Gandino: differenze tra le versioni

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Questa tuttavia non fu sufficiente ad evitare pericoli agli abitanti. Il 17 agosto [[1404]], in seguito ad un attacco dei ghibellini gandinesi (unitamente a quelli di [[Nembro]], Vertova ed [[Almenno San Salvatore|Almenno]]) perpetrato ai danni di esponenti guelfi di [[Albino (Italia)|Albino]], vi fu una ritorsione di questi ultimi che riuscirono ad eludere i posti di blocco alle porte del paese ed uccidere nove gandinesi.
 
La complicata situazione sociale venne accompagnata da una altrettanto problematica situazione politica. Dopo la morte di [[Caterina Visconti]], duchessa di Milano, il possesso della bergamasca passò al condottiero [[Pandolfo III Malatesta|Pandolfo Malatesta]]. Gandino immediatamente formalizzò la propria sottomissione al nuovo signore, inviando anche propri uomini in appoggio alle campagne militari in corso. Durante una di queste, il 26 marzo [[1418]] il condottiero soggiornò presso Gandino, poco prima di arrendersi a [[Filippo Maria Visconti]]. Il nuovo cambio di governo portò i reggenti del paese a giurarvi fedeltà, mossa che garantì a Gandino la conferma dei privilegi formalizzati precedentemente dal Malatesta.
 
=== La Serenissima ===
Una decina di anni più tardi, in seguito alla [[Pace di Ferrara]], ai Visconti subentrò la [[Repubblica di Venezia]], ed anche questa volta il paese si sottomise ai nuovi dominatori, tanto che nelle guerre del [[1437]] nove gandinesi morirono sotto la bandiera del leone di san Marco. Tuttavia negli anni successivi si verificarono altri ribaltamenti di fronte, con la zona che passò per due volte ai milanesi, per ritornare altrettante volte sotto la Serenissima. Ed ogni volta i reggenti del paese si consegnarono ai vincitori, tanto da vedersi sempre conservati i propri privilegi, utilissimi per i commerci ed i traffici dei prodotti lanieri.
 
La [[Repubblica di Venezia|Serenissima]] inserì Gandino nella "Quadra della val Seriana di Mezzo", ponendolo come capoluogo, dando il via ad un periodo di tranquillità in cui l’intera zona riprese a prosperare, garantendo quegli sgravi fiscali concessi già in epoca viscontea, attuando una diminuzione della pressione fiscale ed offrendo maggiori autonomie. Nel primo statuto del paese, redatto nel [[1445]], venivano ribadite le dinamiche inerenti la gestione del territorio e l’amministrazione del comune. Gandino difatti era inserito in una sorta di confederazione sovra comunale che raggruppava tutti i paesi della Val Gandino. Questa era amministrata da un podestà (detto anche "vicario") che, scelto tra la nobiltà della città di Bergamo, era affiancato dal "consiglio degli anziani". Questo organo, composto da otto membri espressione dei paesi (un rappresentante per ogni paese, tranne il capoluogo Gandino con due), aveva la facoltà di far rispettare i voleri della Serenissima, ma anche deliberare riguardo a spese da sostenere e provvedimenti urgenti da adottare.
[[File:Gandino Palazzo del Salone 02.JPG|thumb|La centrale piazza Vittorio Veneto ed il Palazzo del Salone]]
 
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Tuttavia vi furono anche alcuni violenti scossoni alla tranquillità degli abitanti, dati dalle epidemie di peste che ebbero effetti devastanti. La prima, nel [[1529]] provocò la morte di 1.179 abitanti su un 2.938, circa il 40% del totale, mentre la seconda, tristemente nota anche per essere stata narrata da [[Alessandro Manzoni]] tra il [[1629]] ed il [[1630]], fu ancora più disastrosa. In quest'ultimo caso gli abitanti cercarono di evitare la diffusione del morbo limitando gli accessi al borgo fortificato e mettendo in quarantena i mercanti di ritorno dai traffici commerciali. Nonostante gli sforzi, la malattia fece la sua comparsa a Gandino nel mese di giugno del [[1630]], mietendo circa 50 vittime ogni giorno. Al termine dell'epidemia, la popolazione era più che dimezzata, tanto che i sopravvissuti furono circa 1.500, contro i 1.760 morti. Questa situazione vide una notevole riduzione della manodopera specializzata, che fu "importata" da altri paesi, permettendo un rapido rilancio dell'industria della lana, che in breve tempo ritornò su livelli considerevoli. La notevole quantità di denaro che circolava per il paese fece sì che le famiglie più in vista cominciassero ad erigere ville e palazzi signorili che potessero dare lustro al casato ed al paese.
 
