Agostino Barbarigo (sommergibile 1938): differenze tra le versioni
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== Storia ==
Venne destinato al 2º Gruppo Sommergibili di [[Napoli]] dove fu adibito
In [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] il ''Barbarigo'' compì in tutto due missioni offensive ed una di trasferimento, navigando per 2582 miglia in superficie e 270 in immersione; se ne decise poi l’invio in [[Oceano Atlantico|Atlantico]]<ref name="autogenerato5" />.
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Lasciò Napoli a inizio agosto 1940 ed il 14 del mese passò lo [[stretto di Gibilterra]] (con difficoltà non grandi causate dalle correnti), dirigendo poi per [[Madera]], nella cui zona si trovava il suo settore d’operazioni: il 19 luglio cannoneggiò il [[piroscafo]] inglese ''Aguila'' (3255 tsl) che però non affondò; l’indomani cannoneggiò un altro trasporto che però rispose al fuoco, obbligando il sommergibile ad immergersi; il ''Barbarigo'' lanciò quindi due [[siluro|siluri]], mancando il bersaglio, e subì poi caccia con circa venti bombe di profondità uscendone comunque indenne; diresse poi per [[Bordeaux]], sede della base italiana di [[BETASOM|Betasom]], ove giunse l’8 settembre 1940<ref name="autogenerato5" /><ref>Giorgio Giorgerini, ''Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi'', p. 441</ref>.
Il 14 ottobre salpò per la seconda missione atlantica, subendo il 17 un infruttuoso attacco aereo con il lancio di bombe di profondità; il 23 raggiunse il proprio settore
Il 10 febbraio 1941 partì diretto ancora a ovest dell’[[Irlanda]], ma il pattugliamento fu del tutto infruttuoso a causa delle avverse condizioni meteomarine; il 1º marzo il sommergibile lasciò la zona d’agguato e una settimana dopo si ormeggiò a Bordeaux<ref name=autogenerato5 />.
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Il 14 gennaio 1942 partì per portarsi nei pressi delle Azzorre dove, il 23 gennaio, avvistò un mercantile non identificato in navigazione da [[est]] a [[ovest]] senza zigzagare e a luci accese; nonostante tutto potesse far presumere che si trattasse di una nave [[neutralità|neutrale]], il comandante Grossi la silurò senza verificarne la nazionalità ed il risultato fu l’affondamento del piroscafo spagnolo ''Navemar'' (5473 tsl)<ref>Giorgio Giorgerini, ''Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi'', p. 511</ref>; il 10 febbraio intraprese la navigazione di rientro, conclusasi cinque giorni più tardi<ref name=autogenerato5 />.
Il 30 aprile salpò per l’ottava missione in Atlantico e il 17 maggio giunse nel proprio settore d’operazioni, al largo di [[Capo San Rocco]]; l’indomani cannoneggiò e silurò il piroscafo brasiliano ''Comandante Lyra'' (5052 tsl), incendiandolo; il piroscafo, non affondato perché ritenuto ormai agonizzante<ref>Giorgio Giorgerini, ''Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi'', p. 535</ref>, fu tuttavia trainato a [[Recife]] dal [[rimorchiatore]] ''Perdigao''<ref name=autogenerato5 /> (il trasporto non tornò comunque mai più in servizio: abbandonato a Recife per la durata della guerra, fu poi smantellato<ref>[http://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=21636 I Primi 50 Sommergibili Più "vittoriosi" Wwii - Betasom - XI Gruppo Sommergibili Atlantici<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>). Giunsero poi in zona – il 20 maggio – due unità statunitensi,
Il 29 agosto fu inviato al largo della foce del [[Congo (fiume)|Congo]]; non potendo rifornirsi di [[carburante]], come previsto, dal gemello ''[[Comandante Cappellini (sommergibile)|Comandante Cappellini]]'', fu dirottato a meridione di Capo Palmas (costa [[liberia]]na), dove stazionò dal 25 al 28 settembre, e poi alle Azzorre; il 1º ottobre subì due attacchi aerei entrambi con quattro bombe lanciate, ed entrambi evitati senza danni; nel corso del secondo attacco le [[mitragliera|mitragliere]] del sommergibile abbatterono il velivolo, subendo però la perdita di uno dei serventi, ucciso da una raffica dell’aereo<ref name=autogenerato5 />. Il 2 ottobre il ''Barbarigo'' ricevette l’ordine di portarsi nei pressi di [[Freetown]] e vi arrivò due giorni più tardi; nella notte del 6 il sommergibile attaccò con quattro siluri la [[corvetta]] britannica ''Petunia'', mancandola, ma Grossi ritenne invece di aver attaccato – e affondato – una nave da battaglia [[classe Mississippi]]; trasferitosi poi al largo delle [[Isole di Capo Verde]] (il 10 ottobre), il sommergibile si avviò sulla rotta di rientro il 17, giungendo in porto nella notte del 29-30 ottobre<ref name=autogenerato5 />.
