Battaglia di Avarico: differenze tra le versioni

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[[Vercingetorige]], dopo aver subito tanti insuccessi nel corso di questa campagna, e venuto a conoscenza dei piani del generale romano, decise di cambiare tattica. Propose all'assemblea riunita dei capi della Gallia di impedire ai Romani di approvvigionarsi, facendo "terra bruciata" ovunque Cesare e le sue legioni si fossero dirette.
 
{{QuoteCitazione|[...] per il bene comune è necessario sacrificare gli interessi privati. Si deve incendiare i villaggi ed i casali a partire dalla strada ed in ogni direzione, per quello spazio che i Romani sembra possano dirigersi per foraggiare [...] inoltre è necessario incendiare le città che non siano sicure da ogni pericolo per fortificazioni e natura del terreno, perché non offrano ai Galli un rifugio dove evitare la leva militare, o ai Romani la possibilità di sottrarre grandi quantità di vettovaglie e bottino.|Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 14.}}
 
La sua strategia fu approvata all'unanimità dai capi tribali, con un'eccezione: i [[Biturigi]], infatti, pur dando alle fiamme 20 loro città in un sol giorno, si opposero che la loro città più ricca e meglio difesa, ''[[Bourges|Avaricum]]'', dovesse essere data anch'essa alle fiamme come le altre. Perché fosse risparmiata, fecero di tutto per convincere il comandante dei Galli che essa avrebbe potuto facilmente essere difesa, grazie al fatto di essere quasi completamente circondata da un'area paludosa e da un fiume, dove rimaneva scoperto solo un piccolo e stretto passaggio.<ref>Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 15.</ref>
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E mentre costruiva queste opere militari, sollecitò per i rifornimenti gli alleati galli degli [[Edui]] e dei [[Boi]]. L'[[esercito romano]] si trovava in gravi difficoltà negli approvvigionamenti di grano, per la povertà dei secondi e la cattiva volontà dei primi. Per diversi giorni, infatti, l'armata romana fu costretta a tollerare la fame, ma malgrado le legioni fossero allo stremo, i soldati romani resistettero, come Cesare ci racconta:
{{QuoteCitazione|[...] tutti insieme [i soldati romani] pregarono che Cesare non togliesse l'assedio [...] l'avrebbero considerato come un disonore se avessero abbandonato l'assedio iniziato [...] preferivano sopportare ogni sofferenza piuttosto che non vendicare i cittadini romani trucidati a [[Orléans|Cenabo]] dai [[Galli]] [...]|Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico|De bello Gallico]]'', VII, 17.}}
 
Un agguato successivo, predisposto dallo stesso [[Vercingetorige]] fu sventato da [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]]. Il proconsole romano, una volta venuto a conoscenza che il comandante dei [[Galli]] aveva avvicinato il campo ad Avarico e che si era allontanato con l'intera cavalleria e la fanteria leggera, per tendere alle legioni un nuovo agguato mentre erano intente ad approvvigionarsi, decise di passare al contrattacco. Portate con sé alcune [[legione romana|legioni]] in piena notte, all'insaputa dei Galli, mosse verso il loro campo base, che si trovava in una posizione elevata, ma allo scoperto. I due eserciti si trovarono così a pochi metri l'uno di fronte all'altro. Cesare preferì, però, evitare di scatenare una nuova battaglia, considerando che i suoi legionari si trovavano ai piedi della collina, in una posizione poco favorevole per l'attacco, e fece ritorno al [[castrum|campo base]].<ref>Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 18-19.</ref>
 
