Papa Vittore I: differenze tra le versioni

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=== La questione quartodecimana ===
Durante il suo pontificato, però, la Chiesa fu sconquassata da dissensi interni. Si acuì la disputa sulla celebrazione della [[Pasqua]], di cui già si era discusso a lungo al tempo di [[Papa Aniceto]]. I cristiani di Roma che erano immigrati dalle province dell'[[Asia (provincia romana)|Asia]] erano soliti celebrare la Pasqua il [[Quartodecimani|14º giorno]] del [[Nissan (mese)|mese di Nisan]], in qualsiasi giorno della settimana cadesse, come avrebbero fatto nelle loro terre d'origine. Al suo apparire, naturalmente, questa usanza portò agitazione all'interno della comunità cristiana di Roma. Papa Vittore decise, perciò, che ci dovesse essere uniformità nell'osservanza della festa pasquale e per questo cercò di persuadere i quartodecimani a seguire la pratica generale della Chiesa. Scrisse a [[Policrate di Efeso|Policrate]], vescovo di [[Efeso]] e gli suggerì di convocare gli altri vescovi asiatici per discutere della questione con loro. La riunione si tenne, ma nella lettera che Policrate spedì a papa Vittore, dichiarò che avrebbe fermamente continuato nell'usanza Quartodecimana "osservata da così tanti santi e celebri vescovi della regione". Vittore tenne allora, a Roma, il primo [[sinodo]] romano di cui si abbiano notizie, e scrisse ai vescovi reggenti dei vari distretti, esortandoli a riunire i vescovi loro dipendenti e consigliarsi con loro sul problema della festa Pasquale. Le risposte giunsero da tutte le parti del mondo cristiano: dal sinodo di [[Palestina]], presieduto da [[Teofilo di Cesarea in Palestina|Teofilo di Cesarea]] e [[Narciso di [[Gerusalemme]]; dal sinodo del [[Ponto (geografia)|Ponto]], presieduto dall'anziano Palma; dalle comunità di [[Gallia Transalpina|Gallia]], il cui vescovo era Ireneo di Lione; dai vescovi del regno di [[Osroene|Osrhoene]]; e da singoli vescovi, come Bachilo di [[Corinto]]. Tutte queste risposte riportavano unanimemente che la Pasqua veniva osservata la domenica. Vittore, che in tutta la faccenda agì come capo dell'intera cristianità cattolica, fece quindi appello ai vescovi della provincia d'Asia affinché abbandonassero il loro costume ed accettassero la pratica di celebrare la Pasqua sempre di domenica. Se non avessero ottemperato non sarebbero più stati in comunione con la chiesa di Roma.
 
Questa procedura non piacque a tutti i vescovi. Ireneo di Lione ed altri scrissero a papa Vittore biasimandolo per la sua severità, esortandolo a mantenere pace ed unità con i vescovi asiatici, ed a intrattenere rapporti amichevoli con loro. Ireneo gli ricordò anche che i suoi predecessori avevano sempre mantenuto l'osservanza della domenica di Pasqua, come era giusto, ma non avevano interrotto le relazioni amichevoli e la comunione con vescovi asiatici solo perché questi seguivano un altro costume (Eusebio, ''Historia Ecclesiastica'', V, XXIII-XXV).