Migrazione longobarda: differenze tra le versioni

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Circa settant'anni dopo la ''Germania'' di Tacito, i Longobardi sono annoverati fra le popolazioni coinvolte nella [[Guerre marcomanniche#Prime penetrazioni dei barbari (166-167)|prima campagna]] ([[167]]–[[169]]) di combattimenti fra le legioni romane di [[Marco Aurelio]] e numerosi popoli, tra cui spiccavano [[Marcomanni]], [[Quadi]], [[Vandali]] e [[Sarmati]], che premevano ai confini dell'[[Impero romano]]. La guerra, che chiudeva un lungo periodo di pace, mise in evidenza il valore dei Longobardi, e al tempo stesso consentì loro di conoscere nuove regioni, di apprendere nuove tattiche militari e, soprattutto, di arricchirsi con le razzie. Nel 167 i Longobardi presero parte, insieme ad altre tribù della [[Germania Magna|Germania settentrionale]], all'incursione in [[Pannonia superiore]]<ref>Cassiodoro, ''Chronica''.</ref><ref name="Dione72-1a">Dione Cassio, ''Historia Romana'', LXXII, 1a.</ref>.
 
Una colonna di seimila armati tra Longobardi e [[Osii]] attraversò le terre dei Quadi, superò il [[Danubio]] e invase i territori dell'Impero. Si trattava soltanto dell'incursione di un reparto di guerrieri, poiché l’interal'intera tribù avrebbe continuato a risiedere ancora per secoli sulle due sponde del basso corso dell'Elba. È possibile che la colonna longobarda avesse percorso parte della valle dell’Elbadell'Elba fino all'odierna [[Slesia]], per proseguire poi in direzione del fiume [[Váh]], che si trovava di fronte alla [[Castrum|fortezza legionaria]] di [[Brigetio]] (presso l'attuale [[Győr]], in [[Ungheria]])<ref>Ján Rajtár, ''Nuove testimonianze archeologiche delle guerre dei Marcomanni a nord del medio Danubio'', pp. 100-101.</ref>. Qui però i guerrieri furono intercettati da alcune unità di fanteria e di cavalleria romane<ref>Anthony Birley, ''Marco Aurelio'', pp. 185-186.</ref>, che li sconfissero e li ricacciarono nelle loro terre, respinti ancor prima che potessero arrecare danni all’internoall'interno della provincia<ref name="Jarnut9" /><ref>Rovagnati, pp. 16-17.</ref>. In seguito a questi eventi anche i Longobardi, come altre dieci tribù, mandarono ambascerie a [[Marco Iallio Basso Fabio Valeriano|Iallo Basso]], governatore della Pannonia superiore, per chiedere la pace; ottenutala, i messi tornarono nelle loro terre<ref name="Dione72-1a"/>.
 
Dopo la sconfitta della coalizione marcomannica, la diminuzione del potere dei Longobardi seguita alla ritirata del 167 li portò probabilmente ad allearsi a popoli vicini più forti, come i [[Sassoni]], mantenendosi comunque indipendenti<ref>Rovagnati, p. 17.</ref>. Rimasero presso l'Elba fino alla seconda metà del [[IV secolo]], anche se un nuovo processo migratorio verso sud aveva già avuto avvio agli inizi del [[III secolo|III]].
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La resistenza bizantina fu debole; le ragioni della facilità con la quale i Longobardi sottomisero l'Italia sono tuttora oggetto di dibattito storico<ref name="Jarnut31" />. All'epoca la consistenza numerica della popolazione era al suo minimo storico, dopo le devastazioni seguite alla Guerra gotica<ref name="Jarnut31" />; inoltre i Bizantini, che dopo la resa di [[Teia (re)|Teia]], l'ultimo re degli [[Ostrogoti]], avevano ritirato l'esperto comandante Narsete<ref name="Jarnut31" /> dall'Italia perché impegnati contemporaneamente anche contro [[Avari]] e [[Sasanidi|Persiani]], si difesero solo nelle grandi città fortificate<ref name="Jarnut30" />. Gli [[Ostrogoti]] che erano rimasti in Italia verosimilmente non opposero strenua resistenza, vista la scelta fra cadere in mano ai Longobardi, dopotutto [[Germani]] come loro, o restare in quelle dei Bizantini.<ref name="Jarnut31" />
 
La prima città a cadere nelle mani di Alboino fu [[Cividale del Friuli]] (allora "Forum Iulii"), dove il sovrano insediò suo nipote [[Gisulfo I del Friuli|Gisulfo]] come [[Ducato del Friuli|duca]]<ref name="DiaconoII9">Paolo Diacono, [[s:la:Historia Langobardorum - Liber II|II, 9]].</ref>. Poi cedettero, in rapida successione, [[Aquileia]], [[Vicenza]], [[Verona]] e quasi tutte le altre città dell'Italia nordorientale<ref>Paolo Diacono, [[s:la:Historia Langobardorum - Liber II|II, 14]].</ref>. Nel settembre [[569]] aprirono le porte agli invasori [[Milano]] e [[Lucca]] e nel [[572]], dopo tre anni di [[assedio]], cadde anche [[Pavia]]; Alboino ne fece la [[capitale (città)|capitale]] del suo regno<ref>Paolo Diacono, [[s:la:Historia Langobardorum - Liber II|II, 25-26]].</ref>. Negli [[Periodo dei Duchi|anni successivi]] i Longobardi proseguirono la loro conquista discendendo la penisola fino all'Italia centro–meridionale, dove [[Faroaldo I|Faroaldo]] e [[Zottone]], forse con l'acquiescenza di Bisanzio, conquistarono gli [[Appennini]] centrali e meridionali, divenendo rispettivamente i primi duchi di [[Ducato di Spoleto|Spoleto]] e di [[Ducato di Benevento|Benevento]]<ref>Jarnut, p. 34.</ref>. I Bizantini conservarono alcune zone costiere dell'Italia continentale: l'[[Esarcato di Ravenna|Esarcato]] (la [[Romagna]], con capitale [[Ravenna]]), la [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]] (comprendenti i territori costieri delle cinque città di [[Ancona]], [[Pesaro]], [[Fano]], [[Senigallia]] e [[Rimini]]) e gran parte del [[Lazio]] (inclusa [[Roma]]) e dell’Italiadell'Italia meridionale (le città della costa [[Campania|campana]], [[Salerno]] esclusa, la [[Puglia]] e la [[Calabria]])<ref name="CapoLVI" />.
 
Inizialmente il dominio longobardo fu molto duro, animato da spirito di conquista e saccheggio: un atteggiamento ben diverso, quindi, da quello comunemente adottato dai barbari ''[[Socii e Foederati|foederati]]'', per più lungo tempo esposti all'influenza latina<ref name="Jarnut31" />. Se nei primi tempi si registrarono anche veri e propri massacri, già verso la fine del [[VI secolo]] l'atteggiamento dei Longobardi si addolcì<ref name="Jarnut33" />, anche in seguito all'avvio del processo di conversione dall'[[arianesimo]] al credo [[concilio di Nicea|niceno]] della [[Chiesa cattolica|Chiesa di Roma]]<ref>Cardini-Montesano, p. 81.</ref>.