Socii e foederati: differenze tra le versioni

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[[File:Visigoths sack Rome.jpg|thumb|left|Raffigurazione del [[Sacco di Roma (410)|Sacco di Roma]] condotto dai [[Visigoti]] di [[Alarico]] nel [[410]].]]
 
Verso la fine del 409, Alarico assediò per la seconda volta Roma, minacciando di distruggerla a meno che gli abitanti della città non si fossero rivoltati contro Onorio e avessero eletto un imperatore fantoccio sotto il controllo dei Visigoti.<ref name=ZosimoVI6>Zosimo, VI,6.</ref><ref name=SozIX8>Sozomeno, IX,8.</ref> Il [[senato romano]], essendo conscio che se non avessero accettato le condizioni di Alarico, Roma sarebbe stata distrutta, dopo una lunga discussione, accettò di far entrare Alarico in città e di nominare un imperatore fantoccio sotto il controllo dei Visigoti, il [[praefectus urbi|prefetto della città]] [[Prisco Attalo]].<ref name=SozIX8/><ref name=ZosimoVI7>Zosimo, VI,7.</ref> Attalo nominò come propri generali Alarico e Valente, che un tempo era al comando delle truppe di Dalmazia.<ref name=ZosimoVI7/> Ataulfo, cognato di Alarico, fu nominato, comandante della cavalleria domestica.<ref name=SozIX8/> Lampadio fu nominato prefetto della corte e [[Marciano (praefectus urbi)|Marciano]] prefetto della città.<ref name=ZosimoVI7/> Il giorno dopo, Attalo rivolse al senato un discorso pieno di arroganza con le quali dichiarava che avrebbe sottomesso il mondo intero per Roma, comprese le province dell'Impero d'Oriente.<ref name=SozIX8/><ref name=ZosimoVI7/> Alarico consigliò Attalo di inviare un esercito di barbari condotti dal visigoto Drumas in [[Africa (provincia romana)|Africa]] per rovesciare [[Eracliano (usurpatore)|Eracliano]] e sottomettere l'Africa.<ref name=ZosimoVI7/> Attalo rifiutò però di affidare il comando della spedizione a un barbaro e lo affidò a un certo Costante.<ref name=SozIX8/><ref name=ZosimoVI7/> Nel frattempo, Attalo, inviò un esercito in direzione di Ravenna per detronizzare l'Imperatore legittimo Onorio.<ref name=SozIX8/><ref name=ZosimoVI7/> L'assedio, tuttavia, fallì per l'arrivo provvidenziale da Costantinopoli di truppe romano-orientali, che difesero efficacemente la città dall'assedio.<ref name=SozIX8/><ref name=ZosimoVI8>Zosimo, VI,8.</ref> Nel frattempo, anche in Africa, l'armata di Costante era stata infatti sconfitta da Eracliano.<ref name=ZosimoVI9>Zosimo, VI,9.</ref> Giovio inoltre riuscì a persuadere Alarico che se Attalo si fosse impadronito di Ravenna e avesse rovesciato Onorio, avrebbe ucciso proprio il re visigoto.<ref name=ZosimoVI9/> Di fronte al rifiuto da parte di Attalo di inviare un esercito di Visigoti in Africa per sottometterla, nonché alle calunnie mosse nei confronti dell'usurpatore da parte di Giovio, Alarico, avendone abbastanza dei tentennamenti di Attalo, condusse Attalo a Rimini e qui lo privò del trono, spogliandolo di diadema e porpora che inviò all'Imperatore Onorio.<ref name=SozIX8/><ref name=ZosimoVI12>Zosimo, VI,12.</ref> Ma, pur riducendolo a cittadino privato, lo mantenne accanto a sé, fino a quando l'Imperatore Onorio non l'avrebbe perdonato.<ref name=Oli5>Olimpiodoro, frammento 5.</ref><ref name=ZosimoVI12/> Alarico procedette quindi in direzione di Ravenna per discutere la pace con Onorio; ma fu attaccato all'improvviso dal generale romano-goto [[Saro (generale)|Saro]], che stazionava con circa 300 soldati nel Piceno: ritenendo che un trattato di pace tra Visigoti e Romani non gli sarebbe stato di alcun vantaggio, Saro attaccò l'esercito di Alarico, rompendo ancora una volta le trattative di pace e spingendo Alarico ad assediare per la terza volta Roma, che [[Sacco di Roma (410)|espugnò e saccheggiò per tre giorni]] (24 agosto 410).<ref>Sozomeno, IX,9.</ref><ref name=ZosimoVI13>Zosimo, VI,13.</ref> Alarico perì alcuni mesi dopo in Calabria senza essere riuscito nell'impresa di ottenere un insediamento permanente per il suo popolo: ogni tentativo di negoziazione con Onorio (nel corso dei quali Alarico aveva proposto come provincia dove stabilirsi in cambio della pace il [[Norico (provincia romana)|Norico]]) era fallito.
 