Se in quegli ani la borghesia era attiva nei commerci, gli stati più bassi della popolazione erano spesso impegnati nell'allevamento e nell'agricoltura, attività che ricoprivano sempre un ruolo importante nell'economia locale. Anche in questi ambiti Gandino riuscì ad innovare, tanto da essere il primo paese della [[Lombardia]] ad inserire la coltivazione di [[Zea mays|granoturco]], come testimoniato da documenti del [[1632]]. Il ''melgotto'', così chiamato in dialetto locale, venne importato da mercanti e fu coltivato presso la località "Clusven", posta alle pendici del monte Corno.
 
A partire dalla metà del [[XVIII secolo]] il commercio della lana subì un forte declino. Ciò fu causato da una forte perdita di competitività data da molteplici fattori: in primo luogo il livello medio-basso dei pannilana prodotti in val Gandino, che risentì quindi della concorrenza estera; la politica asburgica che inserì misure protezionistiche per favorire i prodotti austriaci; la scarsa innovazione dei prodotti gandinesi, non attenti quindi alle nuove tendenze del mercato. Le più facoltose famiglie del paese, su tutti i Giovanelli, i Peruzzi ed i Raffaelli, emigrarono nei domini asburgici, dove abbandonarono i commerci, investendo i propri beni in possedimenti terrieri e nell’acquisizione di cariche nobiliari.
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Inoltre vennero ridiscussi i limiti amministrativi delle entità della valle, che ritornarono alla situazione esistente al termine della Repubblica veneta. Quindi riacquisirono la propria autonomia i borghi di Leffe, Cazzano, Peia e Barzizza, con Gandino che vide le proprie competenze territoriali limitate al proprio censuario con l'aggiunta del borgo di Cirano.
 
In ogni caso la dominazione austriaca non riuscì mai ad ingraziarsi la popolazione, tanto che i gandinesi furono attenti e partecipi alle iniziative del [[Risorgimento italiano|risorgimento]], volte alla creazione di uno stato unitario italiano. Nel [[1859]] infatti vi furono numerose collette, destinate a finanziare le spedizioni di [[Giuseppe Garibaldi]] alle quali, in differenti occasioni, parteciparono come volontari undici abitanti. Inoltre le camicie utilizzate dal comandante nella [[Spedizione dei Mille]], furono tinte in rosso scarlatto proprio a Gandino da artigiani locali, evento ricordato anche in occasione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia<ref>[http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/126727_il_rosso_del_tricolore__nato_a_gandino_come_lo_scarlatto_delle_camicie_dei_mille/?attach_m «Tricolore» e camicie dei Mille: lo scarlatto fu «tinto» a Gandino]</ref>.
Difatti in paese, oltre agli storici opifici, sorsero numerose attività ad essi legate, come tintorie, setifici e filande. Queste ultime portarono innovazione sia in ambito sociale, assumendo manodopera prevalentemente femminile, che in ambito tecnologico, installando macchinari all'avanguardia, in controtendenza rispetto alle abitudini degli industriali locali.
 
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In seguito all'unità d’Italia si ebbe un elevato incremento della produzione industriale, situazione che vide il proprio apice tra il termine del [[XIX secolo]] e l'inizio del [[XX secolo|XX]]. Alcune industrie si svilupparono notevolmente, tra cui quelle gestite dalle famiglie Radici e Testa, tra i primi ad utilizzare l’energia elettrica ricavata dal corso del torrente Romna.
 
In ambito amministrativo, nel [[1927]] il [[Storia dell'Italia fascista|regime fascista]], perseguendo una politica volta ad accorpare i centri più piccoli in favore di quelli con dimensioni maggiori, aggregò il comune di Barzizza a Gandino, che assunse quindi l’aspetto amministrativo attuale.
 
