Corsa dei carri: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua|la gara tradizionale che si svolge in [[provincia di Campobasso]] |Corsa dei carri (San Martino in Pensilis)}}
[[File:Puy-du-Fou-4.JPG|thumb|upright=1.8|Una rievocazione storica]]
La '''corsa dei carri''' era una delle [[sport|competizioni]] più popolari e diffuse sia nella [[Grecia antica]] che nel [[Roma (città antica)|mondo romano]]. Si trattava di gare spesso molto pericolose per l'incolumità sia degli [[auriga (attività)|aurighi]] che dei [[cavallo|cavalli]], che potevano subire gravi infortuni e, talvolta, trovavano anche la morte. Gli spettatori assistevano a queste gare con grandi entusiasmo e partecipazione, qualcosa di paragonabile a quanto accade attualmente per le [[automobilismo|competizioni motoristiche]]. Anche per alcuni aspetti dell'organizzazione delle corse è possibile fare dei parallelismi con quanto accade oggi nello sport professionistico: il modello romano di organizzazione delle corse dei carri prevedeva che vi fossero varie squadre, espressione di diversi gruppi di finanziatori e sostenitori, che talvolta lottavano tra loro per assicurarsi le prestazioni degli aurighi migliori. Gli spettatori si dividevano tra queste squadre, facendo un tifo appassionato che poteva anche sfociare in scontri tra le varie [[Tifo sportivo|tifoserie]]. I contrasti finirono per essere anche strumentalizzati politicamente, facendo sì che le corse finissero per travalicare il significato di mere competizioni sportive, ed ampliassero la loro sfera d'influenza a tutta la società. Si comprende quindi perché dapprima gli imperatori [[Impero romano|romani]] ed in seguito quelli [[Impero bizantino|bizantini]] avessero messo le squadre sotto il proprio controllo e nominato diversi pubblici ufficiali che sovrintendessero al fenomeno. L'importanza di questo sport iniziò a declinare dopo la [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]], e le gare nell'Impero bizantino sopravvissero solo per un ulteriore breve periodo. Attualmente una forma estremamente mutata ed edulcorata di questo sport può essere rappresentata dalle competizioni ippiche di [[trotto]].
 
== Le prime corse con i carri ==
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I carri usati erano dei carri da guerra modificati, essenzialmente dei carretti di legno a due ruote con la parte posteriore aperta anche se, all'epoca in cui si svolgevano le corse, quel tipo di carro in battaglia non veniva più impiegato. La parte più emozionante della corsa dei carri, perlomeno dal punto di vista del pubblico, erano le curve ai due lati dell'ippodromo. Effettuare queste curve era estremamente pericoloso e spesso si verificavano incidenti mortali. Se un carro non era stato precedentemente rovesciato da un avversario prima della curva, poteva finire capovolto o schiacciato (auriga e cavalli inclusi) dagli altri carri al momento di effettuare la virata. urtare deliberatamente un avversario per provocare un incidente era tecnicamente illegale ma, in realtà, se succedeva non si poteva fare nulla (nella corsa per i funerali di Patroclo di fatto Antiloco si comporta in questo modo nei confronti di Menelao), inoltre gli incidenti potevano succedere anche per caso.
 