Il suo successore, Ataulfo, portò i Goti in Gallia nel 412, dopo aver devastato per altri due anni l'Italia "come locuste", e portando con sé come ostaggi [[Galla Placidia]], sorella dell'Imperatore, e [[Prisco Attalo]], un patrizio eletto da Alarico come Imperatore fantoccio dei Visigoti salvo poi deporlo. Nel 414 Ataulfo sposò la sorella di Onorio, Galla Placidia, tenuta in ostaggio prima da Alarico e poi da Ataulfo stesso fin dai giorni del sacco di Roma.<ref name=OroVII43>Orosio, VII,43.</ref><ref>Filostorgio, XII,4.</ref><ref>Olimpiodoro, frammento 15.</ref> Secondo Orosio, Ataulfo:
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[[File:Europe at the fall of the Western Roman Empire in 476.jpg|thumb|upright=1.4|I regni romano-barbarici dopo il 476]]
 
L'esercito romano d'Italia era però ormai quasi esclusivamente costituito da truppe di mercenari [[Sciri]], [[Rugi]], [[Eruli]] e [[Turcilingi]]: quando essi pretesero dallo stato romano un terzo delle terre dell'Italia, e ricevettero il rifiuto dal generale Oreste, che governava l'Impero per conto del figlio e Imperatore nominale [[Romolo Augusto]], essi si rivoltarono, elessero come capo uno di costoro, [[Odoacre]], e marciarono verso Ravenna. Deposto Romolo Augusto, Odoacre decise di non nominare più un Imperatore d'Occidente, anche perché sarebbe stato solo un suo imperatore fantoccio, per cui l'Impero aveva ormai perso ogni ragione di esistere. Inviò, invece, un'ambasceria presso [[Zenone (imperatore)|Zenone]], Imperatore d'Oriente. L'ambasceria del [[senato romano]], presentatosi di fronte a Zenone, gli comunicò che non erano più necessari due imperatori ma che ora ne era sufficiente soltanto uno, quello di Costantinopoli, e chiese a Zenone di riconoscere ad Odoacre il titolo di patrizio: quest'ultimo, in cambio avrebbe governato l'Italia come funzionario dell'Impero d'Oriente.<ref>Malco, frammento 10.</ref> Così cadde l'Impero d'Occidente, a causa di una rivolta interna dell'esercito romano ormai imbarbaritosi al punto da portare l'Impero sotto il controllo dei barbari.
 
Non tutta la parte occidentale dell'Impero era caduta sotto il dominio dei Barbari. Giulio Nepote, dopo essere stato detronizzato nel 475 e fuggito dall'Italia, continuava a governare in esilio in Dalmazia, rivendicando il titolo di Imperatore d'Occidente fino al 480, quando fu assassinato in una congiura. La parte orientale si era rifiutata di riconoscere il successore di Giulio Nepote, Romolo Augusto, come Imperatore legittimo, considerandolo alla stregua di un usurpatore, tanto che quando Odoacre, tramite un'ambasceria, chiese all'Imperatore Zenone di essere riconosciuto come governatore d'Italia in sua vece e di nominarlo inoltre patrizio, quest'ultimo gli rammentò che un imperatore d'Occidente era ancora in carica, ed era Giulio Nepote, che governava in esilio dalla Dalmazia. Zenone rispose ad Odoacre che avrebbe dovuto permettere a Nepote di tornare in Italia per governarvi come Imperatore, e che quest'ultimo in cambio avrebbe potuto garantirgli la carica di patrizio. Tuttavia, Odoacre non permise mai a Nepote di tornare dalla Dalmazia, anche se fece battere delle monete in suo nome. Quando nel 480, Nepote perì in una congiura, Odoacre invase e sottomise la Dalmazia. Alcuni studiosi considerano questa la vera data della caduta dell'Impero d'Occidente, dato che istituzionalmente Romolo Augusto era un'usurpatore e l'ultimo Imperatore legittimo, Giulio Nepote, continuò a governare in Dalmazia fino al 480.
 
