Tiranno: differenze tra le versioni

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La tirannide come categoria politica e forma di governo viene trattata per la prima volta in maniera rigorosa nell'antichità classica ad opera di [[Platone]] ne "[[La Repubblica (dialogo)|La Repubblica]]".
 
Nella [[Grecia antica]] tiranno era colui che si proclamava signore di una città, assumendone qualsiasi tipo di potere, sia civile che militare. Il termine "tiranno" è di origine microasiatica e significa letteralmente "signore"; nelle [[Storie (Erodoto)|Storie]] di [[Erodoto]], il termine τύραννος (tùrannos) (es. in Storie III, 80-82) non ha ancora accezione negativa, ed è da intendersi come "signore della città". A partire dalla seconda metà del [[V secolo a.C.]], quando in Grecia, e soprattutto ad Atene, comincia a svilupparsi la riflessione sulla legittimità del potere, esso allude ad un potere esercitato senza il consenso dei cittadini. Nell’Atene de [[V secolo]], si identifica con tyrannos e tyrannis ogni forma di regime non fondato su un libero patto costituzionale tra cittadini. Nella specie, il tiranno viene visto come nato per corruzione, dalla città stessa. Il tiranno è innanzitutto nemico della democrazia. È corrotto, vizioso, fatale alla città ed è caratterizzato dal poter fare ciò che vuole senza esser soggetto ad alcun controllo, come sostiene [[Otane]]. La tirannide era percepita ad Atene come un disvalore assoluto e la paura del tiranno era un sentimento diffuso che contribuiva alla definizione e al rafforzamento dell'identità collettiva della [[polis]]. L'accusa di voler instaurare un regime tirannico era un elemento ricorrente nella propaganda politica del tempo e in questo modo la polis fondava la propria identità sull'idea di un'antitesi radicale nei riguardi della tirannide percepita come una dimensione del tutto negativa. L'elaborazione ideologica del tiranno si sviluppa in uno spazio autonomo, uno spazio politico fuori dalla lotta delle parti, come occasione di riunificazione festiva dell’intero corpo della città. È chiaro infatti che il nesso tra rappresentazioni teatrali e vita politica è un aspetto che caratterizza la polis di Atene   per tutto il V secolo, ed è qui che la figura del tiranno prende forma e vive: nel teatro. I tragediografi fanno parlare ai loro personaggi il linguaggio della politica e ciò significa, in altri termini, che gli [[archetipi]] mitici venivano utilizzati come strumento per discorsi di natura politica e legati alla realtà contemporanea.  
 
La figura del tiranno non pare avere né in Atene né in tutta la Grecia del V secolo un soddisfacente referente storico. I modelli di tiranno erano troppo lontani dal tempo; la sua stessa figura nel V secolo è una figura politicamente inattuale. Il tiranno vive la propria vita sulla scena tragica, dà il suo carattere a diversi personaggi, ognuno dei quali ha una distinta funzione drammatica, ma tutti obbediscono allo stesso modello, fedeli allo stesso tipo di caratteristiche. È proprio sulla scena teatrale infatti che la paura e il disprezzo per il tiranno vengono vissuti con immediatezza, è sulla scena che la tirannide appare sempre meno una soluzione politica e si trasforma in una dimensione umana, in una caratterizzazione di una figura etica e psicologica. Lo spettro del tiranno viene agitato con maggior pericolo per la democrazia ateniese, viene sempre rappresentato come suo nemico. Questo servirà anche allo scopo di evitare che un singolo cittadino concentrasse tutto il potere nelle sue mani   ed avesse la tentazione di instaurare un potere dispotico. Il modello del tiranno si preciserà poi nel tempo ma si manterrà coerente nei propri modelli di fondo. Sono i tragediografi che si servono della fobia della tirannide per incarnare in essa ogni più pericolosa iniquità. È proprio durante la [[guerra del Peloponneso]], quando si è ben distanti dalla tirannide, che la polemica anti tirannica si accende di maggior violenza ideologica, sino a diventare un vero e proprio anti tirannismo della piazza come [[Aristofane]] ironizza: "''Per cinquant'anni non ne ho mai sentito il nome e ora va più del pesce conservato''."
 
Il pericolo del tiranno si diffonde così in tutta l'Atene del V secolo e funge ad incarnare il modello di tutte le negatività insite nell'uomo corrotto e vizioso, fatale alla città. Non stupisce il fatto che l'accusa di tirannide fosse di frequente usata anche per colpire i principali esponenti della vita pubblica, come [[Pericle]]. Un esempio più essere proprio il celebre giudizio Tucidideo sulla figura di Pericle: "''Era una democrazia a parole, ma di fatto si trattava del potere del primo cittadino''". Una delle prime descrizioni della tirannide è proprio riportata da [[Erodoto]] nel suo tripolitikòs logos in cui colloca in bocca al nobile Otane un elogio della democrazia che è strettamente connesso con la condanna della tirannia. Questo passo, benché la sua veridicità sia molto discussa, è importante perché costituisce il primo delinearsi nei tratti specifici della figura del tiranno.
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Invece per [[Platone]] l'uomo tirannico è il punto d'arrivo di un'anima abbandonata dalla razionalità ad ogni sorta di eccesso, ed è proprio sulla scena tragica ateniese che nasce l'anima tirannica spiegata da Platone. Sebbene il personaggio del tiranno appaia fedele a sé stesso, come se presupponesse un modello storico vivo dinnanzi agli occhi del drammaturgo o ancora presente nella memoria cittadina recente, alla conclusione di questo continuo riaffacciarsi di figure simili pur con nomi diversi, non si profila alcun carattere stereotipato. Il tiranno non si irrigidisce in maschera ma continua a cambiare per dar vita sempre ad una nuova concezione di libertà. Per descrivere la figura sempre eterna del tiranno ci si può servire di opere distanti nel tempo perché l'ispirazione dei suoi tratti resta la stessa.
 
Analizzando specificamente le caratteristiche tipiche del tiranno riportate in scena. In ogni rappresentazione del tiranno si evidenzia la paura che si accompagna al potere; non solo la paura che ha di lui chi gli è soggetto ma anche la paura stessa del tiranno. Il despota ha come caratteristica propria la paura, con cui vive ed agisce sempre, di perdere il potere. Ogni agire che il tiranno suppone avverso al proprio potere viene interpretato come il frutto di una congiura o di un inganno, la sua figura è circospetta perché teme ed è costretta a governare tra le paure. 
 
Se si vuole fare un esempio concreto del termine "tirannide" si può far riferimento al governo di [[Pisistrato]] e dei [[pisistratidi]].