Antonino Marino: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
espansione e sentenza del 16 giugno
Riga 56:
==Biografia==
 
[[Brigadiere]] dei Carabinieri, entra nell'arma nel [[1975]], impegnato principalmente nel contrasto alla [['Ndrangheta]], aveva lavorato per anni, prima del suo assassinio, come comandante della stazione dei carabinieri di [[Platì]];, si impegnò tra l'altro per la soluzione del sequestro di Marco Fiora e contribuì a sventare il sequestro di Claudio Marzocco. Si ritiene infatti che fu grazie anche all'azione di contrasto del brigadiere che i sequestratori in quest'ultimo caso furono costretti a lasciare l'ostaggio incustodito, consentendogli di liberarsi e fuggire dalla prigionia nel febbraio del 1988.

Profondo conoscitore della Criminalità organizzata della [[Locride (Calabria)|Locride]] (ai tempi dei sequestri di persona) aveva svolto varie indagini sui traffici illeciti e sui sequestri di persona che in quegli anni rappresentavano una delle principali attività criminali della [['Ndrangheta]] contribuendo ad assicurare alla giustizia diversi boss 'ndranghetisti. Collaborò anche per la liberazione di [[Cesare Casella]].
 
==L'omicidio==
MarinoNel da1988 un po' di tempoMarino era stato trasferito a [[San Ferdinando (Italia)|San Ferdinando]] di [[Rosarno]] in quanto aveva sposato una donna della Locride e il regolamento dell'Arma imponeva taleil cambio didel luogo, eradi ritornatoservizio. nellaIn zonaun jonicaperiodo calabresedi perferie, assisterein visita ai parenti della moglie a Bovalino superiore in occasione dei festeggiamenti in onore dell'Immacolata, la notte del 9 settembre 1990 si trovava conseduto iall'esterno suoidel parentibar lagestito suadai famigliasuoceri intento a guardare ilo spettacolo di fuochi d'artificio, quando dallagli follasi sbucòavvicinò un uomo armato di pistola, che fece fuoco uccidendocolpendolo Marino,al torace con sei colpi di pistola e ferendo al polpaccio in modo non grave la moglie in cinta e ancheal ginocchio il piccolo figlio Francesco; dopodiché si allontanò.
 
Ripresa brevemente conoscenza, il militare morì in ospedale il pomeriggio dopo, malgrado gli sforzi dei sanitari.
Marino da un po' di tempo era stato trasferito a [[San Ferdinando]] di Rosarno in quanto aveva sposato una donna della Locride e il regolamento dell'Arma imponeva tale cambio di luogo, era ritornato nella zona jonica calabrese per assistere ai festeggiamenti in onore dell'Immacolata, la notte del 9 settembre 1990 si trovava con i suoi parenti la sua famiglia intento a guardare i fuochi d'artificio quando dalla folla sbucò un uomo armato di pistola, fece fuoco uccidendo Marino, ferendo la moglie e anche il piccolo figlio Francesco; dopodiché si allontanò.
 
==Processo==
Le indagini si indirizzarono subito alla sua attività di investigatore contro la 'Ndrangheta in particolare ai suoi anni trascorsi a [[Platì]] come sosteneva il sostituto procuratore Arcadi ma dopo molti anni rimane ancora un delitto irrisolto.
L'episodio creò una ondata di sdegno e i funerali si svolsero in una atmosfera di tensione. I familiari rifiutarono la corona di fiori dell'allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
 
Le indagini si indirizzarono subito alla sua attività di investigatore contro la 'Ndrangheta in particolare ai suoi anni trascorsi a [[Platì]] come sosteneva il sostituto procuratore Ezio Arcadi, ma dopoper molti anni rimane ancora unil delitto rimase irrisolto.
Anni prima dell'assassinio il Brigadiere aveva subito un attentato a Platì, durante l'attività di servizio, da uomini non identificati che avevano esploso colpi d'arma da fuoco al suo indirizzo, fortunatamente allora ne uscì illeso; In un'altra occasione sempre a Platì vennero scritte sui muri frasi ingiuriose nei suoi confronti.
 
