Chiesa di San Giovanni di Verdara: differenze tra le versioni

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|Didascalia = La chiesa tra gli edifici militari
|Larghezza =
|Città = [[File:Padova-Stemma.png|20px]] [[Padova]]
|Regione = {{IT-VEN}}
|SiglaStato = ITA
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== Storia ==
 
La chiesa sorse agli inizi del [[XIII secolo]] - già esistente nel [[1219]] - come edificio di culto di un cenobio di [[Ordine di San Benedetto|monaci benedettini]] ''albi'': questo priorato, sorto in una zona della città "viridaria" caratterizzata dalla rigogliosa vegetazione, era per questo denominato "in viridario" poi "di Verdara". Il monastero si fece centro religioso rilevante tra il [[XIV secolo]] ed il [[XV secolo]] ed i monaci ingrandirono ed ampliarono la chiesa e gli edifici annessi.
 
Nel [[1431]] [[papa Eugenio IV]] consegnò a commenda tutto il monastero al nipote cardinale [[Antonio Correr]], [[vescovo di [[Ostia]] che la affidò nel [[1436]] ad una fiorente comunità di [[canonici regolari lateranensi]] che intrapresero una ampia campagna di restauro affidando i lavori a [[Lorenzo da Bologna]] e [[Giuliano da Porlezza]]. Tra il 1519 e il 1527 fu la residenza di [[Pietro Martire Vermigli]] e di [[Reginald Pole]]. Nel [[1566]] acquisì il titolo di abbazia. Tra il XV e XVII secolo i canonici raccolsero importanti opere artistiche e librarie tra cui il fondo di [[Pietro Montagnana]], sviluppando una delle più importanti collezioni di stampo rinascimentale che richiamarono l'attenzione di umanisti del calibro di [[Pietro Bembo]], assiduo frequentatore del complesso. Il "museo" di San Giovanni di Verdara divenne una delle attrazioni principali della città tra il XVI ed il XVIII secolo, soprattutto dopo il lavoro dell'Abate [[Ascanio Varese]] che aggiunse alla raccolta la ricca collezione di [[Marco Mantova Bonavides]], confluita nel monastero nel [[1711]]. Alla cura contribui incessantemente pure [[Ludovico Antonio Muratori]], attento catalogatore della biblioteca.
 
Nel [[1783]] la [[Repubblica venetadi Venezia]] soppresse l'ordine dei Canonici Lateranensi. La collezione dei religiosi divenne fondo del successivo Museo Civico mentre il resto fu convogliato presso la [[Biblioteca nazionale Marciana]]. La chiesa continuò ad essere officiata da sacerdoti secolari che ne mantennero l'arredo, mentre nelle strutture monastiche si installò la ''Ca' di Dio'' ([[brefotrofio]]) che lasciò spazio - dopo una breve occupazione dei [[Chierici regolari poveri della Madre di Dio delle scuole pie|piaristi]] - a tremila soldati austriaci con i loro duecento cavalli che vi crearono caserma nel [[1847]]. La chiesa fu officiata sino al [[1866]] (nell'ultimo periodo da una comunità di gesuiti) poi tutto fu trasformato in ospedale. La chiesa a tre navate fu suddivisa piano piano in strutture precarie, spazi utili all'attività ospitaliera che ancora oggi viene praticata dall'[[esercitoEsercito italianoItaliano]].
 
Le numerose opere d'arte che decoravano la chiesa sono oggi in gran parte esposte presso i Musei Civici agli Eremitani
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=== Interno ===
[[File:Tiepolo-s.patrizio.jpg|miniatura|sinistra|La Pala di San Patrizio, lavoro del Tiepolo già in San Giovanni di Verdara]]L'interno della chiesa a tre navate aperte da ariose arcate, era ricco d'opere d'arte: su un altare era collocata la mirabile scultura raffigurante "la Vergine Addolorata col Cristo morto e putto dolente" di Antonio Bonazza (ora esposta ai musei civici) su l'altare di San Patrizio preziosa tela di Giovambattista Tiepolo "San Patrizio Vescovo nell'atto di sanare un infermo" ora presso la pinacoteca civica. Due monumentali sepolcri rinascimentali ora collocati nel Chiostro del Noviziato alla Basilica di Sant'Antonio arricchivano la chiesa: il più antico, dedicato a Giovanni Calfurnio, opera di Antonio Minello e dirimpetto, quello a Lazzaro Bonamico, eretto su modello di Andrea Palladio ed impreziosito dal busto bronzeo dell'umanista opera di [[Danese Cattaneo]] (l'originale esposto ora al Museo Civico di Bassano). Numerose le tavole e le tele: [[Pietro da Bagnara]], [[Stefano Delldall'ArzereArzare]], [[Pietro Ricchi]], [[Alessandro Varotari]].
Il Rossetti ricorda che sull'altare del Santissimo "sta tabernacolo di Ebano, arricchito di pietre preziose del secondo genere che merita d'essere veduto".