Teoria della comunicazione: differenze tra le versioni

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*un [[contesto (linguistica)|contesto]] (che è l'insieme della situazione generale e delle circostanze particolari in cui ogni evento comunicativo è inserito). Per poter compiere tale operazione sono necessari
*un codice che risulti comune a mittente e destinatario, e
*un contatto (o canale) che è una connessione fisica e psicologica fra mittente e destinatario, che consenta loro di stabilire la [[comunicazione]] e mantenerla.
 
Secondo Jakobson, ai sei fattori della comunicazione verbale corrispondono sei [[funzioni del linguaggio]]:
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*la [[funzione metalinguistica]] (riferita al ''codice'').
 
Si ha ''funzione referenziale'' (puntamento verso ciò di cui si parla) quando, nel comunicare qualcosa, il parlante collega due serie di elementi: le parole con i referenti, compiendo un'operazione che è alla base del linguaggio, la [[referenza]]. Il parlante, per poter compiere questo processo, deve possedere una conoscenza extra-linguistica che gli permetta di comprendere e utilizzare il fenomeno della [[coreferenza]] oltre che condividere il codice per una [[competenza testuale]] comune.
 
Si ha ''funzione emotiva'' quando il ''mittente'' cerca di mostrare, nel proprio messaggio, lo stato d'animo, utilizzando vari mezzi, come una particolare elevazione o modulazione del tono della voce, espressioni "forti" o alterazione del normale ordine delle parole.
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Si ha ''funzione fàtica'' (dal latino ''fari'' = pronunciare, parlare e dalla radice di grado forte "φα-" del verbo greco "φημί") quando ci si orienta sul canale attraverso il quale passa il messaggio e si cerca di richiamare l'attenzione dell'ascoltatore sul funzionamento dello stesso ("pronto?", "mi senti?", "attenzione, prova microfono!").
 
Si ha ''funzione poetica'' quando, orientandoci sul messaggio, si pone al centro dell'attenzione l'aspetto fonico delle parole, la scelta dei vocaboli e della costruzione formale. Questa funzione poetica non appare solamente nei testi poetici e letterari, ma anche nella [[Lingua (linguistica)| lingua]] di tutti i giorni, nel [[linguaggio]] infantile o in quello della pubblicità.
 
Si ha ''funzione metalinguistica'' quando all'interno del messaggio sono presenti elementi che definiscono o ridefiniscono il codice stesso, come chiedere e fornire chiarimenti su termini, parole e grammatica di una lingua.
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*'''funzione ideativa''', che serve per esprimere l'esperienza che il parlante possiede del mondo reale, compreso il suo mondo interiore;
*'''funzione interpersonale''' che permette l'interazione tra gli uomini e serve per definire le relazioni che intercorrono tra il parlante e l'interlocutore;
*'''funzione testuale''' che serve per costruire testi ben formati e adatti alla situazione cui si riferiscono.
 
Il fenomeno del linguaggio umano è complesso e inesauribile e molti sono gli studi ad esso riferiti, studi che inglobano e accomunano discipline diverse, non solo la linguistica, ma anche la [[psicologia]], la [[sociologia]], la [[filosofia]], l'[[Scienze etnoantropologiche|antropologia]].
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Se comunicare è mettere in comune, esiste un ambito di analisi che riguarda la comunicazione come rapporto tra linguaggio e società, con la concezione rituale e di conservazione della società che attraverso la comunicazione instaura pratiche di conferma dei propri riti.
 
Insomma, la comunicazione aviene sempre all'interno di una situazione sociale. In questo senso di vedano gli studi di [[Erving Goffman]] o [[Barnett W. Pearce]]<ref>Di quest'ultimo si veda soprattutto ''Comunicazione e condizione umana'', a cura di Claudio Baraldi e Pietro Barbetta, Franco Angeli, Milano 1993.</ref>. E si consideri anche la funzione del [[dialetto]] e di altre comunità linguistiche.
 
Nelle relazioni dialogiche e possono esserci ''altrernanza'', in cui si parla selezionado linguaggi diversi, ''co-occorrenza'', in cui nella conversazione si sovrappongono linguaggi diversi, o ''sequenza'', in cui vige l'ordine di norme a cui riferirsi.
 
