Trattato sull'emendazione dell'intelletto: differenze tra le versioni

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Nonostante alcune difficoltà nella datazione delle opere di Spinoza, il ''Trattato sull'emendazione dell'intelletto'' è in genere considerato uno dei suoi primi lavori filosofici.<ref>{{cita|Nadler|pp. 194-195.}}</ref> L'iniziale interesse dell'autore per i problemi della filosofia, e quindi l'inizio della stesura di un primo trattato di carattere [[Metodologia|metodologico]] e [[Gnoseologia|gnoseologico]], furono motivati probabilmente da una sua sostanziale insoddisfazione rispetto al tipo di [[felicità]] che la sua vita da mercante e membro della comunità ebraica gli aveva prospettato fino alla metà degli [[anni 1650]]:<ref>{{cita|Nadler|pp. 112-113, 196.}}</ref>
 
{{citazione|caccaDopo rosache l'Esperienza mi ebbe insegnato che tutte le cose che accadono normalmente nella vita comune sono vane e futili; e quando ebbi visto che tutto ciò che temevo e che generava in me inquietudine non aveva niente di buono né di malvagio in sé, ma solo in quanto l'animo ne era agitato; decisi infine di indagare se si desse qualcosa che fosse il vero bene, che fosse attingibile di per sé, e da cui solo, abbandonati tutti gli altri, l'animo potesse essere affetto; e insomma se si desse qualcosa per mezzo del quale, una volta trovatolo e raggiuntolo, potessi godere in eterno di continua e perfetta felicità.|[[Baruch Spinoza]], [[s:Trattato sull'emendazione dell'intelletto|''Trattato sull'emendazione dell'intelletto'', § 1]].<ref>{{cita libro|titolo=Trattato sull'emendazione dell'intelletto|autore=Baruch Spinoza |curatore=Michele Lavazza |editore=Edizioni del Foglio Spinoziano |anno=2016 |isbn=978-1-326-83867-6}}</ref>|Postquam me experientia docuit, omnia, quae in communi vita frequenter occurrunt, vana et futilia esse ; cum viderem omnia, a quibus et quae timebam, nihil neque boni neque mali in se habere, nisi quatenus ab iis animus movebatur ; constitui tandem inquirere, an aliquid daretur, quod verum bonum et sui communicabile esset, et a quo solo reiectis ceteris omnibus animus afficeretur ; imo an aliquid daretur, quo invento et acquisito continua ac summa in aeternum fruerer laetitia.|lingua=la}}
 
Comunque, la stesura del ''Trattato sull'emendazione dell'intelletto'' fu interrotta da Spinoza prima del completamento dell'opera, forse tra il [[1659]] e il [[1660]], per dedicarsi a un nuovo testo, il ''[[Breve trattato su Dio, l'uomo e il suo bene]]'',<ref>{{cita|Nadler|p. 195.}}</ref> il quale avrebbe notevolmente approfondito i temi schizzati nel ''Trattato'' fornendo una prima esposizione organica del pensiero di Spinoza. Le ragioni dell'interruzione non furono legate a ripensamenti dell'autore nel merito delle sue tesi, dal momento che molte delle teorie del ''Trattato'' sarebbero state riprese, con sostanziale continuità, nel ''Breve trattato''; probabilmente egli o rimase insoddisfatto per l'impostazione del testo o ritenne che fosse inutile separare un discorso metodologico dalle sue applicazioni (che infatti trattò congiuntamente nel ''Breve trattato'').<ref>{{cita|Nadler|p. 200.}}</ref>