Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo: differenze tra le versioni

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== La gioventù e la carriera militare ==
Partecipò alla [[Grande Guerra]] come volontario nel [[3º Reggimento Alpini]]. Al termine del conflitto continuò la sua carriera nel [[Genio militare]]. Iscrittosi all’universitàall'università, nel [[1923]] conseguì la laurea in Ingegneria civile. Promosso capitano nel [[1928]], fu incaricato di insegnare presso la [[Scuola di applicazione]] dell’Esercitodell'Esercito.
 
Nel [[1935]] divenne addetto allo Stato Maggiore e l'anno successivo partì per la [[Guerra civile spagnola|guerra di Spagna]], dove gli venne affidato un battaglione del [[Genio telegrafisti]] e poi fu nominato capo di stato maggiore del Comando della II Brigata Mista “Frecce Nere”<ref>Mario Avagliano, ''Il partigiano Montezemolo'', Dalai editore, 2012, p. 65</ref>. Promosso tenente colonnello per meriti di guerra, nel [[1940]] fu nuovamente chiamato allo Stato Maggiore, passando così al Comando Supremo dell’Esercitodell'Esercito ([[Superesercito]]). Promosso colonnello nel [[1942]], nel giugno [[1943]] assunse il comando dell’dell'[[11º Reparto Genio motorizzato]]. È decorato di Croce di Ferro dai tedeschi<ref>P. Maurizio, ''Via Rasella, cinquant'anni di menzogne'', p. 30</ref>.
 
Roberto Roggero<ref>''Oneri e Onori'', Greco&Greco, 2006, pp. 131 e 132</ref> riferisce di una voce (di cui - però - avvisa: è priva di riscontri) secondo la quale all'incontro di Feltre del 19 luglio 1943 fra Mussolini e Hitler, Montezemolo sarebbe stato partecipe o addirittura a capo di una congiura per il rapimento dello stesso dittatore tedesco. Il primo a dare notizia della presenza di Montezemolo all'incontro di Feltre, ma semplicemente in qualità di interprete, fu Paolo Monelli in ''Roma 1943''.
 
== Dal 25 luglio 1943 alla clandestinità ==
Dopo la caduta del regime fascista il 25 luglio [[1943]], il nuovo capo del governo, maresciallo [[Pietro Badoglio]], gli affidò la direzione della sua segreteria. In occasione dell'[[armistizio di Cassibile|armistizio]] dell'8 settembre [[1943]], mentre [[Fuga del Re Vittorio Emanuele III|re e governo fuggivano da Roma]], Montezemolo fu lasciato nella capitale, a fianco del generale [[Giorgio Carlo Calvi di Bergolo]], genero del re, che assunse poco dopo il comando della "[[Città aperta]]", d'accordo con il comandante tedesco [[Albert Kesselring]] e nel nome del Regio governo. Montezemolo fece parte della delegazione italiana che trattò direttamente col feldmaresciallo tedesco le condizioni del cessate-il-fuoco nella capitale il 10 settembre [[1943]] sulla [[via Tuscolana]]<ref>La bandiera bianca che precedette la delegazione italiana è tuttora conservata nel museo di Via Tasso in Roma, proprio nella cella d'isolamento dove fu detenuto Montezemolo. Cfr. il sito istituzionale del museo.</ref> seguito ai [[Mancata difesa di Roma|sanguinosi scontri]] ingaggiati spontaneamente da militari e civili per tentare di impedire l'[[occupazione tedesca di Roma]]. Calvi nominò Montezemolo a capo dell’Ufficiodell'Ufficio affari civili del Comando della Città Aperta, incarico nel quale durerà pochi giorni, per dissoluzione del comando stesso.
 
Infatti già il 23 settembre le forze germaniche - prendendo a pretesto un'aggressione compiuta da alcuni militi italiani della guarnigione della Città Aperta ai danni di loro uomini<ref>Gioacchino Solinas, ''I granatieri di Sardegna nella difesa di Roma'' ed.f.c.</ref> - rompono gli indugi e si impossessano dei comandi della Città Aperta: irrompendo nel Ministero della Guerra, arrestano Calvi, mentre Montezemolo - d'accordo col suo superiore - riuscì a fuggire, vestendo abiti civili e passando dai sotterranei del ministero, per darsi alla clandestinità<ref>P. Maurizio, ''Via Rasella...'' cit. p. 30</ref>.
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== Le ipotesi sulla cattura ==
Il 25 gennaio 1944 al termine di una riunione clandestina con il generale Armellini, Montezemolo viene arrestato dai nazisti assieme all’amicoall'amico e compagno di lotta [[Filippo De Grenet]]. Entrambi sono rinchiusi nelle carceri di via Tasso.
 
Sulle circostanze e le modalità della cattura esistono diverse versioni<ref>"Sul retroscena di tali arresti vi sono state supposizioni inquietanti". Cfr. Francesco Corrias ''Un diplomatico italiano del '900: l'ambasciatore Angelino Corrias (1903-1977)'', Rubettino, 2003, p. 101</ref>.
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Armellini inviò una comunicazione a Brindisi chiedendo che Montezemolo fosse scambiato con qualche prigioniero tedesco di pari importanza, ma Badoglio non dette seguito alla richiesta<ref>Gabrio Lombardi, ''Montezemolo e il fronte militare clandestino di Roma'', Campo Marzio, 1972, De Napoli, Ratti, Bolognini, ''La Resistenza...'' cit. p. 83</ref>. Montezemolo riesce comunque a far pervenire a familiari e commilitoni dei biglietti nascosti nella biancheria, con cui comunica dati precisi sulla cella dov'è imprigionato, nella speranza di un intervento del Vaticano<ref>{{cita web|url=http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=272&arctutte=5&lingua=it|titolo=ultima lettera alla moglie|26-04-2010}}. Anche P. Maurizio, ''Via Rasella...'' cit. p. 33</ref> oppure di un colpo di mano per trarlo in salvo.
Il 24 marzo 1944, dopo l’l'[[Attentato di via Rasella|attentato in via Rasella]] in cui perdono la vita 33 soldati tedeschi, Montezemolo finì nelle liste dei fucilandi, assieme ad altri 334 sventurati nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine. La scelta di fucilare anche Montezemolo è inopinata per molti, poiché egli avrebbe potuto garantire - in caso di ritirata tedesca - l'ordine pubblico nella città e dunque anche la tranquillità delle operazioni tedesche<ref>A. Portelli, op. cit. pag. 170</ref>.
 
Dopo la liberazione gli è stata conferita la Medaglia d’orod'oro al valor militare e alla memoria.
 
Montezemolo lasciò cinque figli: [[Manfredi Cordero Lanza di Montezemolo|Manfredi]], [[Andrea Cordero Lanza di Montezemolo|Andrea]], Lydia, Isolda e Adriana.