Storia dell'islam nell'Italia medievale: differenze tra le versioni

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Nell'[[Europa occidentale]] il periodo di instabilità politica e mancanza di risorse, causa e conseguenza della [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]], non si era ancora spento; l'[[Impero romano d'Oriente]] subiva i contraccolpi del veloce espansionismo dei secoli passati; gli arabi invece godevano di maggiori disponibilità di risorse provenienti da Oriente. Gli attacchi all'[[Italia meridionale]] seguirono la stessa strategia attuata altrove, con incursioni a scopo di [[saccheggio]] e [[rapimento]] sulle coste e la successiva occupazione o la fondazione di centri costieri da utilizzare per la penetrazione verso l'interno.
 
Sin dalla conquista dell'attuale [[Tunisia]] nel [[VII secolo]], fu allestito presso [[Tunisi]] un [[cantiere navale]] allo scopo di contrastare e soppiantare la flotta militare e commerciale [[Bizantini|bizantina]]. Di pari passo inizia l'[[guerra di corsa|attività corsara]] dei [[saraceni]] sulle coste italiane a scopo di saccheggio e rapimento: tra gli stimoli a questa attività vi era anche la necessità di [[schiavi]] per i cantieri. Spedizioni regolari, ma non a scopo di occupazione, si ebbero in [[Sicilia]] e [[Sardegna]] per tutto l'[[VIII secolo]]. Furono le prime occupazioni temporanee a [[Ischia (isola)|Ischia]], [[Ponza]], [[Lampedusa]] e i saccheggi di altre località strategiche a spronare Bizantini e [[Carolingi]] a dotarsi di flotte a difese delle coste italiane. Basi molto importanti per questa controffensiva, che costrinse anche gli arabi a dotare la costa africane di ''[[ribat|ribātribāṭ]]'' di difesa, furono [[Napoli]], [[Amalfi]] e [[Gaeta]], formalmente sotto l'autorità di [[Costantinopoli]].
 
I rapporti commerciali tra i saraceni e i signori italiani furono per lo più sereni: bande saracene venivano utilizzate come [[mercenari]] e le loro navi commerciali erano regolarmente attraccate nei porti italiani.
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Nuovamente nell'[[876]] gli Arabi iniziarono un'opera di saccheggio e devastazione nei territori romani. [[papa Giovanni VIII]] però aveva armato nel frattempo una flotta che condusse vittoriosamente nella battaglia del Circeo. Furono prese 18 navi nemiche e liberati più di 500 cristiani che erano stati fatti schiavi. L'esito positivo della battaglia non fermò però la campagna di occupazione intorno Roma: in questi anni venne nuovamente devastata Subiaco e occupate città della [[Tuscia]] e del Lazio, nonché dell'[[Umbria]] e della [[Sabina]] più vicine a Roma.
 
=== Il ''[[ribātribāṭ]]'' presso la foce del [[Garigliano]] ===
{{Vedi anche|Traetto (insediamento musulmano)}}
Nell'881 [[Atanasio II di Napoli]] ingaggiò una guarnigione saracena e le concesse di stabilirsi nei pressi di ''[[Paestum]]'', ad [[Agropoli]] per la sua politica anti-papale e anti-bizantina. Grazie al tradimento della servitù dei monaci, questi saraceni depredarono e bruciarono il monastero di [[San Vincenzo al Volturno]].
 
Nell'[[880]] o [[881]], [[papa Giovanni VIII]], fautore di una vigorosa politica anti-saracena, revocò la sua concessione del [[Traetto (insediamento musulmano)|Traetto]], ''[[patrimonia|patrimonium]]'' della Chiesa, a [[Docibile I di Gaeta]] e la diede a [[Pandenolfo di Capua]]. Pandenolfo però, forte del nuovo territorio, lanciò attacchi verso Gaeta; per ritorsione, Docibile scatenò contro il territorio papale di [[Fondi]] truppe saracene provenienti da Acropoli, lasciandole stabilire nei pressi di [[Itri]]. Il papa accettò così di restituire Traetto a Docibile. La sigla di questo accordo scatenò un attacco saraceno a Gaeta stessa, in cui molti Gaetani furono uccisi o fatti schiavi. Dopo un accordo di pace, i Saraceni eressero un insediamento fortificato, ''[[ribātribāṭ]]'', sulla foce del fiume Garigliano nel ''patrimonium traiectum''.
 
I saraceni da tale campo base, divennero una affliggente spina nel fianco per il Papato, per la [[Terra di San Benedetto]], per [[Gaeta]] e [[Capua]]. Nell'[[883]], i Saraceni del ''ribātribāṭ'', che facevano terra bruciata nei villaggi e distruggevano le ''cellae'' monastiche, distrussero la città di [[Minturno|Traetto]], [[Cassino|Eulogimenopoli]] e [[Montecassino]]; qui fu ucciso lo stesso abate [[San Bertario di Montecassino|Bertario]] e i monaci dovettero abbandonare per lungo tempo l'Abbazia. Nell'anno [[890]] i saraceni assediarono per sei mesi l'[[Abbazia di Farfa]], l'espugnarono e vi posero un nuovo campo-base.
 
Avendo occupato tutte le vie di accesso a Roma, i saraceni assaltavano e taglieggiavano i pellegrini diretti alla città santa.