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Il ''Barbarigo'' ed uno dei suoi comandanti, Enzo Grossi, sono noti anche e soprattutto per i presunti affondamenti di due corazzate statunitensi, di cui Grossi diede notizia di ritorno da due missioni e che gli valsero due [[Medaglia d'oro al valor militare|medaglie d'oro al valor militare]] e la promozione di grado.
Del primo “affondamento” Grossi diede notizia, con un messaggio a Betasom, nel maggio 1942, precisando poi le circostanze nel suo rapporto al ritorno della missione: il 20 maggio – sostenne – aveva avvistato in posizione 4°
Secondo una successiva ricostruzione dei fatti il 18 maggio il ''Barbarigo'' aveva incendiato il piroscafo brasiliano ''Comandante Lyra'' e da un porto non distante era stata inviata in soccorso della nave la [[Task force]] 23 della [[United States Navy|US Navy]]: i vecchi incrociatori ''Milwaukee'' e ''Omaha'' ed i cacciatorpediniere ''Moffet'' e ''McDougal''; due giorni dopo il ''Milwaukee'' ed il ''Moffet'' si erano diretti a Recife per fare rifornimento ed era appunto in queste due unità che il ''Barbarigo'' si era imbattuto: Grossi aveva scambiato il ''Milwaukee'' per una corazzata (questo poteva forse essere possibile, in piena [[notte]] e in presenza di navi [[oscuramento|oscurate]]) ma resta difficile spiegare come abbia potuto affermare di aver visto affondare la nave, visto che i due siluri mancarono il bersaglio (tanto che nessuno a bordo delle due unità statunitensi si accorse
Il comandante di Betasom, [[contrammiraglio]] [[Romolo Polacchini]], si dimostrò molto scettico riguardo alla possibilità che una nave da battaglia americana di quel tipo potesse essere stata affondata da appena due siluri; anche [[Supermarina]], il comando della [[Regia Marina]], avrebbe preferito attendere qualche accertamento, ma il comando supremo italiano, bisognoso di notizie di grandi vittorie, prese la notizia dell’affondamento come certa e ne diede l’annuncio con un bollettino straordinario; Grossi fu promosso [[capitano di fregata]] e decorato con [[Medaglia d'oro al valor militare]] e anche, da parte tedesca, con la [[Croce di ferro]]<ref>Giorgio Giorgerini, ''Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi'', p. da 535 a 538</ref>.
Il secondo presunto affondamento si verificò
Per questa azione Grossi ricevette una seconda medaglia
Secondo quanto poté ricostruire la seconda commissione di inchiesta i fatti erano i seguenti: il ''Barbarigo'' aveva attaccato una piccola [[corvetta]] inglese della [[Classe Flower (corvetta)|classe Flower]], la ''Petunia'' (appare quindi molto difficile che sia stato possibile scambiarla per una corazzata<ref>si tenga conto dei seguenti dati: lunghezza di una nave classe Mississippi 190 m contro i 62 della classe Flower; dislocamento 33.000-36.000 t contro le 1000 della classe Flower; torrione corazzato alto 25 metri contro una sovrastruttura di plancia di 6; armamento principale di quattro torri trinate da 356 mm contro un singolo cannone da 102 mm in impianto scudato. Informazioni prese da Giorgio Giorgerini, ''Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi'', p. 541-542</ref>) e
Gli affondamenti delle corazzate, già considerati dubbi all'epoca dei fatti negli ambienti della [[Marina Militare|Marina]], furono oggetto nel dopoguerra di una indagine in [[contumacia]] di due [[commissione d'inchiesta|commissioni d’inchiesta]], nel 1949 e nel 1962, le cui conclusioni portarono alla verifica dei fatti ovvero alla constatazione del mancato affondamento delle due "corazzate" americane da parte di Enzo Grossi con conseguente definitivo ritiro delle due decorazioni da lui ricevute, la sua degradazione e l'estromissione dai ruoli<ref>Giorgio Giorgerini, ''Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi'', p. da 535 a 543</ref>.
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