Le confessioni d'un italiano: differenze tra le versioni

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'''''Le confessioni di un italiano''''' (inizialmente edito come ''Le confessioni di un ottuagenario'') è un [[romanzo]] di [[Ippolito Nievo]] di carattere storico, la cui vicenda si svolge nei cinquant'anni che vanno dalla [[Napoleone Bonaparte|campagna napoleonica]] in [[Italia]] alle [[Risorgimento|rivoluzioni]] del [[1848]].
 
== Prima scrittura, pubblicazione postuma e popolarità ==
Il romanzo fu scritto tra il dicembre del [[1857]] e l'agosto del [[1858]] e si compone di ventitré capitoli, ognuno dei quali anticipato da un breve riepilogo. Nievo, però, non riuscì a pubblicare subito la sua opera, non trovando un editore disposto ad affrontare le difficoltà della lunghezza del testo e della [[censura]].
 
''Le confessioni'' vennero pubblicate, quindi, postume, con il titolo ''Le confessioni di un ottuagenario'' nel [[1867]] a [[Firenze]] dall'editore [[Le Monnier]] e a cura di Erminia Fuà Fusinato<ref>[http://www.archiviocapitolinorisorsedigitali.it/files/archivio_69/51_1976_07_08_60-65_00001.pdf Vd. Mario Bosi, ''Erminia Fuà Fusinato'', in "Capitolium", LI (1976), pp. 58-63.]</ref>, moglie di [[Arnaldo Fusinato]], amico dello stesso Nievo.
Il romanzo fu scritto tra il dicembre del [[1857]] e l'agosto del [[1858]] e si compone di ventitré capitoli, ognuno dei quali anticipato da un breve riepilogo. Nievo però non riuscì a pubblicare subito la sua opera, non trovando un editore disposto ad affrontare le difficoltà della lunghezza del testo e della [[censura]].
 
La presunta incompiutezza del romanzo indusse i primi editori ad apportare correzioni al testo, modifiche che crearono parecchi fraintendimenti critici, soltanto di recente messi nella loro chiara luce. Comunque il manoscritto originale, dal 1931, donato dalla famiglia Nievo, è conservato nella Biblioteca comunale di [[Mantova]].
''Le confessioni'' vennero pubblicate quindi postume con il titolo ''Le confessioni di un ottuagenario'' nel [[1867]] a [[Firenze]] dall'editore [[Le Monnier]] e a cura di Erminia Fuà Fusinato<ref>[http://www.archiviocapitolinorisorsedigitali.it/files/archivio_69/51_1976_07_08_60-65_00001.pdf Vd. Mario Bosi, ''Erminia Fuà Fusinato'', in "Capitolium", LI (1976), pp. 58-63.]</ref>, moglie di [[Arnaldo Fusinato]], amico dello stesso Nievo.
 
La presunta incompiutezza del romanzo indusse i primi editori ad apportare correzioni al testo, modifiche che crearono parecchi fraintendimenti critici soltanto di recente messi nella loro chiara luce. Comunque il manoscritto originale, dal 1931, donato dalla famiglia Nievo, è conservato nella Biblioteca comunale di [[Mantova]].
 
L'opera ebbe una buona popolarità. Nel [[1960]] ne venne ricavata una riduzione per la [[televisione]] dal titolo ''[[La Pisana (sceneggiato televisivo)|La Pisana]]''.
 
== La vicenda come testimonianza autobiografica ==
Nel romanzo viene narrata, sotto forma di un'[[autobiografia]] fittizia, la vicenda di Carlo Altoviti, personaggio che narra in prima persona la propria vita trascorsa come [[patriota]], ma soprattutto come uomo che ha vissuto la trasformazione della propria identità da [[Repubblica di Venezia|veneziano]] ad [[cittadinanza italiana|italiano]].
 
== Lingua e stile ==
Nel romanzo viene narrata, sotto forma di un'[[autobiografia]] fittizia, la vicenda di Carlo Altoviti, personaggio che narra in prima persona la propria vita trascorsa come [[patriota]] ma soprattutto come uomo che ha vissuto la trasformazione della propria identità da [[Repubblica di Venezia|veneziano]] ad [[cittadinanza italiana|italiano]].
Il tono del romanzo è [[Ironia|ironico]] ma coinvolto nelle vicende del protagonista, ementre il [[Lingua (linguistica)|linguaggio]] del [[Narratologia|narratore]] non è aulico né volutamente popolareggiante, ma intermedio. Ciò rende ''Le confessioni'' non iscrivibili nei generi del [[romanzo storico]], [[Romanzo popolare|popolare]] o [[Verismo|verista]], e forse ne spiegano la sfortuna del momento. Si può parlare di impronta orale della lingua, in quanto l'autore inserisce, accanto a termini aulici inserisce, termini che derivano dai dialetti mantovano e veneto, (ciò si ricollega all'imprevedibilità della vita, altro tema affrontato nell'opera).
 