{{QuoteCitazione|Vercingetorige, quando tornò dai suoi, fu accusato di tradimento, perché aveva avvicinato il campo ai Romani, perché si era allontanato con l'intera cavalleria, perché aveva lasciato le numerose truppe galliche senza comando, perché i Romani erano sopraggiunti con così grande tempestività e rapidamente [...] accusato di tali discorsi Vercingetorige rispose [...] se i Romani erano giunti per caso, dovevano i Galli ringraziare la fortuna [...] poiché avevano potuto, da posizione superiore, conoscerne l'inferiorità numerica e disprezzarne il valore, poiché i Romani non avevano osato combattere e si erano poi ritirati con vergogna[...] quanto a se stesso egli non desiderava ottenere da Cesare con il tradimento il potere [su tutta la Gallia], che poteva ottenere con la vittoria [...] La massa dei soldati Galli tutti insieme levò un grido [...] per colui del quale approvano il discorso e gridano che Vercingetorige è il comandante generale e non si deve dubitare della sua lealtà e che la guerra non può essere condotta con maggior intelligenza. Decidono pertanto di inviare 10 000 armati scelti nella città di Avarico a sua difesa. Ritengono che non si debba affidare ai soli [[Biturigi]] la salvezza comune, poiché il merito della vittoria sarebbe stato di tutti, se la città avesse resistito.|Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 20-21.}}
 
L'assedio procedeva non senza difficoltà come ci racconta lo stesso Cesare:
{{QuoteCitazione|Al grandissimo valore dei soldati romani venivano opposti espedienti di ogni genere da parte dei Galli [...] Essi, infatti, con delle corde deviavano le falci murali e dopo averle assicurate le tiravano dentro [...] toglievano la terra sotto il [[rampa d'assedio|terrapieno]] con gallerie, con grande abilità poiché nel loro paese esistevano grandi miniere di ferro [...] avevano inoltre costruito delle torri in legno a diversi piani lungo tutte le mura e le avevano coperte di pelli [...] e con frequenti sortite di giorno e di notte davano fuoco al terrapieno o assalivano i [[legione romana|legionari]] impegnati a costruire [...] le loro torri le sopraelevavano per eguagliare le torri dei Romani, tanto quanto il terrapieno era innalzato giornalmente [...] con legni induriti dal fuoco, con pece bollente o sassi pesantissimi ritardavano lo scavo delle gallerie e impedivano di avvicinarle alle [[Murus gallicus|mura]].|Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 22.}}
 
Sebbene vi fossero questi continui impedimenti per l'[[esercito romano]], i [[legione romana|legionari]], pur ostacolati dal freddo e dalle frequenti piogge, riuscirono a superare tutte le difficoltà ed a costruire nei primi venticinque giorni di assedio, un terrapieno largo quasi 100 metri ed alto quasi 24 metri, di fronte alle due porte della cittadella. Cesare, era così riuscito a raggiungere il livello dei contrafforti, tanto da renderli inutili per la difesa degli assediati.
 
=== Seconda fase: l'ultimo attacco dei Galli ===
Alla terza vigilia (poco prima di mezzanotte) del venticinquesimo giorno di assedio (in pieno aprile), i [[Galli]] tentano un ultimo disperato attacco: {{QuoteCitazione|... Cesare notò che il terrapieno fumava, poiché i nemici vi avevano dato le fiamme dalla parte inferiore attraverso le gallerie scavate... i Galli fecero una sortita da due porte delle [[murus gallicus|mura]], da uno e dall'altro lato delle torri. Altri da lontano gettavano torce e legna secca dalle mura sul terrapieno, versavano pece ed altre sostanze per rinvigorire il fuoco... tuttavia poiché era abitudine di Cesare lasciare due legioni a sorvegliare il [[castrum|campo base]] mentre un numero superiore di legionari era sempre al lavoro, si riuscì a resistere agli attacchi dei Galli, a ritirare le [[torre d'assedio|torri d'assedio]], tagliare il terrapieno, mentre la massa dei [[legione romana|legionari]] accorreva dal campo per spegnere il fuoco.|Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 24.}}
 
