Filosofia della natura: differenze tra le versioni

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Occorre premettere che quello di ''filosofia della natura'' è un termine dai molteplici significati.
 
Da un punto di vista storico essa coincideva con lo studio della [[fisica]] prima dello sviluppo della [[scienza|scienza moderna]].<ref>Cfr. Maurizio Pancaldi, Mario Trombino, Maurizio Villani, ''Atlante della filosofia: gli autori e le scuole, le parole, le opere'', Hoepli editore, 2006, p. 515 ISBN 88-203-3620-0.</ref> È considerata la controparte, o dai [[positivismo|positivisti]] la precorritrice, di ciò che oggi si chiama [[Scienze naturali|scienza naturale]]. Fu una specifica disciplina filosofico-scientifica di grande importanza storica, tramontata per vari motivi tra la fine del [[XVIII secolo|XVIII]] e l'inizio del [[XIX secolo]].<ref>Si deve tra gli altri a [[Kant]] l'aver distinto la "filosofia naturale", che si occupa dei principi [[a priori]]'' fondanti la conoscenza della natura, dalla "fisica" che si limita invece ad applicare quei principi (cfr. [http://www.treccani.it/enciclopedia/filosofia-della-natura_%28Dizionario_di_filosofia%29/ Dizionario della filosofia Treccani]).</ref> Prima di allora la ''filosofia naturale'' aveva rappresentato per molti secoli l'avanguardia dell'indagine scientifica, che coniugava l'osservazione sperimentale con la riflessione filosofica.
 
Da un punto di vista teorico invece, l'odierna riflessione filosofica sulle recenti teorie fisiche e [[Biologia|biologiche]] può essere considerata, per alcuni aspetti, una ripresa delle indagini tipiche della filosofia naturale. In questo contesto sarebbe opportuno distinguere una [[filosofia della fisica|filosofia della natura fisica]] da una [[filosofia della biologia|filosofia della natura biologica]] (talvolta chiamata anche ''filosofia dell'organismo'' o ''biologia filosofica''), discipline che si sono rese via via più autonome all'interno di quella branca più generica nota come [[filosofia della scienza]].
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===Stoicismo e neoplatonismo===
La negazione del vuoto viene ribadita dallo [[stoicismo]], per il quale l'universo è un tutto omegeneo, concepito come un unico grande organismo, regolato da intime connessioni (''sympathèia'') fra le sue parti, grazie al soffio vitale che pone ordine nella materia inerte, platonicamente denominato «[[Anima del mondo]]». La tesi contro cui gli stoici si rivolgono è quella [[epicureismo|epicurea]], potratrice di una visione atomistica erede di Democrito, al cui meccanicismo contrappongono il [[finalismo]] della [[Provvidenza]].<ref>Cfr. Hans Von Arnim, ''Stoicorum veterum fragmenta'' I, frammenti 171-172; ''SVF'' II, fr. 1153.</ref>
 
In seguito, [[Plotino]] riprende la polemica platonica contro gli atomisti,<ref>«Quanto sia assurdo attribuire al meccanicismo e al caso l'esistenza e la formazione dell'universo è chiaro, anche prima di ogni ragionamento» (Plotino, ''Enneadi'', trad. di G. Faggin, Milano, Rusconi, 1992, p. 351).</ref> ponendo una distinzione fondamentale tra naturale e artificiale. "Naturale" è ciò che [[processione (teologia)|procede]] dal semplice al composto; "artificiale" significa all'inverso partire dai molti per costruire l'uno.<ref>[[Vittorio Mathieu]], ''Come leggere Plotino'', collana diretta da G. Reale, Bompiani, Milano 2004.</ref> La vita non può essere riprodotta artificialmente, perché non è il risultato di assemblaggi o combinazioni atomiche ad essa esterne, ma nasce da un principio interiore talmente semplice da essere immateriale. Questo principio è l'[[intelligenza]], nella quale risiedono le [[Idee]], che se da un lato sono trascendenti, dall'altro diventano immanenti alla natura, andando a costituire la ragione formante (o ''[[logos]]'') degli individui, in maniera simile ai [[gene|caratteri genetici]], o al concetto aristotelico di ''[[entelechia]]''.
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Con Plotino ha inizio una lunga corrente [[neoplatonismo|neoplatonica]], la quale, fondendosi col [[Cristianesimo]], durerà fino al Rinascimento passando per il [[Medioevo]].
 
