della Chiesa su questo punto.
 
L'enciclica presenta lo [[anima|spirito]] dell'uomo come compreso tra due ali che sono appunto la [[fede]] e la [[ragione]]. Mancando un sola delle due non si può spiccare il volo alla ricerca della [[verità]]. Nessuna fede può essere accettata se prima non è pensata dall'[[intelletto]]: Dio si rivela all'intelligenza, dà spiegazione intelligibile del suo amore. L'amore di Dio è oggetto di Rivelazione e quindi comunicato all'uomo che la conoscerà tramite la sua razionalità.<ref>Vedi [http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_14091998_fides-et-ratio_it.html testo integrale dell'enciclica ''Fides et Ratio'']</ref>.