Silvestro Invrea: differenze tra le versioni
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A Silvestro Invrea fu affidato il commissariato di Sanità nelle terre genovesi al di là dei [[Passo dei Giovi|Giovi]] allo scoppiare della nuova [[Peste|pestilenza]], e ancora fu tra i padri del Comune, al magistrato dei Cambi, revisore degli Statuti, senatore e procuratore della Repubblica, conservatore della stessa e membro del [[Maggior e Minor Consiglio della Repubblica di Genova|Maggior e Minor Consiglio della Repubblica]]. Come rappresentante dello stato genovese presenziò nel 1591 alla cerimonia di possesso da parte di [[Alessandro Sauli]] della [[diocesi di Pavia]].
Silvestro Invrea fu eletto alla massima carica dogale con le elezioni del 3 marzo 1607: la quarantunesima in successione biennale e l'ottantaseiesima nella storia repubblicana. Il suo dogato passò agli annali per la brevità del mandato, solamente 14 giorni, il più breve dopo la riforma del 1528 e comunque nella storia dei dogi di Genova. Già provato nella salute, assistette la mattina dell'elezione agli elogi del Decano salvo poi ritirarsi nelle sue stanze senza mai, di fatto, governare un giorno nelle vesti di doge. Perì infatti il 17 marzo e non vi fu nemmeno il tempo per la consueta e ufficiale incoronazione, episodio che
Sposato con Laura Giudice ebbe sei figli: Ippolito, Lepido, Marcello, Tommasina (che sposerà il doge [[Pietro De Franchi Sacco]]), Clelia e Settimia<ref name="Geneall" />. Alla sua famiglia appartenne il [[Palazzo Bartolomeo Invrea|palazzo di via del Campo, al numero 10]].
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