==Lingua eInflussi stile==
C'è un aspetto inedito di [[Ippolito Nievo]] che non è mai stato affrontato dai critici letterari. Quando Ippolito Nievol'autore scrisse ''Le confessioni d'un italiano'' dal 1857 al 1858, il romanzo di [[William Makepeace Thackeray|W. M. Thackeray]] ''[[La storia di Henry Esmond]]'' era già stato pubblicato da cinque anni e tradotto in francese da circa un anno.
Il tono del romanzo è [[Ironia|ironico]] ma coinvolto nelle vicende del protagonista e il [[Lingua (linguistica)|linguaggio]] del [[Narratologia|narratore]] non è aulico né volutamente popolareggiante, ma intermedio. Ciò rende ''Le confessioni'' non iscrivibili nei generi del [[romanzo storico]], [[Romanzo popolare|popolare]] o [[Verismo|verista]], e forse ne spiegano la sfortuna del momento. Si può parlare di impronta orale della lingua in quanto l'autore accanto a termini aulici inserisce termini che derivano dai dialetti mantovano e veneto, ciò si ricollega all'imprevedibilità della vita, altro tema affrontato nell'opera.
 
Non è stata finora trovata alcuna prova esterna al testo che indichi un rapportoconcreto legame delle "''Confessioni"'' con il romanzo dello scrittore inglese, ma le analogie che risultano da un esame parallelo dei testi sembrano chiaramente suggerire un influsso, cronologicamente possibile, probabilmente mediato attraverso la traduzione francese.
==Influssi==
C'è un aspetto inedito di [[Ippolito Nievo]] che non è mai stato affrontato dai critici letterari. Quando Ippolito Nievo scrisse ''Le confessioni d'un italiano'' dal 1857 al 1858, il romanzo di [[William Makepeace Thackeray|W. M. Thackeray]] ''[[La storia di Henry Esmond]]'' era già stato pubblicato da cinque anni e tradotto in francese da circa un anno.
 
Le corrispondenze tra i due romanzi riguardano sia le linee fondamentali dell'intreccio che l'impostazione psicologica dei personaggi principali, né mancano coincidenze nei particolari descrittivi. I parallelismi tra le due opere, particolarmente evidenti nell'infanzia dei protagonisti, denunciano l'esistenza di un rapporto che assai difficilmente può definirsi casuale.<ref>[http://leaslerca.retelinux.com/index.html tesi di laurea di Lea Slerca pubblicata nel 1970 in "Studi e ricerche di letteratura inglese e americana" - ed. Cisalpino e sostenuta nell'Università Bocconi di Milano, relatore prof. ''Claudio Gorlier'']</ref>.
Non è stata finora trovata alcuna prova esterna al testo che indichi un rapporto delle "Confessioni" con il romanzo dello scrittore inglese, ma le analogie che risultano da un esame parallelo dei testi sembrano chiaramente suggerire un influsso, cronologicamente possibile, probabilmente mediato attraverso la traduzione francese.
 
== Temi ==
Le corrispondenze tra i due romanzi riguardano sia le linee fondamentali dell'intreccio che l'impostazione psicologica dei personaggi principali, né mancano coincidenze nei particolari descrittivi. I parallelismi tra le due opere, particolarmente evidenti nell'infanzia dei protagonisti, denunciano l'esistenza di un rapporto che assai difficilmente può definirsi casuale.<ref>[http://leaslerca.retelinux.com/index.html tesi di laurea di Lea Slerca pubblicata nel 1970 in "Studi e ricerche di letteratura inglese e americana" - ed. Cisalpino e sostenuta nell'Università Bocconi di Milano, relatore prof. ''Claudio Gorlier'']</ref>
 
==Temi==
L'ispirazione [[etico]]-religiosa circola in tutto il romanzo ed è presente fin dalla "scoperta del mare", prima avventura di Carlino fanciullo.
 
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L'''amore'' è inteso come trasporto dei sensi e passione sublime nel contempo. La Pisana è l'espressione della passione genuina che ha in sé la sua [[Redenzione (religione)|redenzione]] (differente posizione da quella di [[Manzoni]]). Esprime inoltre una rivolta contro il moralismo cattolico-conformista.
 
