Fenomenologia: differenze tra le versioni

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== Storia del termine fenomenologia ==
Il termine ''fenomenologia'' fu introdotto originariamente dal filosofo tedesco di origine svizzera [[Johann Heinrich Lambert]]: nella sua opera ''Novum Organon'', apparsa nel 1764, la fenomenologia designa lo studio delle apparenze illusorie, ossia delle fonti d’errored'errore. [[Kant]], a sua volta, riprende il termine nei ''Primi princìpi metafisici della scienza della natura'' (''Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft'', del 1786), per indicare una parte della teoria del movimento che considera quest'ultimo soltanto in rapporto alle modalità in cui appare nella sensibilità esterna.
 
Convenzionalmente, il termine ha quattro significati principali nella storia della filosofia, uno desunto da [[Hegel]] (1807), uno da [[Husserl]] (a partire dal 1900), uno da [[Scheler]] (1914) e infine uno da [[Heidegger]] (1927).
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== Le principali divergenze fra la fenomenologia di Husserl e di Scheler==
[[Scheler]] rientra solo per certi aspetti all'interno del movimento fenomenologico. Ad es. sul problema dell’adell'a priori materiale (o “apriori” come scrive Scheler) Husserl e Scheler non pensano esattamente la stessa cosa, anche se tuttavia sono più vicini di quanto lasci supporre la violenta polemica innescata nel 1913 da Scheler contro l’“idealismo”l'“idealismo” di Husserl.
 
Quando Husserl, nelle ''Ricerche Logiche'', scrive che le forme categoriali si danno nell’intuizionenell'intuizione categoriale, Scheler, fraintendendo, pensa di poter leggere che esistono riempimenti materiali "empirici" che possono essere colti indipendentemente dalla percezione sensibile, ma quando Husserl, in ''Ideen I'', fa supporre che le forme categoriali siano da intendere nel senso di Bolzano, cioè in termini di essenze distinte dai dati empirici e basate su dati sensibili, Scheler bolla troppo frettolosamente tutto il discorso come idealismo. Per venir fuori da questi fraintendimenti è opportuno valutare se quella di Husserl e di Scheler possano essere considerate come due posizioni complementari.
 
Le divergenze derivano principalmente dalla differente teoria della realtà e dal differente concetto di sensazione. Scheler fra il 1912 e il 1917 è in grado di elaborare una compiuta [[fenomenologia della corporeità]] in cui il corpo-vivo (''Leib'') grazie alla propria struttura pulsionale (''Triebstruktur'') viene visto come il vero "apriori materiale" della sensibilità. In questa prospettiva la sensibilità non coincide con l'esperienza, ma solo con la sfera dell'esperienza delimitata dalla rilevanza vitale dell'organismo.<ref>Da notare che i testi relativi a tale fenomenologia della corporeità, principalmente la seconda parte del ''Formlismus'', precedono cronologicamente la pubblicazione dei corrispondenti testi husserliani e avranno un influsso decisivo, non ancora adeguatamente indagato, su Merleau-Ponty</ref>.
 
Questo porta Scheler a criticare il rapporto che Husserl viene a stabilire fra intuizione categoriale e sensibile. Scheler teorizza un riempimento non sensibile ma tuttavia empirico, un ambito "materiale puro", nel senso di non sensibile e non ideale, ma caratterizzato dall’autodatitàdall'autodatità: se la datità è la forma in cui si manifesta la sensibilità organica, l’autodatitàl'autodatità è il modo inoggettivabile di rivelarsi della persona e di tutta una sfera della realtà che trascende la rilevanza organica (ad es. tutta la dimensione [[estetica]]). Husserl e Scheler aprono così sul concetto di “essenza” due prospettive molto diverse, ma forse complementari.
 
È da notare però che il concetto scheleriano di essenza risulta caratterizzato da una ambiguità di fondo in quanto da un lato viene descritto come un ''Sosein'', cioè un oggetto ideato dalla riduzione, dall’altrodall'altro viene considerato come una ''Tatsache'' esemplare, cioè un dato di fatto reale capace di mettere in moto un processo di funzionalizzazione. Queste ambiguità vengono in parte risolte considerando il senso ultimo che Scheler conferisce alla riduzione: non un metodo conoscitivo, quanto una vera e propria ''tecnica'' di trasformazione del proprio stile esistenziale. In questa prospettiva l’essenzal'essenza diventa qualcosa di molto simile a una matrice della propria formazione (''[[Bildung]]''): diventa cioè un’esperienzaun'esperienza esemplare capace di funzionalizzare una trasformazione (''Um-bildung'') del proprio modo di vivere, trasformazione che nel caso limite può essere descritta come vera e propria ri-nascita.
 
Altrettanto il concetto di ''Entwirklichung'', la derealizzazione alla base della riduzione, viene inteso non come sospensione di tutta la realtà, bensì come sospensione solo della realtà che fa riferimento alla sfera dell’Iodell'Io per consentire la rinascita socratico-maieutica del centro personale. In questa prospettiva il fenomeno riuscirebbe a esprimere e coincidere con l'essenza (diventando finalmente quel ''Vorbild'' e ''Tatsache'' forse già intuiti da Scheler) solo se inteso non tanto come il venire alla luce oggetto di un mero metodo conoscitivo, quanto come processo ontologico del venire alla luce nel senso del nascere o, nel caso della persona, del rinascere una seconda volta. Per tutti questi motivi nel caso di Scheler più che di "riduzione fenomenologica" sarebbe allora più corretto parlare di "riduzione kathartica" <ref>Guido Cusinato, ''La Totalità incompiuta. Antropologia filosofica e ontologia della persona'', Milano 2008.</ref>.
 
== La fenomenologia esistenzialista ==
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* Eduard Marbach. ''Mental Representation and Consciousness: Towards a Phenomenological Theory of Representation and Reference'', Contributions To Phenomenology 14. Springer, 1993.
* [[Robert Sokolowski]] ''Introduction to Phenomenology''. Cambridge University Press, Cambridge, 2000
* Steven Galt Crowell, Lester Embree, and Samuel L. Julian, ed. ''The Reach of Reflection: Issues for Phenomenology’sPhenomenology's Second Century''. Center for Advanced Research in Phenomenology, Electronically published at [www.electronpress.com www.electronpress.com], 2001.
* Steven Galt Crowell. "Is there a phenomenological research program?" in ''Synthese'', 131(3):419–444, 2002.
* Hubert Dreyfus. "Intelligence without Representation – Merleau-Ponty’sPonty's Critique of Mental Representation. The Relevance of Phenomenology to Scientific Explanation" in ''Phenomenology and the Cognitive Sciences'', 1(4):367–383, 2002.
* [[Dan Zahavi]] and Frederik Stjernfelt, ed. ''One Hundred Years of Phenomenology (Husserl’sHusserl's Logical Investigations Revisited)''. Phaenomenologica 164. Kluwer, Dordrecht, 2002.
* Kevin Mulligan. "Searle, derrida, and the ends of Phenomenology". In Barry Smith, ed., ''John Searle''. Cambridge University Press, Cambridge, 2003.
* Richard Tieszen. ''Phenomenology, Logic, and the Philosophy of Mathematics''. Cambridge University Press, 2005