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===Semele===
[[Semele]] era una delle quattro figlie di Cadmo: esser erano Ino, Agea e Autonoe, assieme al maschio [[Polidoro (mitologia)|Polidoro]]. Giove s'innamorò di Semele e ogni notte entrava nella sua stanza, per non farsi riconoscere dalla ragazza. Giunone, arrabbiata per il gesto, si travestì da vecchia nutrice e convinse Semele a dichiarare al suo amante di rivelarsi, perché l'astuta dea le aveva messo in testa che Giove in realtà fosse un essere mostruoso a vedersi. Divorata dal tarlo della curiosità, Semele una notte, sebbene i continui avvertimenti di Giove, pregò il dio affinché si manifestasse e così Giove fece. In un attimo Semele arse in una fiamma divina, divenendo cenere e il dio Mercurio scese dall'alto dei cieli per raccogliere il feto di Semele e cucirlo nella coscia di Giove perché ancora acerbo. Dopo pochi mesi dalla gamba di Giove nacque [[Bacco]], il dio del vino.
===Icario ed Erigone===
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===Edipo===
[[File:IngresOdipusAndSphinx.jpg|thumb|''Edipo e la Sfinge'', di [[Jean Auguste Dominique Ingres]], c. 1805]]
Dopo che [[Edipo]], figlio di Laio e Giocasta superò l'età di fanciullo, diventò fortissimo tra tutti i quali provavano per lui molta invidia. E dato che era anche molto intelligente, Polibo decise di mandarlo nella città di [[Delfi]] ove risiedevano i suoi veri genitori. Ben presto Edipo pretese di diventare il re e così si accese una forte disputa tra lui e Laio (di cui non conosceva la paternità) e Edipo lo uccise. Morto Laio, Creonte occupò il trono, esiliò Edipo e mise una [[Sfinge]], figlia di [[Tifone (mitologia)|Tifone]], nelle zone di [[Tebe (Grecia)|Tebe]] in [[Beozia]] affinché tormentasse gli abitanti. La Sfinge tormentava i passanti formulandole degli enigmi:
===Polinice===
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===Iliona===
[[Polidoro (mitologia)|Polidoro]] essendo nato da Priamo ed Ecuba, fu consegnato alla sorella [[Iliona]] dai due genitori per educarlo. Questa era sposata con il re tracio Polimestore, presso il quale educò anche il neonato Deipilo, facendolo passare come un altro suo nato.<br />Distrutta Troia, Priamo morì, [[Astianatte]], il figlio di Ettore e [[Andromaca (mitologia)|Andromaca]] fu scagliato da un muro, ma alcuni ambasciatori riuscirono ad arrivare da Polimestore i quali gli comunicarono che Agamennone voleva far sposare la figlia [[Elettra (Agamennone)|Elettra]] con lui e altri ricchi doni se Polidoro fosse stato ucciso. Dato che entrambi erano ancora molto piccoli, Polimestore, senza accorgersene, consegnò ai macellai Deipilo, credendolo il figlio di Priamo.<br />Polidoro intanto, con l'aiuto di Apollo, riuscì a sfuggire alla furia del re e, divenuto grande e forte, uccise Polimestore e si tenette come schiava la madre. Dopo un po' di tempo Polidoro cominciò ad avere dei sospetti e chiese a Iliona di raccontargli tutta la verità. Così accadde che Polidoro, disperato dalla notizia, uccise Iliona e si accecò.
