Bonifica agraria: differenze tra le versioni

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La [[Seconda guerra mondiale]] portò gravi danni alle opere di bonifica dell'Italia meridionale e centrale (nel solo agro pontino i tedeschi allagarono, dopo lo [[Sbarco di Anzio|sbarco degli alleati ad Anzio]], ben 12000 ettari di terreno).
 
Non mancarono voci critiche alla bonifica integrale: Mario Bandini (preside negli anni '70 della facoltà di Economia alla Sapienza di Roma) che da giovane aveva analizzato complessivamente le opere di persona tra la fine degli anni 30 e l'inizio degli anni 40 come allievo di Arrigo Serpieri nell'economia agraria, testimoniava impietosamente unala situazione molto diversa da quella sempre sbandieratarelativa dalalle regimebonifiche.
 
{{Citazione|I territori italiani, i quali[...] sono stati soddisfacentemente trasformati, realizzando notevoli risultati produttivi congiunti a più densi insediamenti colonici, sono nell'ordine di grandezza di 220-250.000 ettari, con i 900[mila] che si affermano a bonifica pubblica e privata ultimata. Su altri 100.000 ettari si è completato il sistema irriguo, che ha incrementato le produzioni senza però creare nuove sedi di vita. Di quei 220-250 mila ettari, circa 100 mila sono frutto dell'azione dell'Onc su terreni espropriati; circa 10 mila di organismi particolari largamente aiutati dallo Stato, circa 20 mila trasformati da grandi imprese private (bonifiche ferraresi ed Eridania in Emilia ad es.); circa 30 mila sono frutto di lavoro contadino. La ordinaria proprietà privata non ha trasformato che 70-80 mila ettari, ed essi sono in grandissima parte nel Veneto e nell'Emilia.|Mario Bandini<ref>{{cita| Elisabetta Novello|p. 281}}</ref>}}