In Gallia Settentrionale, tuttavia, continuava a resistere il [[dominio di Soissons]], governato da [[Siagro]], definito "re dei Romani" dalle fonti. Esso era però minacciato dai ''foederati'' Franchi, che nel 486 sconfissero Siagro nella [[Battaglia di Soissons (486)|Battaglia di Soissons]], sottomettendo così l'ultima regione dell'Impero ancora non occupata dai Barbari.
 
==== Gli Ostrogoti ====
In seguito al collasso dell'[[Unni|Impero unno]], nel 454 gli [[Ostrogoti]] ottennero in concessione dall'Imperatore [[Marciano (imperatore)|Marciano]] il permesso di occupare la [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia settentrionale]] in qualità di ''[[Foederati]]''. Alcuni anni dopo, tuttavia, furono provocati dall'Imperatore [[Leone I il Trace|Leone I]], che rifiutò di pagare loro il tributo annuale di 100 libbre d'oro che Marciano aveva garantito loro; per rappresaglia, gli Ostrogoti devastarono le province illiriche, espugnando ''Dyracchium''. Nel 461 fu firmata la pace tra Ostrogoti e Impero d'Oriente, con il rinnovo del tributo annuale e l'invio come ostaggio di [[Teodorico il Grande|Teodorico Amalo]], figlio del re ostrogoto [[Teodemiro|Teodomiro]], a [[Costantinopoli]].
 
In seguito al rafforzamento del potere ostrogoto sotto la conduzione di Teodomiro, Leone I ritenne opportuno rafforzare i legami con gli Ostrogoti e concesse a Teodorico di ritornare presso il suo popolo. Teodorico succedette a Teodomiro nel 471, ed entro il 475 trasferì la propria nazione dalla Pannonia al loro nuovo insediamento in [[Mesia Inferiore]], le stesse regioni che erano state occupate dai [[Visigoti]] di [[Alarico I|Alarico]] all'inizio del regno di [[Arcadio]].
 
Nel frattempo vi fu una rivolta delle truppe ostrogote arruolate nell'esercito romano-orientale, che acclamarono re il loro comandante, [[Teodorico Strabone]], e inviarono un'ambasceria presso Leone, chiedendo che il loro capo fosse nominato ''magister militum praesentalis'', in sostituzione di Aspar, e la concessione di nuove terre in Tracia per le sue truppe.<ref name=Malco2>Malco, frammento 2.</ref> L'Imperatore si mostrò disposto ad accettare la nomina a ''magister militum'' ma non le altre richieste; Teodorico Strabone, per rappresaglia, devastò il territorio di Filippopoli e si impadronì di Arcadiopoli ottenendo la sua resa per fame.<ref name=Malco2/> La devastazione della Tracia spinse Leone a negoziare: accettò di pagare uno stripendio annuale di 2000 libbre d'oro ai Goti e a concedere loro di insediarsi in un distretto della Tracia, nominando inoltre Teodorico Strabone ''magister militum praesentalis'', che ricevette l'incarico di combattere per l'Imperatore tutti i nemici tranne i [[Vandali]], e tra i nemici probabilmente erano inclusi i Goti di Teodorico Amalo; fu inoltre riconosciuto come re dei Goti.<ref name=Malco2/>
 
Nei conflitti interni che succedettero al decesso di Leone, Teodorico Strabone prese le parti dell'usurpatore [[Basilisco (imperatore)|Basilisco]], mentre l'Imperatore legittimo [[Zenone (imperatore)|Zenone]] fu sostenuto da Teodorico Amalo. Dopo essersi ripreso il trono usurpatogli da Basilisco, Zenone privò Teodorico Strabone della sua carica di generale nominando come suo successore Teodorico Amalo; quest'ultimo ricevette inoltre la carica di [[Patrizio (storia romana)|patrizio]], e la conferma imperiale del possesso delle terre che il suo popolo aveva occupato nella Mesia Inferiore, oltre alla promessa di uno stipendio annuale. Ben presto fu evidente che la politica dell'Imperatore Zenone era quella di mettere Teodorico Strabone e Teodorico Amalo l'uno contro l'altro. Nei tre anni successivi (477-479), le relazioni tra l'Imperatore e i due rivali cambiarono di continuo: in una prima fase Zenone e Teodorico Amalo erano alleati contro Teodorico Strabone; nella seconda fase i due generali goti unirono le forze contro Zenone; nella terza fase Teodorico Strabone e Zenone cooperarono contro Teodorico Amalo.
 