La nozione dell'[[Anima Mundi]] permeerà in particolare l'[[agostinismo]], soprattutto in seguito al commentario del ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'' di Platone operato da [[Calcidio]], che le attribuiva una «natura razionale incorporea».<ref>Cfr. Calcidio, ''Commentario al Timeo di Platone'', Milano 2003 ISBN 88-452-9232-0.</ref> Se ne troveranno cenni in [[Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]], [[Dionigi l'Areopagita]] e [[Giovanni Scoto Eriugena]].
 
In questa fase la natura viene studiata prevalentemente in rapporto al sovrannaturale, interpretata come un luogo di presenze oscure e simboliche, inizialmente legato a rituali pagani e magici che furono progressivamente integrati e riadattati dalla [[Chiesa]] in funzione del processo di evangelizzazione dell'[[Europa]]. Gli aspetti della natura, suddivisi nei tre regni, animale, vegetale e minerale, trovano nei generi letterari rispettivamente dei [[bestiario|bestiari]], [[erbario|erbari]] e [[lapidario|lapidari]], una forma di conoscenza rivolta più che altro ad una prospettiva [[allegoria|allegorica]].<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/medioevo-rinascimento-la-scienza-bizantina-e-latina-immagini-della-natura_%28Storia-della-Scienza%29/ Enciclopedia Treccani].</ref>
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[[File:Illustration of a hermaphrodite from the Aurora consurgens (15th century).jpg|130px|left|thumb|Una miniatura del manoscritto ''Aurora consurgens'' di una stampa risalente al XV secolo (ermafrodito simboleggiante la dualità dello stato solido e gassoso)<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/medioevo-la-scienza-bizantina-e-latina-nascita-di-una-scienza-europea-l-alchimia-nel-medioevo-latino-e-greco_%28Storia-della-Scienza%29/ Enciclopedia Treccani].</ref>]]
Discepolo di Alberto fu [[Tommaso d'Aquino]], che analogamente si propose di conciliare la [[rivelazione cristiana]] con la [[aristotelismo|dottrina di Aristotele]], riformulandone in chiave nuova la concezione della [[verità]] come corrispondenza tra intelletto e realtà,<ref>Il logico e matematico [[Alfred Tarski]] ha posto la concezione aristotelico-tomista dell'''adequatio rei et intellectus'' a fondamento della moderna concezione semantica della verità (cfr. ''Enciclopedia Treccani'' alla voce "Alfred Tarski"). «La concezione della verità come corrispondenza (''adaequatio'') oltre che da Tommaso d'Aquino è condivisa da tutti coloro che hanno una concezione [[realismo (filosofia)|realistica]] della [[conoscenza]], sia nella versione platonica (Platone, Agostino, Popper), sia in quella aristotelica (Aristotele, Tommaso d'Aquino, Tarski), oppure una concezione fenomenistica (Kant)» (cit. da [[Battista Mondin]], ''Manuale di filosofia sistematica: Cosmologia. Epistemologia'', vol. I, pag. 263, Bologna, ESD, 1999).</ref> e sviluppando il concetto di ''[[analogia entis]]'' e di [[astrazione (filosofia)|astrazione]], il cui utilizzo è stato rivalutato tuttora in più recenti scoperte scientifiche.<ref>Cfr. F. Bertelè, A. Olmi, A. Salucci, A. Strumia, ''Scienza, analogia, astrazione. Tommaso d'Aquino e le scienze della complessità'', Padova, Il Poligrafo, 1999.</ref> In virtù dell'analogia, o similitudine, esiste secondo Tommaso un perenne passaggio dalla [[Potenza (Aristotele)|potenza]] all'[[atto (Aristotele)|atto]] che struttura gerarchicamente la natura secondo una scala ascendente che va dalle piante agli animali, e da questi agli uomini, fino agli [[angelo|angeli]] e a [[Dio]], che in quanto motore immobile dell'universo è responsabile di tutti i processi naturali. Le intelligenze angeliche hanno una conoscenza [[intuizione|intuitiva]] e superiore, che permette loro di sapere immediatamente ciò a cui noi invece dobbiamo arrivare tramite l'esercizio della [[ragione]]. Tommaso mantenne comunque una certa terminologia neoplatonica parlando anch'egli di un<nowiki>'</nowiki>''Anima Mundi'', causa della Natura, che derivava ''"post aeternitatem"'' dalle Intelligenze, sussistenti ''"cum aeternitate"'', le quali a loro volta discendevano dall'[[Uno (filosofia)|Uno]] o Bene, causa prima ''"ante aeternitatem"''.<ref>Cfr. C. Fabro, ''Partecipazione e causalità secondo S. Tommaso d'Aquino'', Società Editrice Internazionale, Milano 1958.</ref> Nell'opera di Tommaso, l'attenzione rivolta agli aspetti vitali del mondo fisico troverà espressione in un trattato dedicato all'[[alchimia]],<ref>[[Tommaso d'Aquino]], ''L'alchimia ovvero trattato della pietra filosofale'', trad. di P. Cortesi, Newton & Compton, 1996 ISBN 88-8183-557-6.</ref> ed un altro intitolato ''[[Aurora consurgens]]''.<ref>Tommaso d'Aquino, ''Aurora Consurgens'', a cura di P. De Leo, Kemi, 2002 ISBN 9786001344343.</ref>
 
