Ludovico Dolce: differenze tra le versioni

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Non si conservano molti elementi biografici certi. Si sa che frequentò lo [[Studio di Padova]] grazie al mecenatismo delle famiglie [[Loredan]] e [[Cornaro]],<ref name="M">"Le Muse", De Agostini, Novara, 1965, Vol.IV, pag.225-226; S. Giazzon, cit.</ref> e che sposò una teatrante, Polonia (probabilmente conosciuta in occasione delle rappresentazioni delle sue opere teatrali), da cui ebbe due figli: una femmina e un maschio di nome Marcello. È dibattuto se nutrisse o meno simpatie per la [[riforma protestante]], che in quegli anni godeva di un certo consenso a Venezia, in particolare presso [[Gabriele Giolito de Ferrari|Gabriele Giolito]], un editore con cui il Dolce collaborò a lungo e intensamente come traduttore, curatore e scrittore (a Venezia, oltre che con il Giolito, Dolce collaborò con numerose officine tipografiche, tra cui quella di Manuzio e dei fratelli Sessa). Il Dolce era in rapporti con lo scrittore e attivista del movimento riformatore [[Lucio Paolo Rosello]] e col marchese [[Bonifacio d'Oria]], fieramente luterano, entrambi condannati dal [[Sant'Uffizio]]<ref>{{cita libro| Salvatore | Caponetto | La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento | 1992 | Claudiana | Torino | pagine=p. 235 e 446}}</ref>. Anch'egli subì due processi presso il Sant'Uffizio ([[1558]] e [[1565]]) - rispettivamente in quanto curatore dei ''Dialogi di Secreti della Natura'' di [[Pompeo della Barba]] e per aver usato il ''De statu religionis et reipublicae Carolo V Caesare'', di [[Johannes Sleidanus]], opera considerata eretica come quella di Della Barba -, ma ne uscì sempre assolto.
 
Dolce fu in contatto con i maggiori letterati dell'epoca ed ebbe legami con numerose accademie. Faceva parte, tra l'altro, del cenacolo di [[Pietro Aretino]]. Si rese protagonista anche di polemiche interne agli ambienti culturali: le due più celebri lo videro opposto rispettivamente al letterato beneventano [[Niccolò Franco (letterato)|Niccolò Franco]] (colpevole di averlo messo in cattiva luce presso l'Aretino) e al viterbese [[Girolamo Ruscelli]], in relazione alle edizioni coeve del ''[[Decameron]]'' che i due uominieruditi diedero alle stampe nel medesimo anno (1552). Sono tratti di una personalità eccentrica che già aveva avuto modo di manifestarsi quando, nel 1537, era stato sorpreso a portare armi dopo mezzanotte, violando una ''parte'' del [[Consiglio dei Dieci]].<ref>S. Giazzon, cit., p. 78</ref>
 
Benché le sue opere avessero un indubbio successo presso i contemporanei e quindi avessero un notevole smercio, sembra che questo non gli abbia mai procurato una vera ricchezza; quando morì, nel gennaio del 1568, non lasciò alcun testamento. Venne sepolto nella [[Chiesa di San Luca (Venezia)|chiesa di San Luca Evangelista]].