La prima fase ebbe inizio allorchè Teodorico Strabone inviò un'ambasceria per riconciliarsi con l'Imperatore: l'ambasceria rammentò a Zenone dei danni cagionati da Teodorico Amalo all'Impero, che, nonostante ciò, fu ricompensato con i titoli di generale romano e di amico dello stato.<ref name=Malco11>Malco, frammento 11.</ref> Zenone convocò il senato, e si giunse alla conclusione che era impossibile finanziare entrambi i generali e le loro armate, in quanto le finanze pubbliche erano a malapena sufficienti per pagare le truppe romane; Zenone conseguentemente rifiutò la proposta.<ref name=Malco11/> Nel 478 tuttavia Zenone, resosi conto che Teodorico Strabone stava rafforzando la propria posizione e che Teodorico Amalo non era in grado di neutralizzarlo, decise di negoziare con costui, proponendo che suo figlio dovesse essere inviato a Costantinopoli come ostaggio, e che Teodorico Strabone avrebbe dovuto vivere come individuo privato in Tracia, conservando tutto il bottino accumulato con il saccheggio, ma impegnandosi a non saccheggiare più.<ref name=Malco14>Malco, frammento 14.</ref> La proposta fu rifiutata, con il pretesto che gli era impossibile ritirarsi senza pagare le truppe al suo servizio.<ref name=Malco14/> Zenone optò per la guerra, ma il generale [[Martiniano (magister militum)|Martiniano]], chiamato alla guida dell'esercito al posto del cognato [[Illo (generale)|Illo]], non ottenne successi contro i Goti e non riuscì a mantenere la disciplina nel proprio esercito.<ref name=Malco15>Malco, frammento 15.</ref>
 
Zenone inviò quindi un'ambasceria a Teodorico Amalo ordinandogli, essendo un generale romano, di marciare contro il nemico; Teodorico obbedì, ma non prima di aver ottenuto dall'Imperatore e dal [[Senato bizantino|Senato]] il giuramento che non avrebbero mai negoziato con Teodorico Strabone.<ref name=Malco15/> Teodorico avrebbe dovuto ricevere rinforzi consistenti dai Romani, ma questi ultimi non rispettarono i patti, e quando i Goti di Teodorico arrivarono in prossimità degli accampamenti dei Goti di Teodorico Strabone, quest'ultimo raggiunse l'accampamento di Teodorico Amalo e lo rimproverò, dandogli del sempliciotto per non essersi reso conto del piano dei Romani, che desideravano liberarsi di entrambe le due armate gotiche, istigandole alla mutua distruzione, ed erano indifferenti su quale dei due partiti avrebbe vinto.<ref name=Malco15/> Questa argomentazione convinse i seguaci di Teodorico Amalo e i due schieramenti decisero di allearsi contro Zenone (478).<ref name=Malco15/>
 
I due generali ostrogoti inviarono ambasciatori a Costantinopoli.<ref name=Malco16>Malco, frammento 16.</ref> Teodorico Amalo, lamentandosi con Zenone per averlo ingannato con false promesse, richiedeva la concessione di territori al suo popolo, del grano per poter mantenere la sua armata durante la carestia, e minacciò, in caso di mancata accetazione della sua richiesta, il saccheggio dei territori imperiali, in modo da potersi mantenere.<ref name=Malco16/> Teodorico Strabone richiese il rinnovo del trattato che costui aveva firmato con Leone nel 473, con il pagamento di un tributo.<ref name=Malco16/> Zenone si preparò alla guerra, informando le sue truppe della sua intenzione di condurre di persona l'esercito.<ref name=Malco16/> Ciò generò enorme entusiasmo tra i soldati, ma all'ultimo momento Zenone cambiò idea, e le armate minacciarono una rivolta, per prevenire la quale l'esercito fu disgregato e i reggimenti inviati ai loro quartieri invernali.<ref name=Malco16/>
 
