Prorogatio: differenze tra le versioni

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La ''prorogatio'' dei consigli comunali e provinciali è disciplinata nell'art. 38 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), laddove stabilisce che i consigli durano in carico sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.
 
Quanto ai consigli regionali, la [[Corte Costituzionale della Repubblica Italiana|Corte costituzionale]] ha ritenuto che la disciplina della loro ''prorogatio'' spetti allo [[statuto regionale]] (salvi i casi di scioglimento o rimozione disposti da organi statali, ai sensi dell'art. 126 della Costituzione, in relazione ai quali la disciplina dell'eventuale prorogatio spetterebbe alla legge statale)<ref>Giampiero Buonomo, [https://www.academia.edu/11435277/La_prorogatio_degli_organi_e_le_Regioni Prorogatio degli organi regionali: chi deve disciplinarla e come], Diritto e giustizia, 28 giugno 2003.]</ref>.
 
La legge n. 444 del 15 luglio 1994 ha disciplinato la ''prorogatio'' degli organi amministrativi, la sua configurabilità era stata a lungo dibattuta in [[dottrina (diritto)|dottrina]] e in [[giurisprudenza]]. Essa consente la ''prorogatio'' degli organi dello Stato, degli [[ente pubblico|enti pubblici]] o a partecipazione pubblica, per i 45 giorni successivi alla scadenza; durante questo periodo possono essere adottati atti di ordinaria amministrazione e atti urgenti ed indifferibili, con indicazione dei motivi di urgenza e di indifferibilità.