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confronto con Termine (diritto)
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Ciò però non è pacifico in dottrina: infatti c'è chi a differenza della precedente visione, sostiene che la condizione meramente potestativa risolutiva non possa essere accomunata ad una facoltà di recesso in quanto avente disciplina diversa rispetto al recesso.
 
La condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a [[Norma (diritto)|norme]] imperative, all'[[ordine pubblico]] o al [[buon costume]] rende nullo il contratto.
 
Per quanto riguarda la condizione [[Impossibilità|impossibile]], ossia relativa ad un evento che sia dal punto di vista giuridico o dal punto di vista naturale irrealizzabile, se sospensiva rende il contratto nullo, se risolutiva si considera come non apposta.
 
In dottrina di distingue, da un punto di vista soggettivo, la condizione volontaria (''condicio facti'') dalla condizione legale (''condicio iuris''). La prima è apposta dalle parti del negozio giuridico nell'ambito della loro autonomia contrattuale. La seconda, detta anche condizione legale, è posta direttamente dalla [[Legge (diritto)|legge]].
 
La caratteristica dell'incertezza distingue la condizione dal [[Termine (diritto)|termine]], il cui verificarsi è invece certo (anche se non in tutti i casi è già noto quando avverrà).
 
== Voci correlate ==
* [[Termine (diritto)]]
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