Con il suo esercito sbandato, e con Teodorico Amalo intento nel devastare le regioni della Tracia limitrofe al Monte Rodope, ai confini tra Tracia e Macedonia, Zenone fu costretto a negoziare un'alleanza con Teodorico Strabone.<ref name=Malco17>Malco, frammento 17.</ref> Teodorico Strabone accettò la pace e l'alleanza con l'Imperatore a condizione che fosse pagato annualmente con una somma sufficiente a pagare 13.000 soldati; che dovesse essere assunto al comando di due ''scholae'' e nominato ''magister militum praesentalis'', e ricevere tutte le dignità che Basilisco gli aveva assegnato; che i suoi connazionali dovessero abitare una città assegnata da Zenone.<ref name=Malco17/> Zenone accettò l'accordo: Teodorico fu deposto dalla carica di ''magister militum'', e sostituito da Teodorico Strabone (fine del 478).<ref name=Malco17/>
 
Teodorico Amalo, minacciato dalle forze superiori di Teodorico Strabone, pur trovandosi in una situazione perigliosa, riuscì comunque a fuggire in Macedonia lungo il Monte Rodope, devastando la città di Stobi.<ref name=Malco18>Malco, frammento 18.</ref> Teodorico Amalo si diresse dunque minacciosamente verso Tessalonica, spingendo l'Imperatore ad avviare nuove trattative.<ref name=Malco18/> Zenone inviò Adamanzio con l'intento di offrire ai Goti terre a Pautalia e 200 libbre d'oro sufficienti per ottenere cibo sufficiente per quell'anno.<ref name=Malco18/> Il motivo per cui Zenone scelse Pautalia era che se i Goti avessero accettato l'offerta essi avrebbero occupato una posizione tra le armate illiriche e traci, e sarebbero quindi potuto essere maggiormente controllabili.
 
Nel frattempo Teodorico, dopo aver dato alle fiamme una larga porzione della città di Heraclea in quanto i suoi abitanti non potevano rifornirlo di provviste, procedette lungo la via Egnazia, passando per Licnido, che però riuscì a resistere agli assalti, fino a giungere a ''Dyrrhachium''.<ref name=Malco18/> Nei pressi della città, Teodorico e l'ambasciatore Adamanzio si incontrarono per il proseguimento delle trattative.<ref name=Malco18/> Teodorico Amalo si lamentò per il fatto che, quando l'Imperatore lo assunse per guerreggiare Teodorico Strabone, gli era stato promesso che avrebbe ricevuto rinforzi dal ''magister militum per Thraciam'' e da altri generali, promesse non mantenute, e che inoltre le guide fornitegli da Zenone lo avrebbero condotto per vie impervie esponendolo agli attacchi del nemico.<ref name=Malco18/> L'ambasciatore rispose che, nonostante Zenone lo avesse nominato patrizio e ''magister militum'', due delle cariche più alte dell'Impero, egli per tutta riconoscenza stava assalendo città romane comportandosi come un nemico; rammentò inoltre che gli eserciti romani lo tenevano alla loro mercè, essendo l'esercito goto circondato dalle armate romane, tra i monti e i fiumi della Tracia, e se avessero voluto lo avrebbero annientato senza difficoltà; gli consigliò dunque di assumere un contegno più moderato nei confronti dell'Imperatore, gli intimò di lasciare l'Epiro e di trasferirsi in Dardania, dove vi è un esteso territorio di suolo prospero, disabitato e sufficiente per sostentare il suo popolo.<ref name=Malco18/> Teodorico, dopo aver fatto notare che i suoi soldati si sarebbero rifiutati, dopo tante fatiche, di lasciare i loro quartieri in Epiro durante l'inverno, promise che se fosse loro concesso di svernare a ''Dyrrachium'' sarebbero migrati in Dardania nella primavera successiva; aggiunse inoltre di essere pronto a lasciare gli Ostrogoti non idonei alla guerra in qualunque città indicata da Zenone, e a dare in ostaggio sua madre e sua sorella, e di prendere le armi contro Teodorico Strabone con seimila dei suoi soldati, in alleanza con l'armata illirica; chiedeva in cambio, dopo aver annientato il suo rivale, di succedergli come ''magister militum'' e di essere inoltre ricevuto a Costantinopoli come romano; inoltre fece notare che era pronto, nel caso l'Imperatore lo desiderasse, di recarsi in Dalmazia e restaurare [[Giulio Nepote]].<ref name=Malco18/> Adamanzio non fu in grado di promettere così tante cose; fu necessario inviare un messaggero a Costantinopoli per consultare l'Imperatore.<ref name=Malco18/>
 