Il tema ''storico-evocativo'' (il castello di Fratta, la caduta di [[Venezia]], l'incontro con [[Napoleone Bonaparte]], ecc.) è basato su una salda fede e su una costante e rinnovata speranza nel riscatto della patria.<ref>F. Gavino Olivieri, ''Storia della letteratura italiana, '800-'900'', Nuove Edizioni Del Giglio, Genova, 1990, pag. 82.</ref>.
 
La figura della Pisana è una riuscita rappresentazione di figura femminile: frivola, incostante, capricciosa, angelo e peccatrice insieme, ma profondamente legata a Carlino, pronta a sacrificarsi a lui quando è necessario.
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Attraverso la vita di Carlino che nasce ''veneziano'' e morirà ''italiano'', il romanzo dimostra come gli Italiani dalla fine del [[Settecento]] alla metà dell'[[Ottocento]] si siano gradualmente aperti alle idee di libertà ed abbiano conquistato con lotte e sacrifici il diritto ad essere un popolo libero ed indipendente, consapevole e fiero della propria dignità civile. Si tratta quindi della presa di coscienza dello sviluppo e della maturazione civile e politica del nostro Paese.
 
== Trama ==
<div style="float:right; width:25%; padding:15px; background: #f5f8ff; border: 1px solid blue; margin-left:8px; margin-right:8px;margin-bottom:15px; text-align:left">
 
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</div>
 
=== Capitolo I ===
La [[Narratologia|narrazione]] inizia con la descrizione del castello di [[Fratta (Fossalta di Portogruaro)|Fratta]] a [[Fossalta di Portogruaro]] e con la rassegna dei personaggi che lo abitano: il conte di Fratta, il suo fidato cancelliere, il fratello monsignore Orlando (che, a dispetto del nome e del volere del padre, abbraccia la vita religiosa e non quella militare), il capitano Sandracca, (comandante delle [[Esercito|milizie]] del castello), ser Andreino, (autorevole personaggio di [[Teglio Veneto|Teglio]]]), Martino, (già servitore del padre del conte), il piccolo Carlino, (nipote del conte, allevato da questo dopo che i genitori naturali lo haavevano allevatoabbandonato pressoin diuna sé,cesta ripudiandonedavanti ial genitoricastello), Marchetto, (messo del conte), il [[pievano]] di Teglio, (maestro di Carlino), il [[cappellano]] del castello, la contessa veneta Navagero, la madre del conte, (vecchissima e quasisemi paralizzata), Clara e Pisana, l'una(entrambe figlie del conte: la prima mitemalinconica e mestadevota, l'altramentre la seconda irrequieta, esuberante e passionale sin da bambina (- personaggio quest'ultimo che si contrappone per indole al modello femminile della "Lucia manzoniana"); entrambe figlie del conte.
 
=== Capitolo IVII e VIII ===
La [[Narratologia|narrazione]] inizia con la descrizione del castello di Fratta e con la rassegna dei personaggi che lo abitano: il conte di Fratta, il suo cancelliere, il fratello monsignore Orlando, il capitano Sandracca, comandante delle [[Esercito|milizie]] del castello, ser Andreino, autorevole personaggio di Teglio, Martino, già servitore del padre del conte, il piccolo Carlino, nipote del conte, che lo ha allevato presso di sé, ripudiandone i genitori, Marchetto, messo del conte, il pievano di Teglio, maestro di Carlino, il cappellano del castello, la contessa veneta Navagero, la madre del conte, vecchissima e quasi paralizzata, Clara e Pisana, l'una mite e mesta, l'altra irrequieta, esuberante e passionale sin da bambina (personaggio quest'ultimo che si contrappone per indole al modello femminile della "Lucia manzoniana"); entrambe figlie del conte.
Carlino rievoca la propria infanzia di ospite poco gradito al castello, il consueto pranzo dei castellani nel tinello, mentre egli con gli ospiti modesti mangiava nella cucina, le passeggiate ed i rumorosi [[Gioco|giochi]], ai quali si abbandonava con «la Pisana,» ile crescerelo esbocciare ladella [[bellezza]] di Clara, che a 19 anni cominciòaveva adgià avereun deifolto stuolo di pretendenti, tra i quali Lucilio Vianello, figlio di un [[medico]] di Fossalta, entrato presto nelle simpatie della nonna di Clara e della ragazza stessa. Ricorda ancora quando fu segregato in una specie di sporca topaia per aver commesso una birichinata e di Pisanacome che«la Pisana» andò a trovarlo e gli diede il primo [[bacio]].
 