Anni prima dell'assassinio, il Brigadiere aveva già subito un attentato a Platì, durante l'attività di servizio, da parte di uomini rimasti non identificati che avevano esploso colpi d'arma da fuoco al suo indirizzo, fortunatamente allora ne uscì illeso; In un'altra occasione sempre a Platì vennero scritte sui muri frasi ingiuriose nei suoi confronti.
==Processo==
 
Il delitto rimase avvolto nel mistero per oltre 15 anni finchéfino ilalle rivelazioni del [[Pentitismo|pentito di mafia]] Antonino Cuzzola. deciseSecondo dile raccontaredichiarazioni tuttocirca allai Magistraturamandanti circae il movente e i mandanti dell'omicidio, dallead sueordinare dichiarazioneil vennedelitto fuorifurono cheesponenti addella ordinarefamiglia l'efferatodei delittoBarbaro e furono: Antonio Papalia, all'epoca di 56 anni,. Insieme con Papalia vennero messi sotto accusa Giuseppe Barbaro, all'epoca di 63 anni, Francesco Barbaro, di 84 anni, e Giuseppe Barbaro, di 55 anni, tutti di Platì; Invece per quanto riguarda il movente, secondo Cuzzola: la decisione di uccidere l'appuntato era maturata per motivi di risentimento dovuti alla condotta rigorosa che questi adottava nello svolgimento della sua attività operativa nella cittadina aspromontana. Il pentito confermò le accuse in sede processuale, ma il [[Giudice dell'udienza preliminare|GUP]] (datointervenuto chein quanto il processo si svolse con il rito abbreviato), nel Febbraio 2011 pronunciò sentenza di assoluzione con formula piena per tutti gli imputati. In realtà già (per Giuseppe Barbaro 55 anni già, il PM[[pubblico ministero]] nella sua requisitoria aveva chiesto l'assoluzione)<ref>Fonte: Gazzetta del sud 22 febbraio 2011</ref>. L'11 maggio [[2012]] la [[Corte d'assise d'appello]] confermaconfermò la sentenza di assoluzione in primo grado, lasciando ancora nel misteroinsoluto il delitto del [[Brigadiere]]brigadiere.
 
Ma il 16 giugno 2014 i giudici della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria hanno condannato a 30 anni di reclusione Francesco Barbaro di 58 anni ritenuto l'esecutore materiale e Antonio Papalia, 75 anni, ritenuto il mandante dell’omicidio del brigadiere. Il processo venne riaperto dalla Corte di Cassazione in seguito a intercettazioni su di un pregiudicato, Agostino Catanzariti, indagato per reati relativi ad appalti in Lombardia. Catanzariti, ignaro di essere ascoltato, in una conversazione rivelò una serie di particolari del delitto, portando alla riapertura del dibattimento conclusosi con la condanna. <ref>[http://www.ilquotidianocalabria.it/news/cronache/726704/Uccisero-un-carabiniere-nel-Reggino-.html Condannati dopo 24 anni mandante ed esecutore dell'omicidio del brigadiere dei carabinieri]</ref>
 
Il delitto rimase avvolto nel mistero per 15 anni finché il pentito Antonino Cuzzola decise di raccontare tutto alla Magistratura circa il movente e i mandanti dell'omicidio, dalle sue dichiarazione venne fuori che ad ordinare l'efferato delitto furono: Antonio Papalia, 56 anni, Giuseppe Barbaro, 63 anni, Francesco Barbaro, 84 anni, Giuseppe Barbaro, 55 anni, tutti di Platì; Invece per quanto riguarda il movente secondo Cuzzola: la decisione di uccidere l'appuntato era maturata per motivi di risentimento dovuti alla condotta rigorosa che questi adottava nello svolgimento della sua attività operativa nella cittadina aspromontana. Il pentito confermò le accuse in sede processuale ma il [[Giudice dell'udienza preliminare|GUP]] (dato che il processo si svolse con il rito abbreviato) nel Febbraio 2011 pronunciò sentenza di assoluzione con formula piena per tutti gli imputati (per Giuseppe Barbaro 55 anni già il PM nella sua requisitoria aveva chiesto l'assoluzione)<ref>Fonte: Gazzetta del sud 22 febbraio 2011</ref>. L'11 maggio [[2012]] la [[Corte d'assise d'appello]] conferma la sentenza di primo grado lasciando ancora nel mistero il delitto del [[Brigadiere]].
 
==Onorificenze==