Nel frattempo le armate si erano radunate a Licnido, comandate da Sabiniano. Costui riuscì a cogliere in un'imboscata un reggimento di Ostrogoti, condotto da Teodimundo, fratello di Teodorico, catturando duemila carri e più di cinquemila prigionieri, oltre a un grande bottino (anno 479).<ref name=Malco18/> Quando l'Imperatore ricevette due messaggi, uno da Adamanzio che gli annunciava le proposte di Teodorico, e l'altra da Sabiniano che esagerava la sua vittoria e lo dissuadeva dal trattare la pace con Teodorico, la guerra sembrò la soluzione più onorevole per Zenone, che rifiutò le proposte di pace di Teodorico, e permise a Sabiniano di continuare la guerra.<ref name=Malco18/> Per un anno e mezzo Sabiniano riuscì a tenere sotto controllo i Goti in Epiro, ma fu poi ucciso per ordine del suo ingrato signore, e Giovanni lo Scita e Moschiano furono chiamati a succedergli.
 
La rivolta di Marciano verso la fine dell'anno 479 aveva fornito a Teodorico Strabone un pretesto per marciare su Costantinopoli per assistere il governo. Dopo aver estorto denaro da Zenone, ricevette due dei cospiratori nel suo accampamento ma rifiutò di consegnarli. Fu quindi ancora una volta privato delle sue dignità e dichiarato un nemico dello stato. Entrò ancora una volta in alleanza con Teodorico Amalo e devastò la Tracia. Zenone invocò il sostegno dei Bulgari del basso corso del Danubio, ma essi furono sconfitti da Teodorico Strabone, che marciò minacciosamente su Costantinopoli (anno 481). Tuttavia, a salvare la capitale, intervenne l'esercito di Illo, che dispose delle guardie alle porte giusto in tempo. Teodorico Strabone, dopo aver tentato invano di giungere in Bitinia, venendo però sconfitto in una battaglia navale, devastò la Tracia e successivamente la Grecia, con il figlio Recitaco, la moglie e circa 30.000 seguaci. Tuttavia, sulla via Egnazia, perì accidentalmente (anno 481).<ref>Conte Marcellino, s.a. 481.</ref> Recitaco gli succedette, devastando la Tracia, prima di essere ucciso tre anni dopo da Teodorico Amalo, su istigazione di Zenone.
 
Nel 482 Teodorico devastò le province della Macedonia e della Tessaglia, espugnando la città di Larissa.<ref>Conte Marcellino, s.a. 482.</ref> L'Imperatore decise di firmare un nuovo accordo, con il quale furono concesse agli Ostrogoti parte della Mesia e della Dacia Ripense, e Teodorico fu nominato ''magister militum'' (483).<ref>Conte Marcellino, s.a. 483.</ref> Inoltre, nel 484, Teodorico fu nominato console, e assistette Zenone contro il ribelle Illo. In seguito a un nuovo peggioramento dei rapporti con l'Imperatore, Teodorico devastò la Tracia nel 486 e marciò su Costantinopoli nel 487, occupando durante il tragitto le città di ''Rhegium'' e di ''Melanthias''. Ma l'intervento di sua sorella, che si trovava alla corte di Zenone, lo spinse a ritirarsi nei suoi quartieri in Mesia, che avrebbe presto abbandonato per sempre.<ref>Conte Marcellino, s.a. 487.</ref> Infatti, gli Ostrogoti migrarono in Italia nell'autunno del 488, in seguito a trattative con Zenone, e la Tracia non dovette più subire le loro incursioni.
 
Gli [[Ostrogoti]] furono infatti ingaggiati dall'imperatore d'Oriente [[Zenone (imperatore)|Zenone]] per liberare l'Italia dal dominio di [[Odoacre]]. Sotto la guida del loro capo [[Teodorico il Grande|Teodorico]], si trasferirono in Italia nel [[489]] e riuscirono a sconfiggere Odoacre. Teodorico ottenne dall'imperatore [[Anastasio I Dicoro|Anastasio I]] il titolo di ''patricius'' e il suo popolo ottenne pieni diritti sulle terre occupate.
 