===Polissena===
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===Ifigenia in Tauride===
[[File:Orestes Delphi BM GR1917.12-10.1.jpg|thumb|Scena di ''Ifigenia in Tauride'']]
Perseguitato dalle [[Erinni|Furie]], Oreste si diresse a [[Delfi]] per consultare l'oracolo riguardo al suo continuo tormento. Il responso fu che doveva recarsi in [[
===L'''[[Odissea]]'' (Il viaggio di Ulisse)===
[[File:Head Odysseus MAR Sperlonga.jpg|thumb|upright=1.2|Testa di Ulisse, [[Gruppo di Polifemo]] a [[Sperlonga]]]]
[[File:Circe Offering the Cup to Odysseus.jpg|thumb|upright=1.2|Circe in un quadro di [[John William Waterhouse]] (1849-1917)]]
[[Ulisse]], volendo tornare in patria dal saccheggio di [[Troia]], fu scaraventato dalla tempeste sull'isola di Cicona dove distrusse la città degli abitanti nativi, spartendo poi il bottino coi compagni. Di seguito giunse nella terra dei [[Lotofagi]], uomini benevoli che mangiavano strani fiori di produzione propria; tuttavia chi mangiava queste piante, perdeva immediatamente la memoria e passava il resto della vita nell'oblio. Ulisse mandò due amici a gustare il fiore e quando tornarono alla nave, non ricordavano più nulla, così Ulisse preferì lasciarli lì. Di seguito Ulisse incontrò il ciclope [[Polifemo]], figlio di Nettuno. Accadde che un responso di Telemo, figlio di Eurimo, aveva predetto che Ulisse non avrebbe potuto proseguire il viaggio se non avesse accecato il mostro. Quest'essere era rozzo, con un unico occhio in mezzo alla fronte e si cibava di carne umana, e dopo che finiva di pascolare le pecore, facendole rientrare nella spelonca, richiudeva l'entrata con un enorme masso. Così lì dentro rinchiuse anche Ulisse e i compagni, venuti per un po' di vivande. L'eroe, vista l'impossibilità di uscire senza la forza sovraumana del ciclope, vide che Polifemo gradiva molto il vino offertogli da Macone e così, quando gliene diede ancora, gli confermò di chiamarsi “Nessuno”. Così Ulisse, affilato e arroventato il vertice di un tronco, lo conficcò nell'occhio del mostro; questi urlando e imprecando per il dolore, chiamò in soccorso i sui amici, ma alle loro richieste su chi gli avesse fatto del male, Polifemo disse: “Nessuno mi acceca! Nessuno mi fa del male!”. Allora quelli, credendo che lui li prendesse in giro, lo abbandonarono. Dalla grotta Ulisse riuscì a scappare legando i suoi compagni sotto il ventre delle pecore e lui stesso sotto la pancia dell'ariete capofila.<br />Di seguito Ulisse giunse sull'isola di [[Eolo (
[[File:Johann Heinrich Füssli 054.jpg|thumb|Scilla e Cariddi in un dipinto di [[Johann Heinrich Füssli]]]]
Scampati al pericolo, gli uomini furono fulminati dal dio Sole. Solo Ulisse riuscì a salvarsi e naufragò sull'isola della ninfa [[Calipso]], figlia di Atlante. La donna lo tenette con sé per molti anni, finché non giunse dall'Olimpo Mercurio, mandato da Giove, affinché Calipso non si decidesse a lasciar ripartire Ulisse. L'eroe riprese il viaggio, ma fece continui naufragi a causa dell'ira di Nettuno, il quale non gli aveva perdonato l'accecamento del Ciclope. Così accadde che Ulisse, aiutato dai poteri della ninfa Leucotoe, giunse per mare sull'isola dei [[Feaci]], tutto sporco di foglie e di alghe marine, per poi essere visto da [[Nausicaa]], figlia di [[Alcinoo]] il re dell'isola, ed essere lavato e curato da lei sulle acque del fiume. Cosparso di olio e di unguenti profumati da Nausicaa, Ulisse fu condotto a corte dove l'eroe raccontò tutte le sue tristi avventure ad Alcinoo, per poi avere il permesso di rifornirsi di cibo, di alleati e di navi per tornare ad [[Itaca]]. Tuttavia l'ira di Mercurio, istigato da Nettuno, lo fece naufragare nuovamente. Questa volta, dopo vent'anni passati lontano dalla patria e dalla moglie, Ulisse approdò su Itaca solo, senza amici e senza essere riconosciuto da nessuno. Giunse nella sua reggia dove i [[Proci]] gozzovigliavano liberamente, in attesa che [[Penelope (mitologia)|Penelope]] scegliesse chi dei pretendenti sposare per garantire la continuità del potere. Così, dotto consiglio di Minerva, Ulisse si travestì da poveraccio e si fece accogliere dalla regina. Fu subito riconosciuto dalla nutrice [[Euriclea]] mentre gli lavava i piedi, per una cicatrice sulla caviglia. Pochi giorni dopo egli con l'aiuto di Minerva, del figlio [[Telemaco]] e di due servi fedeli, uccise con le frecce tutti i Proci, riunendosi con Penelope.
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