Villa (storia romana): differenze tra le versioni

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Secondo [[Plinio il Vecchio]] e [[Vitruvio]] vi erano due tipi di [[villa]]: la villa ''urbana'', che era una residenza di campagna che poteva essere facilmente raggiunta da [[Roma]] (o da un'altra città) per una notte o due, e la villa ''rustica'', la residenza con funzioni di [[fattoria]] occupata in modo permanente dai servi o da schiavi che ci lavoravano per i padroni.
 
== La villa rustica in età romana ==
 
[[File:Schema Villa Rustica.jpg|thumb|Schema di villa rustica]]
La villa ''rustica'' in origine era sostanzialmente il nucleo di un'azienda agraria a conduzione familiare, dove veniva prodotto ciò che era necessario al sostentamento. Col passare degli anni e l'accrescersi della potenza di Roma, che a ogni conquista trasferiva in Italia centinaia di migliaia di [[schiavi]] da sfruttare nei più svariati lavori, le ville rustiche si fecero sempre più grandi e sontuose (200-250 [[ettari]] sembra comunque la misura media) e la produzione agricola diventò un'attività il cui scopo non era più semplicemente quello di sfamare il padrone, ma anche e soprattutto di vendere i prodotti in eccesso anche su mercati lontani.
 
In particolare, la villa come azienda agricola fu una forma presente soprattutto in [[Italia centrale]], dalla [[Campania]] all'[[Etruria]] (celebre la [[Villa Settefinestre]] ad [[Ansedonia]]) ed è stata considerata da alcuni studiosi come la forma produttiva più originale, efficiente e razionale che l'economia romana abbia prodotto, la più vicina a sfiorare un modo di produzione propriamente [[capitalismo|capitalistico]].<ref>{{cita|Ruffolo|p. 24}}.</ref> Le produzioni erano differenziate: [[piantagioni]] (soprattutto [[Olea europaea|ulivi]] e [[vitis|vite]]), altre coltivazioni intensive, [[orto (agricoltura)|orti]], [[pascoli]], impianti di trasformazione, depositi, mezzi di trasporto. Si trattava, insomma, di una vera [[fabbrica]] rurale organizzata.<ref>{{cita|Ruffolo|p. 25}}.</ref>