Mentre Tommaso insegnò soprattutto a [[Parigi]], altre scuole crebbero di rinomanza, come quella inglese di [[Oxford]], dove operò [[Ruggero Bacone]], anch'egli seguace di Aristotele ma attestato su posizioni diverse da quelle [[Tommaso d'Aquino|tomiste]], ignorando di fatto il significato attribuito da Tommaso all<nowiki>'</nowiki>''analogia entis'',<ref>«Si trattava di un vero e proprio fraintendimento del significato dei termini: ciò che a Parigi era analogo finì, di fatto, per essere univoco a Oxford. Di conseguenza, adottando una concezione univoca dell'ente, Ruggero Bacone e la scuola inglese non potevano che prospettare una scienza di tipo matematizzato, mentre la scuola di Parigi [...] non aveva difficoltà a concepire, insieme alle ''scientiae mediae'', [...] anche delle scienze non matematizzate» (James A. Weisheipl, ''[http://books.google.it/books?id=xtB03j8JC2AC&pg=PA6&lpg=PA6&dq=%22Ma+ciò+che+è+più+interessante+non+è+tanto+il+fatto+che+nel+XIII%22&source=bl&ots=ydXkkWKEtn&sig=GJlp9Dym7Jb-O-jxLF85-Qo-YcY&hl=it&sa=X&ei=227IUc-5L_KQ4ATDpICICg&ved=0CC0Q6AEwAA#v=onepage&q&f=false Alberto Magno e le Scienze]'', trad. di Alberto Strumia, Bologna ESD, 1994, p. 6).</ref> e adottando così esclusivamente una scienza di tipo [[matematica|matematizzato]], che precorrendo il metodo di [[Galileo Galilei|Galilei]] escludeva dallo studio della natura tutto ciò che non fosse riconducibile a rapporti numerici e quantitativi (conducendo all'eclissi del concetto di analogia).<ref>[http://books.google.it/books?id=xtB03j8JC2AC&pg=PA7&lpg=PA7&dq=%22una+scienza+di+tipo+matematizzato%22&source=bl&ots=ydXkkWKLsm&sig=kydD1SDt3a0UwiG4LVv3FexM6CU&hl=it&sa=X&ei=jHHIUarXBOml4gSU34HICA&ved=0CC8Q6AEwAA#v=onepage&q&f=false ''Ivi'', p. 7].</ref> Rivalutando la [[esperimento|sperimentazione]] nella conoscenza del mondo naturale, Bacone distinse la magia cerimoniale, o demoniaca, da una positiva, che è la magia naturale o [[alchimia]], la quale opera in accordo con le leggi di natura e consente di svelarne i segreti; egli andò così a costituire per quei tempi «la più fervida difesa dell'astrologia e della magia».<ref>Eugenio Garin, ''Magia ed astrologia nella cultura del Rinascimento'', in "Medioevo e Rinascimento", Laterza, Roma-Bari 1984, p.155.</ref>
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Col [[Rinascimento]] torna in auge il [[neoplatonismo]], che appariva più in accordo con una visione [[magia|magica]] ed [[esoterismo|esoterica]] della natura, tipica di questo periodo, mentre l'[[aristotelismo]] rimane relegato in specifiche scuole.<ref>La più celebre di queste fu quella [[aristotelismo padovano|padovana]].</ref> La riscoperta dell'antico ''[[Corpus Hermeticum]]'' attribuito ad [[Ermete Trismegisto]], che viene tradotto da [[Marsilio Ficino]] su incarico di [[Cosimo de' Medici]], contribuisce a incrementare l'interesse per l'[[alchimia]]. Si va alla ricerca di un sapere unitario, organico, coerente, che funga da raccordo di tutte le conoscenze dello scibile umano, e che sappia ricondurre la molteplicità nell'unità, la diversità nell'identità. Tale è ad esempio il proposito di [[Pico della Mirandola]], che nella sapienza della [[Cabala]] cerca di decifrare gli oscuri rapporti che legano tra loro ogni aspetto della natura.<ref>«Non vi è scienza che ci dia maggiori certezze sulla divinità del [[Cristo]] della [[magia]] e della [[cabala]]» (Pico della Mirandola, cit. da François Secret, ''I cabbalisti cristiani del Rinascimento'', trad. it., Arkeios, Roma 2002, e in [http://www.zen-it.com/ermes/studi/Pico.htm Zenit studi. Pico della Mirandola e la cabala cristiana]).</ref>
 
