Pensiero di Agostino d'Ippona: differenze tra le versioni

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===Dal dubbio alla Verità===
{{citazione|E vanno gli uomini a contemplare le vette delle montagne, gli enormi flutti del mare, le lunghe correnti dei fiumi, l'immensità dell'oceano, il corso degli astri, e non pensano a se stessi.|''[[ConfessionesConfessioni]]'', X, 8,15}}
Nel pensiero di Agostino permane come esigenza fondamentale l'ansia e la ricerca della [[verità]] (intesa nella sua dimensione generale e non come singolo enunciato). Poiché l'indagine [[filosofia|filosofica]] e la vita [[religione|religiosa]] in lui coesistono e sono inseparabili, una tale ricerca si pone sul piano religioso. Ad esempio, egli affermava che i classici antichi sono solo una preparazione al [[Cristianesimo]]: se [[Cristo]] fosse vissuto al tempo di [[Socrate]], [[Platone]] ed [[Aristotele]], sicuramente costoro ne sarebbero diventati discepoli.
 
Per Agostino, l'uomo deve vivere secondo la propria [[ragione]], che è ciò che più lo caratterizza e, attraverso un percorso esistenziale, arrivare alla conoscenza di come stanno le cose del mondo. Per evitare orientamenti errati nel proprio cammino di vita, bisogna confutare con l'ausilio della ragione quelle filosofie che negano la verità, ad esempio lo [[scetticismo filosofico|scetticismo]]. È la Verità che sconfigge le ombre dello scetticismo, manifestandosi come la confutazione dell'[[Errore (filosofia)|errore]]. Agostino affermava che la verità esiste: partendo dal dubbio scettico arrivava ad una certezza, perché non potrei dubitare se non ci fosse una verità che appunto al dubbio si sottrae. Fu questa [[intuizione]] a farlo uscire dal dubbio radicale nel quale egli era caduto durante gli anni bui che precedettero la sua [[conversione religiosa|conversione]].
 
L'intuizione con cui il [[dubbio]] si rende [[consapevolezza|consapevole]] nella mia mente è già la verità stessa che si fa strada: «Io provo a dubitare di tutto», diceva il filosofo, «ma, certamente, anche con il dubbio più radicale, sono certo che sto dubitando». Dunque: «''Si enim fallor sum. Nam qui non est, utique nec falli potest, ac per hoc sum si fallor''» («Se infatti mi sbaglio, vuol dire che esisto: chi non esiste non può nemmeno sbagliarsi; dunque, siccome mi sbaglio, esisto»). Almeno fino alla concezione [[Cartesio|cartesiana]], esistevano due tipi di dubbio:
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{{citazione|Non uscire fuori di te, ritorna in te stesso: nell'interiorità dell'uomo abita la verità, e se troverai la tua natura mutabile, trascendi anche te stesso|''De vera religione'', XXXIX|Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas, etsi tuam naturam mutabilem inveneris, trascende et te ipsum|lingua=la}}
 
Il processo [[conoscenza|conoscitivo]], sostiene infatti Agostino, non può che nascere all'inizio dalla [[sensazione]], nella quale il [[corpo (metafisicaesoterismo)|corpo]] è passivo, ma poi interviene l'[[anima]] che giudica le cose sulla base di criteri che vanno oltre gli oggetti corporei.
 
Egli osserva come ad esempio i concetti [[matematica|matematico]]-[[geometria|geometrici]] che applichiamo agli oggetti corporei abbiano le caratteristiche spirituali della necessità, dell'immutabilità, e della perfezione, mentre gli oggetti in sé sono contingenti.
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Da dove deriva questa perfezione? La risposta è che al di sopra della nostra mente c'è una somma [[Verità]], una ''ratio superior'', ossia più elevata del mondo sensibile, dove le idee restano immutate nel tempo e ci permettono di descrivere la realtà degli oggetti contingenti.
 
Si può notare come Agostino assimili quei concetti perfettissimi alle [[Idea|Idee]] di [[Platone]], ma diversamente da quest'ultimo (come già segnalato in precedenza) egli le concepisce come i pensieri di Dio che noi [[intuizione|intuiamo]] non in virtù della platonica [[Anamnesi (filosofia)|reminiscenza]], ma grazie a un'[[illuminazione]] operata direttamente da Dio.
 
L'intelletto umano trova la verità come [[oggetto (filosofia)|Oggetto]] ad esso superiore: la verità misura di tutte le cose, e lo stesso [[intelletto]] è "misurato" rispetto ad essa, al punto tale che in riferimento alla verità non si potrebbe neppure parlare propriamente di oggetto, bensì di [[soggetto (filosofia)|Soggetto]].
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È come se [[Dio]], in quanto essere intelligibile, fosse un sole che illuminando tutte le cose le rende perciò intelligibili: come è necessaria una luce corporea per vedere gli oggetti intorno a noi, così occorre gettare un'altra luce incorporea (Dio) per vedere le idee.
 
La dimostrazione della Verità coincide quindi con quella dell'[[esistenza di Dio]]. In proposito, il filosofo utilizzava ununa [[ragionamentodimostrazione per assurdo]] per dimostrare l'eternità della Verità: se un giorno la Verità non esistesse più, allora sarebbe vero che essa non esiste più. Ciò sarebbe un'assurda contraddizione in termini, per cui la Verità dev'essere eterna. Essa scaturisce da un duplice movimento: da un lato l'[[anima]] la cerca, secondo un assunto che presenta notevoli influenze platoniche: la fuga dal corpo avviene perché l'anima ricerchi la Verità. In questa ricerca ci sono anche influenze [[Socrate|socratiche]] che si rifanno al motto ''[[conosci te stesso]]''. Dall'altro però, anche Dio vuole farsi conoscere dall'uomo, perché non è il Dio impersonale dei platonici: Egli ama le sue creature. L<nowiki>'</nowiki>''[[eros (filosofia)|eros]]'' (la brama possessiva che l'uomo ha di Dio) si fonde così con l<nowiki>'</nowiki>''[[agape (sentimento)|agape]]'' (l'amore incondizionato di Dio). Parafrasando [[Paolo di Tarso|San Paolo]], Agostino affermava che l'uomo può raggiungere la Verità, ma non la può possedere, poiché sarebbe possedere Dio; piuttosto, l'uomo ne viene posseduto.
 
Ciò significa che Dio, per un verso, è [[immanenza|immanente]] alla ragione umana, cioè è presente dentro di noi come condizione del nostro ''pensare'': i nostri pensieri nascono da Lui, sebbene Egli sia [[inconscio]] e prema perciò per affiorare alla nostra [[coscienza (filosofia)|coscienza]]. Per altro verso, però, Dio è [[Trascendenza|trascendente]], cioè è assolutamente "Altro" da noi: Egli è il traguardo ultimo dei nostri pensieri che sbadatamente rivolgiamo agli oggetti finiti.<ref>La contemporanea immanenza e trascendenza di Dio è riassunta da Agostino nella formula «''Deus interior intimo meo et superior summo meo''», «Dio è più intimo a me di me stesso e più alto della mia parte più alta» (''Confessioni'', III, 6, 11).</ref> Poiché Dio è infinito, non possiamo racchiuderlo in una definizione esaustiva. Per questo, nel risalire a Lui, occorre andare oltre i confini della nostra ragione, fino a vivere l'[[estasi]] intuitiva, nella quale Dio e il mondo, che prima erano separati da un insormontabile divario, finalmente si riconciliano: «Il nostro cuore non ha pace finché non riposi in Te»<ref>''[[Confessioni]]'', I, 1.</ref>.
 
====Fede e ragione====