=== Capitolo IIIV e IIIV ===
 
Carlino rievoca la propria infanzia di ospite poco gradito al castello, il consueto pranzo dei castellani nel tinello, mentre egli con gli ospiti modesti mangiava nella cucina, le passeggiate ed i rumorosi [[Gioco|giochi]], ai quali si abbandonava con Pisana, il crescere e la [[bellezza]] di Clara, che a 19 anni cominciò ad avere dei pretendenti, tra i quali Lucilio Vianello, figlio di un [[medico]] di Fossalta, entrato presto nelle simpatie della nonna di Clara e della ragazza stessa. Ricorda ancora quando fu segregato in una specie di sporca topaia per aver commesso una birichinata e di Pisana che andò a trovarlo e gli diede il primo [[bacio]].
 
===Capitolo IV e V===
[[File:Le confessioni d'un italiano.jpg|thumb|Inizio del manoscritto autografo delle Confessioni d'un italiano]]
Carlino narra dell'ostilità sorta tra il castellano di Venchieredo e il cappellano di Fratta, dell'improvviso ordine di arresto del prepotente castellano che era giunto da [[Venezia]] e motivato da ragioni [[politica|politiche]]; di quando per vendetta il signore di Venchieredo fece assalire il castello di Fratta dai suoi sbirri,sgherri; di come il [[ponte levatoio]] fu abbattuto per ordine del conte (così da precludere al nemico ogni possibile via d'accesso) e nessuno si accorse che Clara era rimasta fuori; di come egliCarlino osòsi offerse per uscire alla ricerca della fanciulla, che trovò al sicuro, e di come Lucilio tornò al castello conassieme luia Lucilio e Clara, mentre gli assedianti vennero messi in fuga dal Partistagno, un nobile pretendente all'amore di Clara.
 
===Capitolo VI-X===
 
=== Capitolo VI-X ===
Nel frattempo la situazione incerta dellodella [[Stato]]Serenissima Repubblica di Venezia]], che dopo i [[Rivoluzione francese|moti rivoluzionari]] in Francia teme echi anche in Italia, consiglia Almorò Frumier, cognato del conte, a lasciare la [[Venezia|città lagunare]] per [[Portogruaro]], dove la famiglia Frumier istituisce un centro di vita intellettuale al quale partecipano gli amici del conte.
 
In questo luogo si accentua l'idillio nato tra Clara e Lucilio che, per le sue doti, suscita l'ammirazione di tutti, compresa quella della Pisana. L'incostanza affettiva della ragazzina, facendoda cosìsempre ingelosireattratta dai giovani ammirevoli, prestanti e di buone maniere, spinge Carlino a studiare alacremente per "diventare qualcuno". Constatatane la sincera convinzione e promessa d'impegno, cheCarlino viene mandato a [[Padova]] per conseguire la laurea di dottore. MaIntanto Clara, piuttostospinta chedai sposaregenitori altria chestringere Lucilio,matrimonio èdapprima decisacon aRaimondo farsi(figlio monacadi quel signore di Venchieredo incarcerato) e poi col Partistagno, rifiuta tutte le proposte di matrimonio, edecisa sipiuttosto stabiliscea confarsi monaca. Compreso che il vero motivo del suo comportamento era un'infatuazione per Lucilio, la contessa decide di stabilirsi insieme alla figlia a Venezia, dovenella dimora Frumier, sperando che la raggiungelontananza tra i due giovani rinsavisse la primogenita e la riportasse all'obbedienza filiale. Lucilio, che fino ad allora si era sempre rifiutato di laurearsi in medicina, nonostante esercitasse già da tempo la professione, decide di prendere la laurea e si stabilisce a Venezia, nel tentativo di ricongiungersi all'amata.
 
Carlino intanto, tenuto conto del contegno di Pisana - che civetta con Venchieredo e con un altro pretendente - rinuncia al suo amore e ritorna a Fratta per sostituire il cancelliere del conte che è morto. Clara intanto si rinchiude in convento, Pisana è chiamata dalla madre a Venezia e il conte muore. Carlino rimane coinvolto in una sommossa popolare a Portogruaro mentre cominciano le grandi vittorie di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]]. Quando ritorna a Fratta trova il paese e il castello devastati e la vecchia contessa in fin di vita.