[[File:Serpiente alquimica.jpg|135px|left|thumb|L'[[Ouroboros]], simbolo dell'[[alchimia]] e dei cicli della natura]]Ricevono così grande impulso numerose discipline come la [[matematica]], la [[geometria]], la [[numerologia]], l'[[astronomia]], che risultano connesse tra loro e mirano tutte a interpretare la natura in chiave simbolica e unitaria. La ricerca della [[pietra filosofale]], ad esempio, nasce dalla convinzione che tutti gli elementi dell'universo, corrottosi a causa del [[peccato originale]], provenissero da un'unica sostanza originaria ([[quintessenza]]), che si tenta ora di riprodurre in laboratorio tramite appunto la creazione di un agente [[catalizzatore]], capace di riportare la [[materia (filosofia)|materia]] alla sua antica purezza [[spirito (filosofia)|spirituale]].<ref>Cfr. A. M. Partini, ''Introduzione all'alchimia'', sulla Rivista «Simmetria» n. 3, 2000/2001.</ref>
 
[[File:1660 engraving Scenographia Systematis Copernicani.jpg|300px|right|thumb|L'universo concentrico elaborato da Copernico]]
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=== Dal Romanticismo al Novecento ===
[[File:JosephWright-Alchemist.jpg|150px|thumb|Alchimista in cerca della pietra filosofale]]
La reazione a questa corrente meccanicista si avrà col [[Romanticismo]], nel quale si verifica un ritorno alle scienze esoteriche, alla magia e all'[[alchimia]].<ref>Cfr. Francesco Attardi, ''Viaggio intorno al Flauto magico'', Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2006, p. 235 ISBN 88-7096-450-7.</ref> Per [[Goethe]] la natura è «la veste vivente della divinità»,<ref>Andrzej Kobyliński, ''Modernità e postmodernità: l'interpretazione cristiana dell'esistenza al tramonto dei tempi moderni nel pensiero di Romano Guardini'', Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1998, p. 159.</ref> in cui prevalgono due forze: una di [[sistole]], cioè di concentrazione in un'entità individuale, e una di [[diastole]], ossia di espansione illimitata; i modelli e gli archetipi che essa custodisce possono essere dischiusi dallo scienziato solo mediante un'osservazione attiva, cioè una disposizione d'animo che normalmente si attribuirebbe all'artista. Anche per [[Johann Georg Hamann|Hamann]] e [[Johann Gottfried Herder|Herder]] la natura è un organismo vivente, una totalità organizzata unitariamente.
 
[[Kant]] invece, se nella ''[[Critica della ragion pura]]'' concepiva l'[[essere]] come un semplice [[quantificatore]] e non un predicato, interpretando il cosmo alla stregua di un meccanismo sottomesso alle leggi dell'[[io penso]] (per il quale ogni realtà per poter essere conosciuta deve prima entrare a far parte della nostra esperienza), nella ''[[Critica del Giudizio]]'' recupera una visione finalistica della natura, da interpretare in chiave simbolica come inesauribile e spontanea forza vitale dove si esprime la divinità.
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* '''Analogia''': l'affinità dei fenomeni, con la quale Schelling abilmente utilizza e generalizza alcune importanti scoperte scientifiche.
 
