Stanze per la giostra: differenze tra le versioni
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[[File:Angelo Poliziano - Imagines philologorum.jpg|thumb|[[Angelo Poliziano]]]]
Nella stesura delle ''Stanze'', Poliziano si ispirò a un'opera di [[Luigi Pulci]], che era stato autore, nel [[1469]], di un testo analogo volto all'esaltazione di Lorenzo il Magnifico. Poliziano scelse di scrivere in lingua volgare, adoperando come strofa l'ottava (o stanza), già adoperata da [[Giovanni Boccaccio]] nel [[Filostrato (Boccaccio)|Filostrato]]. Accanto al tema encomiastico dell'elogio di Giuliano, l'opera racconta anche l'[[amore platonico]] di Giuliano per una donna fiorentina, [[Simonetta Vespucci|Simonetta Cattaneo]], sposa di Marco di Piero Vespucci. Il disegno dell'opera dovette però essere modificato nel [[1476]] a causa della morte improvvisa di Simonetta, avvenuta il 26 aprile.<ref
Le ''Stanze'' furono pubblicate per la prima volta nel [[1484]] nella raccolta ''Cose vulgare del Poliziano'';<ref
I pregi dell'opera, piuttosto che nella trama, particolarmente esile, sono nel significato stesso dell'operazione letteraria compiuta da Poliziano nelle ''Stanze'':<ref name="Asor Rosa_412">{{cita|Asor Rosa|p. 412.|Asor Rosa}}</ref>
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==Trama==
Nel primo libro, composto da centoventicinque stanze, Iulio o Iulo, trasfigurazione classicheggiante di Giuliano, è rappresentato come un giovane bello e coraggioso, in perfetta aderenza al paradigma mitico di [[Ippolito (mitologia)|Ippolito]]. Egli vive armoniosamente, disprezzando l'Amore e dedicandosi agli esercizi del corpo, alla caccia e all'attività poetica.<ref
Il secondo libro, composto da quarantasei stanze e incompiuto, si apre con la decisione da parte di Venere, informata dal figlio dell'accaduto, di assicurare che l'amore di Iulo sia ricambiato da Simonetta. Perché questo accada, è tuttavia necessario che Iulo dimostri la sua virtù combattendo e ottenendo la vittoria in un torneo indetto per la giovane; Iulo è informato della decisione divina in sogno dallo stesso Cupido, che gli preannuncia anche la prossima morte dell'amata. L'opera si interrompe mentre Iulo, ardente d'amore, si appresta a partecipare alla giostra.<ref
==Forma e stile==
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La tecnica poetica di Poliziano presenta numerose affinità con la tecnica pittorica degli artisti a lui contemporanei, come Botticelli:<ref name="Asor Rosa_413">{{cita|Asor Rosa|p. 413.|Asor Rosa}}</ref> il letterato si rifece, infatti, alla ''sententia'' del [[:Categoria:Poeti latini|poeta latino]] [[Quinto Orazio Flacco]], che voleva del tutto simili la poesia e la pittura (''[[Ut pictura poësis]]'').<ref>Orazio, ''[[Epistola ai Pisoni|Epistula ad Pisones]]'', 361.</ref><ref
{{citazione|Zefiro già, di be' fioretti adorno,</br>avea de' monti tolta ogni pruina;</br>avea fatto al suo nido già ritorno</br>la stanca rondinella peregrina;</br>risonava la selva intorno intorno</br>soavemente all'ôra mattutina,</br>e la ingegnosa pecchia al primo albore</br>
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Descrizioni di tal genere abbondano in tutte le ''Stanze'';<ref>I, 80-84.</ref><ref>II, 38-39.</ref> raramente si assiste a scene più animate, che tuttavia non perdono comunque le caratteristiche di raffinatezza ed eleganza formale proprie di tutta l'opera.<ref>I, 26-31.</ref>
Il lessico delle ''Stanze'' si fonda sostanzialmente su quello [[francesco Petrarca|petrarchesco]], cui Poliziano seppe congiungere il proprio gusto per la raffinatezza e il preziosismo lessicale e stilistico. Su tale base, inoltre, il letterato inserì nell'opera numerosi elementi di memoria [[dolce stil novo|stilnovistica]], [[dante]]sca o [[boccaccio|boccaccesca]], congiunti a elementi del linguaggio popolare. Ebbe però cura di evitare lo scontro tra termini provenienti da registri diversi ricercando «l'armonia nella varietà» dei registri, rifuggendo al contempo effetti di eccessivo realismo.<ref
Nell'opera di Poliziano, l'[[ottava rima]] si rivela particolarmente agile, in grado di fondere i toni popolareschi delle opere di [[Luigi Pulci]] con quelli sognanti del [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]]. L'unità del verso è spesso spezzata in più unità ritmiche minori grazie ad uno attento e vario della sintassi, che fonde tendenze popolareggianti e paratattiche con l'uso di stilemi rigidamente codificati, quali [[chiasmo]] e [[parallelismo]].<ref name="Barberi_62">{{cita|Bàrberi Squarotti|p. 62.|Barberi}}</ref> Tale il giudizio dello storico della [[letteratura italiana]] Alberto Asor Rosa sulla componente stilistica delle ''Stanze'':
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==Componente mitologica==
[[File:Annuncio dell'angelo a Zaccaria, dettaglio della cappella tornabuoni, cristoforo landino (center) and angolo poliziano (right).jpg|thumb|[[Cristoforo Landino]] (al centro) accanto a Angelo Poliziano, dettaglio della scena dell'