Anche nel rapporto con il potere (come suo strumento e nella relazione con il segreto), la comunicazione è un controllo sociale, con procedure di esclusione, verificabilità, organizzazione rituale delle discipline e indottrinamento coatto. In questo ambito gli studi di [[Michel Foucault]] possono fornire una prima analisi<ref>Si veda per esempio ''L'ordine del discorso'', trad. Alessandro Fontana, Einaudi, Torino 1972.</ref>.
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== Comunicazione e mass-media ==
È opinione di alcuni storici<ref>per esempio Asa Briggs e Peter Burke, in ''Storia sociale dei media'', Il Mulino, Bologna 2007.</ref> che senza i giornali né la [[rivoluzione francese]] né quella [[rivoluzione americana|americana]] avrebbero avuto luogo. Infatti nel [[XVIII secolo]] entrarono in uso due concetti: quello di "opinione pubblica" e quello di "propaganda", che andarono crescendo e assestandosi all'interno della comunicazione pubblica fino alla [[prima guerra mondiale]], quando non era segreto, ma aveva comunque il suo effetto, che ogni governo avesse un proprio ufficio di propaganda bellica. La manipolazione dell'opinione pubblica diventò dunque un'attività scientifica e vennero create varie teorie della comunicazione applicate a quella che venne definita la "psicologia di massa". Tra tecniche di marketing, studi sull'incoscio dei gruppi<ref>Per esempio di Abraham Lipsky (1872-1946) con il suo ''Man the Puppet: the Art of Controlling Minds''' ([[1925]]) che sosteneva che tanto più era possibile condizionare le masse in quanto le si doveva cogliere a uno stadio pre-razionale, usando meno la logica e più l'emotività, regola diventata poi d'oro sia a livello pubblicitario sia a livello di propaganda politica.</ref>, orientamenti di tipo psicologico visivo e auditivo (complice lo sviluppo della radio e i regimi dittatoriali europei), gestione di informazioni per la creazione di ''opinion leader'' ecc. si arrivò persino a definire l'età dell'"uomo comune" intorno ai 13 anni<ref>cfr. Chiara Ottaviano e Peppino Ortoleva, ''Guerra e mass media. Gli strumenti del comunicare in contesto bellico'' Liguori, Napoli 1994.</ref>.
 
Con la secondà metà del [[XX secolo]], l'avvento della televisione e lo sviluppo della sociologia applicata ai [[Mezzo di comunicazione di massa|mass media]], le teorie della comunicazione di massa andarono sviluppandosi ulteriormente<ref>cfr. Elizabeth J. Eisenstein, ''La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento'', Il Mulino, Bologna 1986.</ref>. Contributi decisivi vennero dati da [[Harold Innis]], [[Walter J. Ong]], [[Vance Packard]], [[Marshall McLuhan]], [[Erving Goffman]], [[Noam Chomsky]], e più recentemente [[Joshua Meyrowitz]] e [[Philippe Breton]]. In particolare la televisione venne accusata di essere uno strumento di perdita di controllo sociale da parte di altre istituzioni come la scuola, i partiti politici e le chiese. Filosofi come [[Karl Popper]] e politologi come [[Giovanni Sartori (politologo)|Giovanni Sartori]] si trovarono d'accordo nel condannare la degenerazione culturale che passa in televisione, ritenuto uno strumento pericoloso di consenso artificiale e omologazione.
 
Solo con il [[secolo XXI|nuovo millennio]] e i canali tematici delle televisioni non più di monopolio, come pure con l'accesso globale attraverso i satelliti e soprattutto con [[internet]], si è spostata l'attenzione dal "pericolo" televisivo a nuovi studi di comunicazione, con la creazione di dipartimenti universitari di ''media studies'' e lo scambio di teorie scientifiche sulla comunicazione attuale, su come viene modellato il nostro senso del mondo anche attraverso l'informazione incontrollata, essendo l'eccesso di disponibilità una nuova preoccupazione.
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==Collegamenti esterni==
*[http://www.impariamoascrivere.it/index.php?pagina=teoria Approfondimenti generali sulla struttura della lingua con particolare riferimento alle funzioni di Jakobson].
 
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