Discorso di Udine: differenze tra le versioni

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Il '''Discorsodiscorso di Udine''' è un famoso discorso pronunciato da [[Benito Mussolini]] a [[Udine]] il 20 settembre [[1922]] in occasione di una adunata fascista. Il titolo ufficiale del discorso era: '' "L'azione e la dottrina fascista dinnanzi alle necessità storiche della Nazione''". Fu poi pubblicato nello stesso anno a [[Firenze]] da "Carpigiani e Zipoli".
 
Questo discorso apre la prima fase della [[politica economica fascista]], che va dal [[1922]] al [[1925]]. Centro di questa politica è il [[liberismo]], interpretato dal Fascismofascismo in un'accezione diversa da quella classica e che non esclude l'[[statalismo|intervento statale]] a supporto delle iniziative individuali. Con questo discorso Mussolini rende palese il virare delle sue simpatie: da sostenitore della [[repubblica (forma statuale)|repubblica]], egli si avvicina alla [[monarchia]], in ottica preparatoria in vista della [[Marciamarcia su Roma]], che sarebbe avvenuta solo poche settimane dopo (28 ottobre [[1922]]).
 
== I contenuti ==
Il Discorsodiscorso di Udine anticipa le modalità comunicative dei discorsi del futuro [[Duceduce]] e della linea politica fascista.
Dal punto di vista formale, il discorso è paradigmatico: Mussolini consolida le idee utilizzando pochi punti chiari e semplici, imposti come imperativi del regime, esposti in brevi sezioni del discorso autoconclusive e molto esplicite. Mussolini premette che avrebbe fatto "una eccezione alla regola che mi sono imposta: quella, cioè, di limitare al minimo possibile le manifestazioni della mia eloquenza", e promette un discorso "squisitamente fascista, cioè scheletrico, aspro, schietto e duro".
 
=== Il richiamo a '' Roma immortale'' ===
{{citazione|Eleviamo, dunque, con animo puro e sgombro da rancori il nostro pensiero a Roma, che è una delle poche città dello spirito che ci siano nel mondo, perché a Roma, tra quei sette colli così carichi di storia, si è operato uno dei più grandi prodigi spirituali che la storia ricordi; cioè si è tramutata una religione orientale, da noi non compresa, in una religione universale, che ha ripreso sotto altra forma quell'imperio che le legioni consolari di Roma avevano spinto fino all'estremo confine della terra. E noi pensiamo di fare di Roma la città del nostro spirito, una città, cioè, depurata, disinfettata da tutti gli elementi che la corrompono e la infangano; pensiamo di fare di Roma il cuore pulsante, lo spirito alacre dell'Italia imperiale che noi sogniamo.|Benito Mussolini, "Discorso di Udine"}}