Jósef Leopold Toeplitz: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
Discendente<ref>{{cita|Garruccio|Tutte le notizie biografiche provengono dalle note alla vita di Joel del libro di Roberta Garruccio, pagine da 6 a 23.}}</ref> di un'antica famiglia proveniente dall'alta [[borghesia]] ebraica, figlio del banchiere e latifondista polacco Bonawentura Toeplitz e di Regina Konic, si forma all’''École préparatoire des arts et manufactures'' dell’dell'[[Università]] di [[Gand]], in [[Belgio]], e successivamente al [[Politecnico]] di [[Aquisgrana]], in [[Germania]]. Si trasferisce in [[Italia]] nel [[1890]] su invito di suo cugino [[Otto Joel]], anch'egli [[ebrei|ebreo]] ma di origini [[Germania|tedesche]], attivo nel nostro paese dal 1871 e in quell'anno [[vicedirettore]] della filiale [[Milano|milanese]] della [[Banca Generale]]. Toeplitz si stabilisce a [[Genova]], dove svolge il suo [[Formazione aziendale|apprendistato]] nella locale filiale della Generale, di cui diventa nel [[1892]] capo dell'ufficio corrispondenza con l'estero e nel [[1893]] procuratore. Ma la Banca Generale è nello stesso anno travolta dalla crisi generalizzata del sistema bancario italiano esplosa a seguito dello [[scandalo della Banca Romana]] e della costituzione della [[Banca d'Italia]]; dopo aver guidato la liquidazione delle pendenze locali della Generale nel [[1894]] Toeplitz viene assunto dalla sede locale della [[Banca Russa per il commercio estero]], dove però rimane solo per pochi mesi.<ref>{{cita|Toeplitz|Pag. 23}}</ref>
 
[[File:Ottojoel.jpg|left|thumb|234x234px|Otto Joel]]
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[[File:Alberto de-stefani.jpg|left|thumb|234x234px|Alberto De Stefani]]
Forte di questa estrema libertà di azione Toeplitz, ormai ''patron'' incontrastato e incontrastabile della Commerciale, proietta l'istituto in una posizione primaria nel settore economicamente altalenante dell'[[industria]],<ref>{{cita|Iacopini|Le partecipazioni industriali dopo il 1925}}.</ref> dove anzitutto salva e risistema i due primari gruppi [[Ilva]] e [[Ansaldo]] (dalla quale i Perrone sono definitivamente usciti di scena), e consolida la posizione delle [[Acciaierie di Terni]] sul mercato fiorente dell'[[acciaio]]. I suoi investimenti spaziano in tutti i possibili campi produttivi, nelle [[ferrovia|ferrovie]] e nel [[commercio]], opera in venti paesi con particolare impegno nei [[Balcani]], a [[Singapore]] e in sud[[america]]. I profitti maggiori per il settore estero della banca durante gli anni Venti derivano tuttavia dalle operazioni finanziarie, fra le quali spiccano le anticipazioni legate al commercio internazionale e le transazioni sui cambi<ref>Si tratta sostanzialmente di speculazioni del tutto legali che si attuano tra banca e banca, operate mediante promesse di acquisto di una certa somma in valuta straniera precedentemente concordata. Esemplificando: la banca X si impegna con la banca Y a ritirare entro sei mesi presso quest'ultima una certa cifra in una determinata valuta, ad un prezzo stabilito alla stipula del contratto. Se alla scadenza dei termini la valuta ha un cambio superiore al prezzo stabilito la banca X ci guadagna perché la acquista ad un prezzo inferiore a quello corrente; se vale di meno, ovviamente, è la banca Y a guadagnarci, poiché vende la valuta a un prezzo inferiore. Tutto questo, naturalmente, si fa sulla base di complesse previsioni di natura sia politica che finanziaria, ed avendo sempre a disposizione, in contanti o comunque garantite, le somme necessarie ad onorare gli impegni assunti.</ref>, e dalla gestione dell’emissionedell'emissione dei grandi prestiti internazionali per la ricostruzione economica dei Paesi ex belligeranti.
 
Tra il [[1923]] e il [[1925]] Toeplitz appoggia le politiche economiche di [[Alberto De Stefani]], [[ministro]] dapprima delle [[ministero delle finanze|Finanze]] e poi del [[Ministero del Tesoro|Tesoro]] nel [[governo Mussolini]].<ref>{{cita|Polsi|Tabella riassuntiva a pag. 166.}}</ref> I successi fino ad allora raggiunti gli consentono infatti una piena autonomia decisionale rispetto alla situazione politica del paese, dove l'azione di De Stefani è malvista sia dalla parte movimentista del regime (per la quale sarebbe troppo liberista e filoindustriale), sia dai ceti produttivi settentrionali che dai grandi [[latifondo|latifondisti]] meridionali (che vedono nella sua azione un danno ai privilegi acquisiti).<ref>Per maggiori informazioni sull'attività di ministro del De Stefani si veda in Marcello De Cecco. L'Italia e il sistema finanziario internazionale. Roma-Bari, Laterza, 1993</ref> Il banchiere polacco vede di buon occhio alcuni provvedimenti che impediscono le scalate (azioni a voto plurimo), e facilitano gli obblighi fiscali delle grandi imprese. Tale appoggio si traduce in problemi col regime (nel frattempo instaurato), quando sul finire del [[1925]] De Stefani viene sostituito da [[Giuseppe Volpi]]. L'antico amico dei tempi della prima espansione nei [[Balcani]] è ora un irriducibile avversario. Il nuovo ministro attua la politica personalmente voluta da [[Benito Mussolini]] che riduce il potere di contrattazione borsistica delle grandi banche, mina le potenzialità delle transazioni sui cambi e introduce pesanti condizioni per ottenere iniezioni di liquidità dalla [[Banca d'Italia]], di fatto mettendo un paletto al potere speculativo dei grandi gruppi finanziari.
 
Queste ed altre condizioni sfavorevoli non sembrano inizialmente dover intaccare la posizione di predominio economico della BCI e personale del suo amministratore delegato, che da tempo ha fatto della banca milanese una vera e propria ''holding'' industriale. È il frutto della politica di assistenza, scevra da qualsiasi degenerazione in assistenzialismo, ai principali gruppi industriali italiani, portata avanti da Toeplitz fin dai primi anni della sua gestione, che ha portato l’istitutol'istituto milanese a ricevere dalle imprese in difficoltà consistenti pacchetti azionari a titolo di rimborso dei crediti.
 
[[File:Bonaldo-Stringher.jpg|right|thumb|234x234px|Bonaldo Stringher]]