La battaglia infuriò per tutta la notte. Da una parte i [[Galli]] nel tentativo di dare a questo assedio un colpo definitivo per la sua cessazione, e credendo che la salvezza dell'intera [[Gallia]] si decidesse tutta in questo scontro finale; dall'altra i Romani, che dopo aver tanto lavorato a quelle opere di ingegneria militare, al freddo, sotto la pioggia, oltre a patire la fame, non potevano sopportare di veder svanire il lavoro ininterrotto di quasi un mese. Alla fine prevalse la ferrea disciplina dell'esercito romano ed i Galli furono nuovamente respinti all'interno della [[oppidum|città]].<ref>Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 25.</ref>
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=== Terza fase: l'assalto finale romano ===
[[File:AVARICUM Battaglia 52 aC png.png|thumb|upright=1.5|La mappa dell'assedio di Avarico del [[52 a.C.]]]]
I 10.000 guerrieri Galli, avendo tentato ogni possibile soluzione per liberarsi dell'assedio, decisero di abbandonare la città il giorno seguente, persuasi anche dalle esortazioni e dagli ordini di [[Vercingetorige]]. Ma gli abitanti della città di Avarico: {{QuoteCitazione|...quando videro che i soldati persistevano nella loro decisione di lasciare la [[oppidum|città]], poiché la paura non prevale sulla misericordia nel sommo pericolo, cominciarono a gridare ed a segnalare la fuga ai [[Roma antica|Romani]]. Gli armati [[galli]], per timore che la cavalleria romana potesse prevenirli occupando le vie di fuga, lasciarono perdere questa soluzione.|Cesare, ''[[Commentarii de bello Gallico]]'', VII, 26.}}
 
Il giorno seguente, Cesare fece avvicinare una [[torre d'assedio]] alle [[Murus gallicus|mura]] della [[oppidum|città]], e ripristinò le fortificazioni in parte distrutte dal precedente attacco nemico. L'assedio, iniziato ormai da 27 giorni, fu finalmente portato a termine quando, scoppiato un grande temporale, il proconsole romano ritenne fosse giunto il momento opportuno di attaccare, considerando sia la difficoltà dei nemici di appiccare nuovi fuochi al terrapieno sotto una pioggia battente, e sia la minor cura con cui il servizio di guardia delle mura sarebbe stato disposto rispetto ad altri momenti.
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=== Fonti secondarie ===
* {{Cita libro |autore= Renato Agazzi|titolo= Giulio Cesare stratega in Gallia|anno=2006|editore=Iuculano|città=Pavia|isbn=88-7072-742-4}}
* {{Cita libro|autore=M. Cary|coautori=H. H. Scullard|anno=1981|titolo=Storia di Roma, vol. II|editore=[[il Mulino]]|ed=2|anno=1988|città=Bologna|isbn=88-15-02021-7}}
* {{Cita libro|autore=[[Jérôme Carcopino]]|titolo=Giulio Cesare|altri = tradotto da Anna Rosso Cattabiani|editore=[[Rusconi Libri]]|anno=1993|isbn=88-18-18195-5}}
* {{Cita libro|autore=M. Jehne|titolo=Giulio Cesare|altri = tradotto da Alessandro Cristofori|editore=il Mulino|anno=1999}}
* {{Cita libro|autore=E. Horst|titolo=Cesare|edizione italiana a cura di Augusto Guida|editore=[[RCS MediaGroup|Rcs Libri]]|anno=2000}}
* {{Cita libro|autore=Luciano Canfora|wkautore = Luciano Canfora|titolo=Giulio Cesare. Il dittatore democratico|editore=Laterza|anno=1999|isbn=88-420-5739-8}}
* {{Cita libro|autore=L.A.Constans|titolo=Guide illustre des campagnes de Cesar|anno=1989|città=Parigi}}
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* {{Cita libro|autore=Andrea Frediani|titolo=Le grandi battaglie di Giulio Cesare|anno=2003|città=Roma|isbn=88-8289-941-1}}
* {{Cita libro|autore=[[Theodor Mommsen]]|titolo=Storia di Roma antica, vol. V/1|anno=1973|città=Firenze}}
* {{Cita libro|autore=Lawrende Keppie|titolo=The making of the roman army, cap. 3|anno=1998|città=[[Oklahoma]]|isbn=0-8061-3014-8}}
* {{Cita libro|autore=Adrian Keith Goldsworthy|titolo=The roman army at war - 100 BC/AD 200''|anno=1998|città=[[Oxford]]|id=ISBN 0-19-815090-3}}
* {{Cita libro|autore=Erik Abranson e Jean-Paul Colbus|titolo=La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia|anno=1979|città=[[Milano]]}}
* J.F.C. Fuller, ''Julius Caesar: Man, Soldier, and Tyrant'', Da Capo Press, 1991. ISBN 0-306-80422-0
* Adrian Goldsworthy, ''Roman Warfare'', Cassell 2002. ISBN 0-304-36265-4