Mentre per Schelling la Natura è il negativo, o il contraltare, dello Spirito razionale, attingibile solo nell'atto creativo e immediato dell'[[Assoluto]], per [[Hegel]] essa diventa un aspetto della [[Ragione]] stessa, nel momento in cui si estranea nell'«altro da sé». ''Filosofia della Natura'' è quindi per Hegel lo studio della caduta dell'[[Idea]] nella realtà, durante il suo procedere [[dialettico]]: mentre la [[Logica]] è l'Idea «in sé» (tesi), la Natura è l'Idea «per sé» (antitesi), prima di acquisire infine piena [[autocoscienza]] nello [[Spirito (filosofia)|Spirito]] assoluto (sintesi) che è «in sé e per sé». La natura secondo Hegel rappresenta quindi l'Idea che ha perso la sua perfezione diventando necessitata e contingente nel tentativo di riproporre nella concretezza la razionalità pura dello Spirito. Questo aspetto, che cerca di spiegare gli inconvenienti della natura con l'abbandono della materia da parte dello Spirito per approdare al momento finale della sintesi, diventa però oggetto di critiche da parte dei contemporanei di Hegel,<ref>Il sostanziale disinteresse da parte di Hegel nei confronti della ''Filosofia della Natura'' fu del resto esplicitato dallo stesso Hegel in una lettera in cui criticava l'operato del suo ex-amico Schelling: «Io ho avuto troppo da fare [...] con la matematica, [...] il calcolo differenziale, la chimica, per lasciarmi prendere dall'impostura della Filosofia della Natura, da questo filosofare senza conoscenza fattuale, [...] e dalla trattazione di mere fantasticherie» (G. W. Hegel, citato in Karl Popper, ''La società aperta e i suoi nemici'', vol. II, p. 39, Roma, Armando, 2003).</ref> in particolare di Schelling, che gli contesta l'incapacità di cogliere l'aspetto volontario e non necessario del passaggio alla realtà: il presunto estraniarsi dell'Idea nell'«Altro-da-sé» della filosofia hegeliana, infatti, avviene sempre all'interno del processo iniziale, in una maniera automatica che non rende ragione della caducità e della disgregazione a cui la Natura spesso è assoggettata.<ref>Cfr. Leonardo Lotito, ''Potenza e concetto nella critica schellinghiana a Hegel'', Milano, Guerini, 2006.</ref>
 
All'insegnamento di Schelling attingerà invece [[Schopenhauer]] (nonostante le dure critiche da costui rivolte ai tre esponenti dell'[[idealismo tedesco]]), in particolare riguardo al tema dell'[[analogia (filosofia)|analogia]], in virtù della quale tutti gli elementi della natura presentano corrispondenze e consonanze reciproche, essendo in fondo [[oggetto (filosofia)|oggettivazioni]] di una stessa [[Volontà]] universale, che per Schopenhauer è da intendere come il principio originario al posto dell'[[Assoluto]] schellinghiano: «L'oscura conoscenza di ciò diede probabilmente origine alla [[Kabbala]] e a tutta la [[numerologia|filosofia matematica]] di [[pitagorismo|pitagorici]] e [[taoismo|cinesi]]: e anche la scuola schellinghiana, nel suo sforzo di mostrare le analogie tra tutte le apparenze della natura, tentò, benché spesso malamente, di derivare le leggi della natura dalle pure leggi dello spazio e del tempo».<ref>Schopenhauer, ''Il mondo come volontà e rappresentazione'', trad. di P. Savj-Lopez e G. De Lorenzo, Roma-Bari, Laterza, 1982, p. 208, cit. in Marco Segala, ''Schopenhauer è antischellinghiano?'', "Rivista di Filosofia", XCII, n. 2, 2001, pp. 235-265.</ref>
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* F. W. Schelling, ''Filosofia della natura e dell'identità. Scritti del 1802'', a cura di C. Tatasciore, Guerini e Associati, 2002
* V. Allori, M. Dorato, F. Laudisa, N. Zanghì, ''La natura delle cose. Introduzione ai fondamenti e alla filosofia della fisica'', Carocci 2005
* M. Cacciari, ''Filosofia della natura, oggi'', “Micromega. Almanacco di Filosofia”, 5, 2002, pp. 151-161&nbsp;151–161
* M. Artigas, J. J. Sanguineti, ''Filosofia della natura'', Mondadori Education, 1989
* P. Ponzio, ''Tommaso Campanella. Filosofia della natura e teoria della scienza'', Vestigia, 2001 ISBN 88-7949-269-1