Gli Ostrogoti, per gran parte, espropriarono dei loro terreni soprattutto i Germani di Odoacre, molti dei quali furono uccisi o espulsi, anche se ad alcuni di costoro che si erano sottomessi fu concesso di conservare i loro possedimenti terrieri. Il principio generale era l'assegnazione di un terzo delle tenute romane ai Goti; ma, poichè la commissione che aveva il compito di portare avanti la spartizione era sotto la presidenza di un senatore, [[Pietro Marcellino Felice Liberio|Liberio]], si può assumere che i possedimenti senatoriali vennero risparmiati per quanto possibile.
 
Sotto Teodorico, l'Italia rimase formalmente parte dell'Impero, e venne considerata ufficialmente come tale sia a Roma che a Costantinopoli. Teodorico ufficialmente era ''[[magister militum]]'' e governatore d'Italia per conto dell'Imperatore d'Oriente. Di fatto, invece, era un sovrano indipendentemente, pur avendo un certo numero di limitazioni al proprio potere, che implicavano la sovranità dell'Imperatore. Teodorico, infatti, non usò mai gli anni di regno allo scopo di datare documenti ufficiali, come anche non rivendicò mai il diritto di battere moneta tranne in subordinazione all'Imperatore, ma soprattutto non emanò mai leggi (''leges''). Secondo il [[diritto romano]], infatti, emanare leggi (''leges'') era prerogativa soltanto dell'Imperatore. Teodorico si limitò ad emanare ''edicta'', facoltà che era possibile a numerosi alti ufficiali, come ad esempio il [[prefetto del pretorio]]. Poichè gli ''edicta'' potevano essere emanati a condizione che non violassero una legge preesistente, ciò significava che Teodorico poteva modificare leggi preesistenti in punti particolari, rendendole più severe o più miti, ma non poteva originare nuovi principi o istituzioni. Gli editti di Teodorico, infatti, non introducono novità e non alterano alcun principio già preesistente.
 
A partire dal 498 Teodorico nominò uno dei [[console (storia romana)|consoli]]. In una occasione, nel 522, l'Imperatore [[Giustino I|Giustino]] permise a Teodorico di nominare entrambi i consoli, [[Flavio Simmaco|Simmaco]] e [[Boezio]]. Tuttavia Teodorico aveva una restrizione nella scelta del consoli: egli doveva essere un cittadino romano, non un goto. Tuttavia, nel 519, si ebbe un'eccezione alla regola, con la nomina a console del genero di Teodorico, [[Eutarico]]. Tuttavia, a corroborare il fatto che fu un'eccezione alla regola, a fare la nomina in quel caso non fu Teodorico, ma l'Imperatore stesso, come un favore speciale al re goto. Le limitazioni che escludevano i Goti dal consolato si estesero inoltre anche alle cariche civili, che furono mantenute in vigore sotto il governo ostrogoto, come era già stato con Odoacre. Vi era ancora un prefetto del pretorio d'Italia, e, quando Teodorico conquistò la Provenza, fu restaurata anche la carica di prefetto del pretorio della Gallia. Vi era ancora un vicario di Roma, come anche tutti i governatori provinciali, suddivisi nei tre ranghi di ''consulares'', ''[[correctores]]'' e ''[[praesides]]''. Furono mantenute anche le cariche di ''[[magister officiorum]]'', dei due ministri della finanza e dei questori del palazzo.
 
Inoltre i Goti furono esclusi dalla dignità onoraria di [[Patrizio (storia romana)|patrizio]], ad eccezione di Teodorico stesso, che l'aveva ricevuta dall'Imperatore. Il [[senato romano]], al quale i Goti, per lo stesso principio, non potevano farne parte, continuò a riunirsi e a eseguire le stesse funzioni che esercitava nel corso del V secolo. Esso fu formalmente riconosciuto da Teodorico come possedente un'autorità simile alla sua. Comunque, anche se tutte le cariche civili furono riservate ai Romani, nel caso delle cariche militari, fu esattamente l'opposto. Infatti, i Romani furono completamente esclusi dall'esercito di Teodorico, che era interamente goto. Teodorico era il comandante dell'esercito, come ''magister militum''.
 