La corsa dei carri non era prestigiosa come lo ''[[stadion (gara di corsa)]]'' ma era più importante delle altre competizioni equestri come la corsa dei cavalieri che fu ben presto rimossa dal programma olimpico. In epoca Micenea l'auriga e il proprietario di carro e cavalli erano la stessa persona e quindi l'auriga vincente riceveva il suo premio. Ai tempi dei Giochi Panellenici invece i proprietari avevano degli schiavi a cui facevano portare i carri, ed il premio veniva quindi vinto dai proprietari. [[Arsecila]], il re di [[Cirene (città)|Cirene]], vinse la corsa dei carri ai [[Giochi pitici]] del [[462 a.C.]], quando un suo schiavo fu l'unico a portare a termine la gara. Nel [[416 a.C.]] il generale [[Atene|ateniese]] [[Alcibiade]] fece partecipare alla gara sette carri di sua proprietà, ottenendo il primo, il secondo ed il quarto posto; come è ovvio, non fu certo lui a guidare i sette carri contemporaneamente. Anche [[Filippo II di Macedonia]] vinse una corsa di carri olimpica per dimostrare di non essere un [[barbaro]] ma, se si fosse cimentato egli stesso alla guida del carro, sarebbe certamente stato considerato ad un livello sociale anche inferiore a quello di un barbaro. Tuttavia il [[poesia|poeta]] [[Pindaro]] lodò il coraggio di [[Erodoto]] che volle condurre da solo il proprio carro. Questa situazione significava che anche le donne potevano tecnicamente vincere la corsa dei carri, nonostante non fosse loro permesso non solo di partecipare, ma neppure di assistere ai giochi. Questo si verificò molto di rado, ma un interessante esempio è quello della [[sparta]]na [[Cinisca]], sorella di [[Agesilao II]], che vinse la corsa dei carri per due volte. Partecipare alla corsa dei carri era per i greci un modo di dimostrare la propria ricchezza. [[Licurgo]] criticò le corse, sostenendo che era un modo di impiegare il tempo e il denaro non certo utile come costruire le [[Mura (architettura)|mura]] delle città o innalzare [[tempio|templi]].
 
La corsa dei carri era un evento atteso anche negli altri giochi che venivano organizzati nel mondo greco e ai [[Giochi Panatenaici]] di [[Atene]] era la gara più importante: al vincitore della corsa con la quadriglia venivano date in premio 140 [[Anfora panatenaica|anfore]] di [[olio d'oliva]], un premio eccezionalmente ricco. Si trattava di una quantità d'olio che difficilmente un atleta avrebbe potuto consumare nel corso di tutta la carriera e probabilmente buona parte era rivenduta agli altri atleti. Ai Giochi Panatenaici si svolgeva anche un altro tipo di corsa dei carri conosciuto come ''Apobatia'' che consisteva in una gara in cui agli aurighi era richiesto anche di saltare giù dal carro, correre brevemente al suo fianco, e poi balzare nuovamente a bordo.
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Secondo [[Quinto Settimio Fiorente Tertulliano|Tertulliano]] (''De spectaculis'' 9.5), che non apprezzava questa situazione, originariamente c'erano due fazioni, i [[Bianchi (fazione ippica)|Bianchi]] e i [[Rossi (fazione ippica)|Rossi]], consacrate all'[[inverno]] ed all'[[estate]] rispettivamente. Tertulliano scrive all'inizio del [[III secolo]] e spiega che a quell'epoca i Rossi erano devoti a [[Marte (divinità)|Marte]], i Bianchi a [[Zefiro]], i [[Verdi (fazione ippica)|Verdi]] alla [[Gea|Madre Terra]] o alla [[primavera]] e gli [[Azzurri (fazione ippica)|Azzurri]] al cielo e al mare o all'[[autunno]]. [[Domiziano]] creò due nuove fazioni, i Porpora e gli Oro, che però scomparvero poco dopo di lui.
 
Oltre al Circo Massimo, sparsi per il territorio dell'Impero c'erano diversi altri [[circo|circhi]]; anche nella stessa Roma c'era un altro grande circo, il [[Circo di Massenzio]]. Altri importanti impianti si trovavano ad [[Alessandria d'Egitto]] e ad [[Antiochia di Siria|Antiochia]], a Tarragona. {{cnCitazione necessaria|A [[Milano]] vi era il circo di maggiori dimensioni all'epoca delle [[tetrarchia]]}}. [[Erode il Grande]] fece costruire quattro circhi in [[Giudea]]. Nel [[IV secolo]] l'imperatore [[Costantino I]] fece costruire un grande circo nella sua nuova capitale [[Costantinopoli]].
 
== Le corse dei carri nel mondo bizantino ==