Icchantika: differenze tra le versioni

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Secondo alcune dottrine della scuola [[Cittamātra]], scuola appartenente al [[Buddhismo Mahayana]], gli '''iccāntika''' (cinese: 一闡提, ''yīchǎntí'', coreano: ''ilcheonje'', giapponese: ''issendai'', vietnamita: ''nhất xiển đề'') sono quella classe di esseri esclusa in eterno dalla [[Nirvana (religione)|Liberazione]].<br />
 
== Caratteristiche ==
A differenza della dottrina [[Protestantesimo|protestante]] della [[Depravazione totale]] gli iccāntika non derivano la loro condizione da una contaminazione originaria ed ereditaria del [[Male]] ma da una scelta deliberata di compiere il male.
In particolare conducono allo stato di iccāntika le ''[[Pañcānantaryāṇi karmāṇi|cinque azioni mortali]]'' se compiute con l'aggravante di non provarne rimorso: uccidere il padre, uccidere la madre, uccidere un [[arhat]], ferire un [[Buddha]], dividere il [[Sangha]].<br />
 
Causare la morte di iccāntika, per quanto grave, verrebbe così considerato una azione [[Karma#Buddhismo|karmicamente]] meno grave dell'uccisione di un insetto, in quanto il primo è ritenuto compagno di [[Māra]], il secondo un essere senziente che sta scontando il frutto delle sue azioni ma è pur sempre sulla strada verso la Liberazione.
 
== Storia ==
La dottrina riguardante gli iccāntika è trattata particolarmente nel ''Aṅgulimālā Sūtra'' e nel Mahāyāna ''Mahāparinirvāṇa Sūtra''. In particolare il secondo diede adito ad ampie discussioni in [[Cina]] durante la [[Dinastia Jìn#Dinastia Jin orientale|dianstia Jin]]. Le varie redazioni e traduzioni del testo in tibetano e cinese attestano che fino al V secolo il sūtra in sanscrito era ancora soggetto a varie versioni e non ancora stabilito. Nel [[412]] il monaco e traduttore [[Fǎxiǎn]] tornò dall'[[India]] e si apprestò a tradurre, con l'aiuto di [[Buddhabhadra]], il ''Mahāparinirvāṇa Sūtra'' che aveva portato con sé. Dalle prime versioni che iniziarono a circolare si diffuse in Cina la dottrina riguardante gli iccāntika.<br />
Contro questa innovazione dottrinale si schierò risolutamente il monaco [[Dàoshēng]], che ritenne impossibile che si potesse sostenere l'esclusione di una classe di esseri senzienti dal Nirvana e dalla [[Bodhi]], sia perché avrebbe limitato la pervasività dello stesso, intaccato la dottrina del tathāgatagarbha, introdotto un principio di dualità che avrebbe disgragato il senso di ogni non-differenziazione e quindi le basi stesse della dottrina della [[Prajnaparamita#La dottrina|Prajñāpāramitā]].<br />
 
Si giunse a prospettare l'esclusione di Dàoshēng dal [[Sangha]] in quanto rifiutava esplicitamente l'autorità di un sūtra.<br />
Contro questa innovazione dottrinale si schierò risolutamente il monaco [[Dàoshēng]], che ritenne impossibile che si potesse sostenere l'esclusione di una classe di esseri senzienti dal Nirvana e dalla [[Bodhi]], sia perché avrebbe limitato la pervasività dello stesso, intaccato la dottrina del tathāgatagarbha, introdotto un principio di dualità che avrebbe disgragato il senso di ogni non-differenziazione e quindi le basi stesse della dottrina della [[Prajnaparamita#La dottrina|Prajñāpāramitā]].<br />
Nel [[421]] però [[Dharmakṣema]] concluse la sua traduzione definitiva del ''Mahāparinirvāṇa Sūtra'' da cui risultava evidente che anche gli iccāntika avrebbero raggiunto la Liberazione finale grazie al fatto che tutti gli esseri senzienti possiedono già la natura di Buddha, ''Buddha-dhatu''.<br />
 
Si giunse a prospettare l'esclusione di Dàoshēng dal [[Sangha]] in quanto rifiutava esplicitamente l'autorità di un sūtra.<br />
 
Nel [[421]] però [[Dharmakṣema]] concluse la sua traduzione definitiva del ''Mahāparinirvāṇa Sūtra'' da cui risultava evidente che anche gli iccāntika avrebbero raggiunto la Liberazione finale grazie al fatto che tutti gli esseri senzienti possiedono già la natura di Buddha, ''Buddha-dhatu''.<br />
 
Nel 430 questa nuova traduzione completa giunse nella Cina meridionale dove si trovava Dàoshēng, a cui fu immediatamente riconosciuto il merito di aver sostenuto la posizione dottrinale più corretta.
Anche nel ''Laṅkāvatāra Sūtra'' si sostiene la salvezza per gli ''iccāntika'', grazie al potere salvifico del Buddha. Simile potenza salvifica è anche attribuita a [[bodhisattva]] come [[Avalokiteśvara]] e [[Kṣitigarbha]].