Le numerose limitazioni degli Ostrogoti erano dovute al fatto che non erano cittadini romani. Essi, come i Germani insediati da Odoacre, avevano legalmente lo stesso stato giuridico dei mercenari o dei viaggiatori stranieri o ostaggi che si trovavano in territorio romano, ma che potevano in ogni momento ritornare in patria oltre la frontiera romana. Questo significava che le leggi che si applicavano solo ai cittadini romani, come ad esempio quelle relative al matrimonio e all'eredità, non si applicavano ad essi, mentre invece le leggi che facevano parte dello ''[[ius commune]]'' si applicavano anche a tutti gli stranieri soggiornanti in territorio romano; e per questo motivo l'[[editto di Teodorico]], che è basato sul diritto romano, è indirizzato sia ai Romani che ai Goti. Lo stato giuridico dei Goti fu cagione di una ulteriore restrizione fondamentale al potere di Teodorico: egli non poteva conferire la cittadinanza romana ai Goti, facoltà riservata solo all'Imperatore.
 
Poichè avevano lo stato giuridico di soldati mercenari, gli Ostrogoti venivano giudicati da corti militari, in quanto il diritto romano stabiliva che i soldati dovessero essere giudicati da una corte militare. In questo caso Teodorico interferì in modo serio con i diritti dei cittadini romani sotto il suo dominio. Tutti i processi tra Romani e Goti furono portati di fronte a queste corti militari; un avvocato romano era sempre presente in qualità di ''assessor'', ma in ogni caso queste corti militari tendevano a favorire i Goti. Come l'Imperatore, Teodorico aveva una corte regale suprema che poteva annullare ogni decisione di una corte di rango inferiore. Si può pertanto asserire che fu nel campo della giustizia, in contrasto con il dominio della legislazione, che i re germanici stabilirono la loro effettiva autorità in Italia.
 
=== Età bizantina ===
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== Bibliografia ==
'''Fonti primarie'''
*{{el}} [[Eunapio]], ''Eunapii Sardiani Fragmenta'', in {{cita libro|curatore= [[Karl Otfried Müller|Karl Muller]]|titolo= Fragmenta Historicorum Graecorum|anno=1851 |città=Parigi |pagine= Volume IV, 7–56|url=https://books.google.it/books?id=quBFAQAAMAAJ&pg=PA200&dq=%22Fragmenta+HIstoricorum+graecorum%22+Menandro&hl=it&sa=X&ved=0CCYQ6AEwAGoVChMI9-61oMbzxwIVyTkaCh1HIQ9f#v=onepage&q=%22Fragmenta%20HIstoricorum%20graecorum%22%20Menandro&f=false}}
**Trad. it.: Eunapio, ''Delle Cronache di Eunapio dopo Dessippo'', traduzione a cura di Spiridione Blandi; contenuto in ''Storici minori greci, volgarizzati ed illustrati'', Tomo IV, Milano 1831.
*{{el}} [[Malco di Filadelfia]], ''Byzantina libris septem'', in {{cita libro|curatore= [[Karl Otfried Müller|Karl Muller]]|titolo= Fragmenta Historicorum Graecorum|anno=1851 |città=Parigi |pagine= Volume IV, 111–122|url=https://books.google.it/books?id=quBFAQAAMAAJ&pg=PA200&dq=%22Fragmenta+HIstoricorum+graecorum%22+Menandro&hl=it&sa=X&ved=0CCYQ6AEwAGoVChMI9-61oMbzxwIVyTkaCh1HIQ9f#v=onepage&q=%22Fragmenta%20HIstoricorum%20graecorum%22%20Menandro&f=false}}
**Trad. it.: Malco di Filadelfia, ''Delle cose bizantine'', traduzione a cura di Giuseppe Rossi; contenuto in ''Storici minori greci, volgarizzati ed illustrati'', Tomo III, Milano 1829.
 
'''Studi moderni'''
* Pietro Barinetti, ''Introduzione allo studio del diritto romano'', Tipografia dei fratelli Fusi, Pavia, 1860.
* {{en}} Sir [[William Smith (lessicografo)|William Smith]], ''A smaller dictionary of Greek and Roman antiquities'', Londra, 1865.