Durante la [[seconda guerra mondiale]], nel periodo dell'occupazione tedesca e della [[Repubblica Sociale Italiana]], trovarono rifugio a Gandino diverse famiglie di profughi ebrei stranieri (una sessantina circa) giunte in zona, in regime di domicilio coatto, già nel periodo precedente all'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]]. Le persone coinvolte nel soccorso furono molteplici, talora agendo in modo concatenato, l'una sostituendosi alla precedente. Nonostante la zona fosse soggetta a continui rastrellamenti, la rete di protezione si dimostrò efficace ad impedire la deportazione. Come ringraziamento del generoso trattamento ricevuto, il 25 aprile [[1948]] un gruppo di ebrei ricoverati a Gandino durante la guerra presentò al Comune una pergamena. Molti di essi mantennero fraterni contatti con gli abitanti di Gandino. Il 9 agosto 2004, l'Istituto [[Yad Vashem]] di [[Gerusalemme]] ha conferito l'alta onorificenza di [[giusti tra le nazioni]] a Vincenzo Rudelli, Giovanni Servalli e ai coniugi Francesco Lorenzo e Maria Chiara Nodari e Bortolo e Battistina Ongaro.<ref>Israel Gutman, Bracha Rivlin e Liliana Picciotto, ''I giusti d'Italia: i non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-45'' (Mondadori: Milano 2006), pp.178-80</ref>.
 
Contestualmente, dopo la caduta del regime, nella val Gandino nacquero numerosi nuclei di persone che cercarono di contrastare i soprusi dei nazi-fascisti ancora imperanti nella zona. Tra questi gruppi di partigiani, che agirono a lungo sui monti limitrofi, ottimi luoghi sia di rifugio che di avvistamento sulle valli Camonica, Seriana, Borlezza e Cavallina, si segnalò la banda comandata da Giovanni Brasi e [[Giorgio Paglia]], che pose il proprio quartier generale presso la Malga Lunga, posta sul confine tra Gandino e Sovere, poco più a monte della località di Valpiana. Le iniziali scaramucce si trasformarono in veri e propri combattimenti, che videro soccombere proprio i partigiani, catturati e condotti alla fucilazione presso Lovere. Quegli eventi sono ricordati proprio presso la [[Malga Lunga]], presso la quale è stato istituito un museo sulla resistenza.
Quegli eventi sono ricordati proprio presso la [[Malga Lunga]], presso la quale è stato istituito un museo sulla resistenza.
 
Dopo il passaggio dalla monarchia alla repubblica, avvenuto nel [[1946]] con un ''[[referendum]]'', che a Gandino vide la vittoria di misura dei repubblicani (1.422 contro 1.309), nella seconda parte del XX secolo nel paese le realtà legate all'industria tessile subirono una flessione, venendo affiancate e sostituite da attività operanti nei settori meccanico e meccano-tessile, ambito nel quale ebbe uno sviluppo internazionale il gruppo [[Itema Holding|Radici]], di proprietà dell'omonima famiglia. Il rallentamento dell'industria laniera provocò il passaggio della leadership industriale della val Gandino al vicino comune di Leffe.
 
Altro settore che vide una notevole espansione fu il turismo: nel [[1951]] fu inaugurata la funivia che permetteva di raggiungere il monte Farno, con una corsa di 2.300 metri, che la rendevano la più lunga della Lombardia. Questa fu dismessa nel [[1976]] in seguito all'apertura della strada carrabile che diede un ulteriore impulso alla frequentazione della zona in questione.
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=== Altri edifici religiosi ===
[[File:Gandino10.jpg|thumb|upright=1.3|Il chiostro del Convento delle Suore Orsoline]]
* Chiesa di san Carlo, posta nell'omonima via ed edificata tra il [[1610]] ed il [[1638]] con annesso monastero femminile, inizialmente soggetto alla [[Regola benedettina|regola di san Benedetto]]. Soppresso nel [[1810]] dalle normative napoleoniche, fu ricostituito nel [[1818]] quando vi fecero ritorno altre religiose, questa volta aderenti all'ordine delle [[Suore orsoline di Maria Vergine Immacolata]], che tutt'ora vi risiedono. Al piano terreno vi è un chiostro con un loggiato con colonne in stile [[Ordine dorico|dorico]], mentre al primo piano gli stessi elementi portanti sono replicati con misure dimezzate.
* Chiesa del Sacro Cuore, posta in via san Giovanni ed adibita ad abitazione del curato;
* Chiesa di san Giuseppe Sposo di Maria Vergine, edificata nella prima parte del [[XVI secolo]] dall'omonima confraternita che tutt'ora vi è presente;