Le figure della [[mitologia classica]] occupano nelle ''Stanze'' un ruolo di primissimo piano. La tendenza a inserire figure mitologiche nelle opere letterarie, d'altronde non del tutto estranea alla letteratura del [[Medioevo]], dopo Poliziano sarebbe divenuta particolarmente comune, tanto da perpetuarsi per più di tre secoli sino all'inizio del [[XIX secolo]] e all'avvento del [[Romanticismo]].<ref name="Asor Rosa_414">{{cita|Asor Rosa|p. 414.|Asor Rosa}}</ref> Tra i personaggi mitici che compaiono nell'opera, particolare importanza rivestono Venere e Cupido, ai quali si affiancano il [[Centauro]], le [[Grazie (mitologia)|Grazie]], le [[ninfa (mitologia)|ninfe]], [[Pasitea (mitologia)|Pasitea]]; tutti sono però privi di qualsiasi caratterizzazione ideologica o religiosa, e rappresentano piuttosto allegorie di stati d'animo e sentimenti umani.<ref
La tendenza a fare dei personaggi mitici allegorie ha il suo corrispondente nell'uso, ben più raro, della personificazione di caratteri e sentimenti umani in luogo delle figure della mitologia:<ref
{{citazione|Esce sbandita la viltà d'ogni alma,</br>e, benché tarda sia, Pigrizia fugge;</br>a libertate l'una e l'altra palma</br>legon gli Amori, e quella irata rugge.</br>Solo in disio di gloriosa palma</br>ogni cor giovenil s'accende e strugge;</br>e dentro al petto sorpriso dal sonno</br>li spirite' d'amor posar non ponno.|II, 20.}}
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===Venere e l'Amore===
La figura di Venere riveste una fondamentale importanza nelle ''Stanze'': essa era infatti uno degli elementi fondamentali della [[neoplatonismo|filosofia neoplatonica]] di [[Marsilio Ficino]], che distinse una Venere celeste, causa della diffusione dell'amore divino nel mondo, da una Venere terrena, all'origine della crescita spirituale di chi sa dominare le proprie passioni: questa Venere opera, nelle ''Stanze'', su Iulo.<ref
Se dunque al principio della narrazione la figura di Iulo appare piuttosto insensibile e rifiuta l'amore, ciò si ricollega ai caratteri di devozione e castità propri dell'[[orfismo]]: è però proprio la scoperta dell'amore a liberare il giovane da quelle componenti orfiche legate all'esperienza funebre.<ref
L'innamoramento appare quindi come processo di crescita spirituale interiore, di progressiva acquisizione del dominio di sé, ma anche come fonte di conoscenza: il regno di Venere, dove Cupido giunge nelle ultime ottave del primo libro, è raffigurato a immagine del regno delle idee [[Platone|platonico]], dove la pluralità del reale può essere ricondotta a un'origine razionale e ordinata che è sottesa a tutte le manifestazioni della realtà stessa. Il viaggio verso tale regno esprime dunque l'allontanamento dell'uomo dalla dimensione materiale e il suo viaggio verso la conoscenza.<ref
In un'opera tanto caratterizzata dal figurativismo, dunque, l'Amore, assieme alla bellezza femminile nella sua forma sensuale, cui appare intrinsecamente legato, viene a essere l'unico stabile punto di riferimento nel fragile impianto ideale dell'opera stessa.<ref name="Asor Rosa_415">{{cita|Asor Rosa|p. 415.|Asor Rosa}}</ref> Di conseguenza, sebbene la tendenza al figurativismo sia costantemente presente, la descrizione della ninfa Simonetta<ref>I, 47 e 50.</ref> è caratterizzata da «qualche bagliore di sensualità autentica» che «da quelle immagini arriva fino a noi».<ref
==Componente encomiastica==
L'attenzione dedicata da Poliziano al tema mitologico e, in particolare, a quello amoroso, non nega il fatto che le ''Stanze'' restino nella loro sostanza un'opera caratterizzata da un fine encomiastico. Esse furono composte per celebrare la vittoria in torneo di [[Giuliano de' Medici]], figlio di [[Piero il Gottoso|Piero]] e fratello di [[Lorenzo de' Medici|Lorenzo il Magnifico]]: tale intento traspare chiaramente in più passi dell'opera,<ref>I, 1-5.</ref><ref>II, 3-4.</ref> dove è apertamente lodato l'operato di Giuliano, e, per suo tramite, l'intera famiglia dei [[Medici]].<ref
Anche l'elemento encomiastico si inquadra completamente nel gusto e nella poetica di un autore, come Poliziano, che opera sotto l'egida di un mecenatismo colto e illuminato.<ref
==Influenze e modelli==
La poesia di Poliziano, tanto quella greca o latina quanto quella in volgare, è costantemente intessuta di riferimenti alla tradizione classica o medievale. Notevole è l'influenza di [[Francesco Petrarca]], che già nel ''[[Canzoniere (Petrarca)|Canzoniere]]''<ref>Petrarca, ''Canzoniere'', 190.</ref> aveva identificato la donna amata con una cerva, ma ancora maggiore è l'influsso sulle ''Stanze'' dei ''[[I Trionfi|Trionfi]]'' petrarcheschi e delle allegorie in essi sviluppate: si è anche supposto che, se l'opera fosse stata portata a compimento, si sarebbe conclusa con il trionfo della Fama sulla Morte e sul Tempo, a loro volta vincitori dell'Amore.<ref
Oltre a quello del [[neoplatonismo]] di [[Marsilio Ficino]], le ''Stanze'' subirono anche l'influsso della letteratura in volgare del [[Dolce stil novo]], di [[Dante Alighieri|Dante]] e [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]], e della letteratura classica di [[Marco Tullio Cicerone]] e [[Publio Ovidio Nasone]], ma anche di [[Claudio Claudiano]], autore di un ''De raptu Proserpinae'' in tre libri.<ref
[[Francesco De Sanctis]] osserva
==Note==
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