Geronimo di Siracusa: differenze tra le versioni

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Tra i 15 consiglieri vi erano [[Adranodoro]] e [[Zoippo]], generi di Gerone, che sostenevano l'alleanza con Cartagine.<ref>{{cita|Polibio|VII, 2, 1-2}}; {{cita|Livio|XXIV, 5.7-8}}.</ref> Adranodoro era inoltre, già dai tempi di Gerone II, leader noto della fazione antiromana, in nome della riconquista della libertà siceliota. Marito di [[Demarata]], era il più ambizioso: con la scusa che il giovane sovrano era ormai adatto a regnare, convinse gli altri membri a sciogliere il consiglio, mentre con l'inganno, fece incriminare il tutore [[Trasone]], che era favorevole all'alleanza con i Romani.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 5.8-14}}.</ref> E così, insieme al cognato, poté controllare meglio Geronimo.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 4.9}}.</ref> Per stringere l'alleanza con i cartaginesi, mandarono i propri [[ambasciatore|ambasciatori]] da [[Annibale]] e ricevettero quelli africani ([[Ippocrate di Siracusa|Ippocrate]] ed [[Epicide]]) con ogni onore.<ref>{{cita|Polibio|VII, 2, 3}}; {{cita|Livio|XXIV, 6.1-3}}.</ref> Gli inviati romani furono invece trattati come nemici.<ref>{{cita|Polibio|VII, 3, 1-9}}; {{cita|Livio|XXIV, 6.4-6}}.</ref>
 
Il trattato con Cartagine inizialmente prevedeva di dividere la Sicilia in due: a ovest del fiume [[Imera Meridionale]] il territorio apparteneva ad Annibale, ad est a Geronimo.<ref>{{cita|Polibio|VII, 4, 1-2}}; {{cita|Livio|XXIV, 6.7}}.</ref> Poco dopo però il tiranno chiese anche la parte occidentale, ottenendola a causa della paura dei cartaginesi di perdere il prezioso alleato.<ref>{{cita|Polibio|VII, 4, 3-8}}; {{cita|Livio|XXIV, 6.8-9}}.</ref> I Cartaginesi chiesero a Geronimo di costituire un esercito di 15.000 uomini per prendere le città che non erano ancora state occupate da quest'ultimi, i quali stavano combattendo strenuamente contro i Romani in molte città e coste della Sicilia Occidentale. Geronimo allora si preparò a ricevere consensi e a radunare uomini presso la città che segnava il confine del regno di Siracusa: Leontinoi. Ma in tale città predominava il partito filoromano che era rimasto fedele a Gerone ed era completamente avverso sia a Geronimo che ad Adranodoro; tali nobili, guidati da Dinomene, avevano interpretato la defezione di Siracusa come un tradimento e vedevano in Geronimo un despota incapace di governare. Furono senza dubbio i Romani a istigare l'organizzazione di una congiura contro Geronimo, garantendo la protezione di tali nobili, non appena si fossero sbarazzati del sovrano, e la loro fuga dalla città. Organizzando un agguato in segreto, essi finsero di accoglierlo; ma quando Geronimo attraversò una delle strade interne della città col suo esercito, i congiurati lo assalirono e lo uccisero a colpi di pugnale. Finiva dunque il regno di un sovrano giovanissimo, che credeva negli ideali dell'Ellenismo e nella libertà della Sicilia dal giogo romano.<ref>{{cita|Polibio|VII, 7-8}}; {{cita|Periochae|24.1}}.</ref> Lo testimonia persino la monetazione, che fu subito cambiata alla morte di Gerone II; ci è pervenuta una moneta con la testa del giovane sovrano in uno stile greco-punico, che sottolinea la svolta politica dell'alleanza tra Siracusani e Cartaginesi.
 
==Note==