Judith Butler: differenze tra le versioni

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Butler inizia a sviluppare il tema della performatività di genere nel saggio ''[[Performative Acts and Gender Constitution]]'' (1988), dove analizza l'idea freudiana dell'identità personale modellata in termini di normalità. Butler contesta l'affermazione di Freud secondo cui la lesbica deriverebbe il proprio comportamento dal modello maschile, percepito come norma. Butler si oppone all'innatismo di genere e argomenta in favore della performatività di genere: la performance di genere crea il genere. <ref>Rivkin, Julie, and Michael Ryan. Literary Theory: An Anthology. 2nd ed. Malden, Massachusetts: Blackwell Pub., 2004. Print.</ref>
 
Con [[Gender Trouble]] (1990), Butler esamina le opere di [[Simone de Beauvoir]], [[Julia Kristeva]], [[Sigmund Freud]], [[Jacques Lacan]], [[Luce Irigaray]], [[Monique Wittig]], [[Jacques Derrida]] e [[Michel Foucault]], argomentando che la coerenza delle categorie sessuali, per esempio l'apparente normalità del genere maschile, sono il costrutto culturale della ripetizione nel tempo di atti corporei stilizzati. Questi atti corporei stilizzati, con la loro ripetizione, creano l'apparenza ontologica del genere. In questo senso Butler teorizza che il genere, il sesso e la sessualità sono performativi. <ref>Butler explicitly formulates her theory of [[performativity]] in the final pages of ''Gender Trouble'', specifically in the final section of her chapter "Subversive Bodily Acts" entitled "Bodily Inscriptions, Performative Subversions" and elaborates performativity in relation to the question of political agency in her conclusion, "From Parody to Politics." See {{Cita libro |cognome=Butler |nome=Judith |wkautore=Judith Butler |titolo=Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity |anno originale=1990 |anno=1999 |editore=Routledge |città=New York |pagine=171-90}}</ref> Butler, seguendo la lezione di Foucault, sostiene che la costruzione del soggetto sessuato, desiderante, non sia una scelta, ma una conseguenza del [[discorso disciplinario]]. L'apparente ovvietà del sesso come fatto biologico naturale dimostra, secondo Butler, quanto profondamente sia nascosta, nel discorso, la sua produzione. Allo stesso modo sono costruiti come naturali la dualità sessuale e l'eterosessualità. <ref>{{Cita libro |cognome=Butler |nome=Judith |wkautore=Judith Butler |titolo=Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity |annooriginale=1990 |anno=1999 |editore=Routledge |città=New York | pagine=135-41 |capitolo=Concluding Unscientific Postscript}}</ref> Butler sostiene che senza una critica del sesso come prodotto del discorso, la distinzione sesso/genere come strategia femminista per contestare l'asimmetria di genere è inefficace. Butler sostiene che il femminismo abbia commesso un errore nel trattare le "donne" come un gruppo astorico dalle caratteristiche comuni, in quanto tale approccio rinforza la visione binaria delle relazioni di genere. Secondo Butler, le femministe dovrebbero analizzare come il potere determini la comprensione del genere femminile non solo nella società, ma all'interno del movimento femminista stesso. <ref>[http://www.mclink.it/n/dwpress/dww60/rec1.htm recensione DWF] di "Corpi che contano. I limiti discorsivi del sesso"</ref> <ref>{{cita web|titletitolo=Feminist Perspectives on Sex and Gender|url=http://plato.stanford.edu/entries/feminism-gender/|publishereditore=Stanford Encyclopedia of Philosophy}}</ref>
 
In [[Bodies That Matter]] (1993), Butler, ricorrendo alla nozione di [[iteratività]] sviluppata da [[Derrida]], sottolinea il ruolo svolto, nella performatività, dalla ripetizione. E' l'iteratività a rendere possibile la costruzione del soggetto sessuato come "naturale".