Siface: differenze tra le versioni

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Gala aveva un figlio di diciassette anni, [[Massinissa]], di una tale indole che già da allora appariva che avrebbe ampliato i domini del regno di suo padre. I Cartaginesi informarono Gala del fatto che, i Romani e Siface avrebbero potuto, ora che erano alleati, combattere insieme sia in Spagna, sia in Africa, con grave danno per tutte le altre genti africane. Era necessario, pertanto, contrastare questa crescente potenza su entrambi i fronti.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 49.1-3}}.</ref> Fu facile persuadere Gala a inviare un esercito, poiché il figlio Massinissa insisteva a chiedere quella guerra. Poco dopo, infatti, Siface fu sconfitto in una grande battaglia in Africa, dai Cartaginesi e dalle truppe guidate dal giovane Massinissa. Si dice che caddero ben 30.000 uomini.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 49.4}}.</ref> Siface allora con pochi cavalieri si rifugiò presso i Numidi Maurusi, che abitano le estreme regioni dell'Africa, vicino alle spiagge dell'oceano, di fronte a ''[[Cadice|Gades]]''. Qui egli riuscì a radunare nuovamente un grosso esercito e passò con essi in Spagna. Contemporaneamente Massinissa, giunse anch'egli nella penisola iberica, pronto a contrastare Siface senza l'aiuto dei Cartaginesi.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 49.5-6}}.</ref>
 
Nell'estate del 210 a.C., Siface inviò dei suoi ambasciatori a [[Roma (città antica)|Roma]] per comunicare l'esito favorevole delle battaglie che il re aveva combattuto contro i Cartaginesi. Essi assicuravano al Senato riunito che il loro re era totalmente avverso nei confronti di Cartagine, mentre a Roma riconosceva la sua amicizia. Ricordavano che in passato Siface aveva mandato ambasciatori in Spagna ai generali romani [[Gneo Cornelio Scipione Calvo|Gneo]] e [[Publio Cornelio Scipione (console 218 a.C.)|Publio Cornelio]], e che ora più che mai desiderasse ottenere l'amicizia del popolo romano rivolgendosi al Senato stesso.<ref>{{cita|Livio|XXVII, 4.5-6}}.</ref> Il senato non solo accettò la richiesta del re numida, ma inviò allo stesso come ambasciatori Lucio Genucio, Publio Petelio e Publio Popilio affinché gli portassero dei doni, tra cui una [[toga]] ed una tunica purpurea, una [[sedia curule]] d'avorio ed una coppa d'oro di cinque libbre.<ref>{{cita|Livio|XXVII, 4.7-8}}.</ref> Gli ambasciatori del senato ebbero anche l'ordine di recarsi, subito dopo, dagli altri re africani, portando loro in dono, toghe preteste e coppe d'oro del peso di tre libbre ciascuna.<ref>{{cita|Livio|XXVII, 4.9}}.</ref>
 
=== Contro Roma, dalla parte di Cartagine ===