Giovanni Carandente: differenze tra le versioni

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{{citazione|Se un critico è un sorriso, se un critico è umanità e dolcezza, e anche ironia, Giovanni Carandente (...) è stato tutto questo. Se un critico significa conoscere la storia dell'arte a livello internazionale allora Carandente è stato uno dei pochi in grado di narrare l'arte dell'intero secolo scorso in Occidente. (...) Ci ha insegnato a guardare e, grazie alla sua generosità, la sua raccolta, fra cui bellissime sculture di Calder, le vedono tutti: le ha donate alla Galleria Civica di Spoleto. Sapeva scrivere come pochi, e aveva senso sublime della forma, come Lionello Venturi, il suo Maestro, e pochissimi altri allora.|[[Arturo Carlo Quintavalle]],<ref name="ReferenceA">Rivista ''"Secondo Tempo"'' - Libro trentasettesimo, a cura di Alessandro Carandente, Marcus Edizioni, Napoli, 2009</ref>}}
 
È stata una delle più complesse ed esemplari personalità nel campo delle arti figurative. Racchiudeva in sé infatti qualità apparentemente distanti: quella del ricercatore puro con l'amministratore culturale, quella del docente con il critico militante.
 
==Biografia==
Di origini modeste, nasce a Napoli da padre cuoco, e madre portinaia; rimane orfano di padre a soli otto mesi. Dopo la maturità classica si iscrive all'[[Università Federico II]] di Napoli dove segue le lezioni di [[Giuseppe Toffanin]], [[Ernesto Pontieri]], [[Costanza Lorenzetti]] e [[Salvatore Battaglia]] con cui si laurea nel [[1944]] con una tesi su ''[[Mattia Preti]] a [[Chiesa di San Pietro a Majella|San Pietro a Majella]]'', pubblicata poi sulla rivista ''[[Brutium]]'' di [[Alfonso Frangipane]]. Quindi si trasferisce a Roma per seguire il Corso di perfezionamento in [[Storia dell'Arte]].
 
Gli inizi della sua carriera si situano nella Roma del primo dopoguerra, alla scuola di eccelsi maestri quali [[Lionello Venturi]], [[Pietro Toesca]], [[Cesare Brandi]], [[Mario Salmi]], [[Erwin Panofsky]] e [[Giulio Carlo Argan]].