Yazid ibn Mu'awiya: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Botcrux (discussione | contributi)
m Bot, removed: secolo
Riga 11:
|AnnoMorte = 683
|Attività = califfo
|Epoca = VII secolo
|Nazionalità = arabo
|PostNazionalità =
Riga 18:
 
==Biografia==
Figlio di [[Mu'awiya ibn Abi Sufyan|Muʿāwiya ibn Abī Sufyān]] e di sua moglie, Maysun, una cristiana di origine [[Yemen|yemenitayemen]]ita, Yazīd fu tra il 680 e il 683 il secondo [[califfo]] della dinastia degli [[Omayyadi]]. È ricordato con odio ancor oggi dagli [[sciiti]], che lo incolpano della strage perpetrata ai danni della famiglia di [[al-Husayn ibn Ali|al-Husayn b. ʿAlī]] e dello stesso nipote del [[Maometto|Profeta]] a [[Battaglia di Kerbela'|Kerbelāʾ]].<br />
Nominato esclusivamente in virtù del suo vincolo di parentela col padre-califfo, il suo califfato fu caratterizzato da un grave dissenso all’interno della ''[[Umma]]'' [[Islam|islamicaislam]]ica, che portò a una nuova ''[[fitna]]'', che si sarebbe rivelata la più grave di tutte e che a tutt’oggi rimane irrisolta, Yazīd non era però del tutto privo di meriti personali, tra cui una discreta tolleranza verso i non-musulmani e un'accentuata predisposizione all’arte bellica (considerata come una prerogativa quasi fondamentale dalla prima società islamica) che lo avrebbe portato a combattere valorosamente nel 668 sotto le mura di [[Costantinopoli]], nel corso del primo fallito assedio alla capitale bizantina.</br />
La sua designazione avvenne solo dopo la morte dello zio paterno, [[Ziyad ibn Abihi|Ziyād ibn Abīhi]], contrario a interrompere la virtuosa consuetudine della prima società islamica di scegliere come suo capo una persona dotata di forti capacità intellettuali e spirituali. </br />
Morto suo padre, Yazīd dovette immediatamente affrontare l'opposizione di quei musulmani ostili a introdurre un principio dinastico nella successione califfale, rappresentata innanzi tutto dal nipote di [[Maometto]], [[al-Husayn ibn Ali|al-Husayn ibn ʿAlī]], da [[Abd Allah ibn al-Zubayr|ʿAbd Allāh b. al-Zubayr]] e, in modo non particolarmente scoperto, quella dello stesso cugino di Maometto: [[Abd Allah ibn Abbas|ʿAbd Allāh ibn ʿAbbās]]. </br />
Essi insorsero simbolicamente a [[Medina]], rovesciando i loro mantelli all’arrivo della notizia dell’avvenuta successione (garantita dalla fedeltà delle truppe siriane e degli ''[[asawira|asāwira]]'' [[Persia|persianipersia]]ni, nonché dal convinto consenso dei sudditi, oggettivamente assai ben amministrati da Muʿāwiya I.<br />
Quando al-Husayn decise di muoversi verso [[Kufa]] – la città in cui maggiore era il numero di simpatizzanti alidi – fu contrastato da un distaccamento di cavalieri inviato dal governatore di Kufa, nonché cugino del nuovo califfo, [[Ubayd Allah ibn Ziyad|ʿUbayd Allāh b. Ziyād]], al comando di [[Umar ibn Sa'd|ʿUmar b. Saʿd]], figlio di [[Sa'd ibn Abi Waqqas|Saʿd b. Abī Waqqāṣ]], uno dei principali [[Compagno (Islam)|Compagni]] del Profeta.<br />
Il 10 ottobre del [[680]], lo scontro di Kerbelāʾ si concluse inevitabilmente col facile massacro degli alidi da parte della truppa omayyade, in cui un ruolo non secondario per far fallire un eventuale e non impossibile accordo fu svolto da Shamīr (gli sciiti tramandano però il nome Shimr) ibn Dhī l-Jawshan, che ebbero gioco facile a trucidare gli alidi, al cui interno erano numerosi i ragazzi, le donne e schiavi al loro servizio, malgrado l’epopea sciita voglia far credere a una strenua resistenza, favoleggiando di un prolungato e improbabile scontro (100 uomini a fronte di 40.000 avversari omayyadi).<ref>I numeri forniti dalle fonti islamiche appaiono del tutto inaffidabili, tendendo a proporre numeri sovradimensionati degli avversari al fine di far risaltare l’eroismo dei musulmani, e ad avvilire per lo stesso motivo il numero dei musulmani. Evidente che, in caso di vittorie e di sconfitta, tali fantasie (del tutto omologhe a quelle riscontrabili nell’epopea delle culture cristiane medievali, come è ad esempio dato vedere nelle cifre fornite dalla ''Cronaca di Fontanelle'' per la vittoria di [[Carlo Martello]] a [[Battaglia di Poitiers (732)|Poitiers]]) non potevano che concorrere alla creazione di un’epopea dagli utili risvolti propagandistici, del tutto indifferenti alla veridicità storica.</ref>